Schierarsi con Israele per combattere l'antisemitismo Commento di Umberto Silva
Testata: Il Foglio Data: 27 agosto 2011 Pagina: 2 Autore: Umberto Silva Titolo: «Come si spiega l’odio anti ebraico di una parte dei rivoltosi mediorientali»
Riportiamo dal FOGLIO del 26/08/2011, a pag. 2, l'articolo di Umberto Silva dal titolo " Come si spiega l’odio anti ebraico di una parte dei rivoltosi mediorientali".
Umberto Silva
Amorte Mubarak, a morte Ben Ali, a morte Assad, a morte Gheddafi, a morte i tiranni…”, questo i popoli mediorientali urlano. E l’orecchio distratto e compiacente dell’occidente soddisfatto annuisce. Ma c’è chi di queste urla sente un’eco inquietante, sente rimbombare: “Morte a Israele, morte agli ebrei”. “Ebreo!”, fu il sanguinoso insulto che agli esordi della rivolta la folla fremente lanciò contro Mubarak e Gheddafi, antisemita di lungo corso. Un giorno, placata col tirannicidio la prima voglia di sangue, allenate le mani a menare, verrà il turno dei veri nemici, gli ebrei. I gesuiti lo paventano, i gesuiti la sanno lunga. Non sono gli unici ad essere allarmati; cosa nei paesi liberati avverrà resta un’incognita che non è proprio il caso di lasciare al caso, visto che in Libia già s’insinua la sharia. Occorre la massima attenzione e bandire ogni irresponsabile ottimismo. Ottundendosi in futili speranze, sette, otto decenni fa gli europei non si occuparono degli ebrei sull’orlo della camera a gas; troppo rischioso e faticoso, soprattutto troppo amoroso, e gli ebrei non sono degni di amore, semmai di una velenosa stima: “Intelligentissimi bricconi”, “Ottimi usurai”… Perché l’odio dei popoli mediorientali contro gli ebrei? Perché no? Perché non dovrebbero essere antisemiti coloro che hanno Israele come vicino ricco di storia, di anima e di gloria? Dal momento che antisemiti ancora lo siamo tutti noi europei, io stesso? Amo tutto ciò che è ebraico, dalla Bibbia ai rabbini, dalle donne agli scrittori e fin ai soldati, eppure qualche volta mi scappa un cattivo pensiero, una volgarità. Basta un momento d’ira e subito si trova con chi sfogarsi: l’ebreo. Basta ancora meno per essere antisemiti, basta l’indifferenza. Dopo l’Olocausto è antisemita chi non ama gli ebrei, chi non chiede perdono, chi non ricorda di essere figlio di gente che li uccise, o li respinse, comunque non li soccorse. Quando la guerra finì e tutto fu chiaro, neppure allora ci si strappò i capelli per l’orrore. Si fece finta di niente e si regalò ai superstiti la polpetta avvelenata di Israele. Perché non la paciosa e ricca Baviera? Perché i nazisti che la popolavano erano scomparsi e adesso c’erano i tedeschi, gente perbene; gente eroica che si opponeva al comunismo dilagante; gente preziosa per i nuovi equilibri mondiali. I nazisti, pardon i tedeschi, erano il nuovo baluardo contro il nazismo, pardon il comunismo. Gli ebrei, invece, avevano subito mostrato come quel che da sempre si diceva di loro fosse assolutamente vero: cattivi e feroci, replicavano l’Esodo sterminando i popoli vicini che li avevano ingenuamente ospitati. Non ci fu lutto per la Shoah, il lutto fu dedicato ai carnefici, ai tedeschi in primis. Furono aiutati, protetti ed elogiati. Il patto Molotov-Ribbentrop funzionò soprattutto nel Dopoguerra: il comunismo, la sua minaccia, fece la fortuna degli abitanti dell’ovest, li tramutò in novelli ebrei, in senza (metà) terra, in perseguitati. Ma anche gli abitanti dell’est ebbero la loro parte di gloria, onorati ed elogiati come faro della civiltà da parte di tutti i comunisti del mondo: erano uomini nuovi ora, e donne. Ricordo certe muscolosissime donnone che vincevano tutto al nuoto, additate come luminoso esempio da seguire, da sognare. Per non parlare del muro! Nel 1919 era stato smembrato il glorioso impero austriaco ma ora non si poteva fare a fettine quel losco Reich che fin dalla sua creazione aveva manifestato una sicura passione per i genocidi, a cominciare da Guglielmo II che sterminò i fieri herero, tanto per un assaggio. Tutt’oggi la Germania rifiuta ai pochi herero sopravvissuti ogni forma di risarcimento. Per quarant’anni e passa ci hanno scassato le balle con ’sta storia dei tedeschi divisi in due ma che, poverini, separati non potevano proprio stare, come Olindo e Rosa che in celle differenti piangono tutto il giorno. Eppure, per quanto coglione fossi a quei tempi proprio non ce la facevo a disperarmi per la divisione germanica, anzi ne ero segretamente contento. E quando anche i miei genitori finalmente si divisero, tirai un sospiro di sollievo e cominciai a dormire la notte. Ma quando nel Dopoguerra gli abitanti dell’ovest e dell’est della Germania divennero i gloriosi perseguitati, chi prese il loro posto di persecutore? Gli ebrei, naturalmente. Si trasformarono in sporchi sionisti, feroci coloni, e, dulcis in fundo, reincarnazione dei nazisti. D’altronde, come un buon indiano è un indiano morto, così gli ebrei buoni erano tutti spariti nel fumo dei lager. Morti asciutti: gli europei non piansero l’eccidio della loro gente migliore. Novelli soderkommando perfino tanti ebrei si costrinsero a intrupparsi nel comunismo antisemita, liquidando la Shoah con un inno all’Armata rossa e Israele come socialismo degenerato. Ma la negazione del lutto e della colpa c’incanaglisce in eterno. La dice lunga che i francesi non abbiano il coraggio e la sanità mentale di tumulare in un qualsiasi camposanto, in sordina, colui che sterminò la gioventù europea del suo tempo, e persino qualche migliaia di mamelucchi tanto per indicare la via del deserto e del petrolio. No, l’Empereur sta in pompa magna a Les Invalides, contornato da Vittorie e moncherini. Gli arabi sono i parvenus dell’antisemitismo, noi occidentali siamo stati i primi, cerchiamo di non essere anche gli ultimi. Se davvero vogliamo smetterla con questa ignominia, quando ci avventuriamo in un’impresa militare, politica, economica, sociale, ricordiamoci di tenere sempre presente il cui prodest, e per la riconoscenza che ciascuno deve alla mirabile gente che sulle tracce di Dio abbandonò l’egizio sepolcro, e per l’eterno risarcimento cui tutti noi siamo tenuti, facciamo in modo di non dimenticare mai di accertarci se l’impresa in cui ci stiamo cacciando prodest a loro, agli ebrei. E se l’impresa è necessaria, foriera di libertà e occasioni di vita, teniamoci pronti a tutelare l’esistenza di qualcosa di ancora più necessario: Israele.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante