Pakistan, se non sei abbastanza islamista rischi la morte o il rapimento Salman Taseer assassinato mesi fa dai fondamentalisti islamici, suo figlio rapito
Testata: Il Foglio Data: 27 agosto 2011 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Il rapimento di un difensore delle libertà»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 27/08/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Il rapimento di un difensore delle libertà".
Salman Taseer, ex governatore del Pakistan assassinato dagli islamisti
Il figlio dell’ex governatore del Punjab, nel Pakistan orientale, è stato rapito da fanatici islamisti. Il padre, Salman Taseer, era stato assassinato all’inizio dell’anno perché si opponeva alla legge sulla blasfemia, quella in base alla quale Asia Bibi era stata condannata a morte per il solo reato di aver confessato pubblicamente la sua fede cristiana. A uccidere il governatore era stata una delle sue guardie del corpo, inserita in quella funzione molto delicata senza alcuna precauzione (o forse addirittura di proposito) dai responsabili della sicurezza pachistani, che non sembrano affatto interessati a combattere il terrorismo dei fanatici islamisti. Evidentemente anche il giovane, Shahbaz Taseer, che gestiva le attività finanziarie e assicurative fondate dal padre, non godeva di una protezione efficace nonostante le numerose minacce ricevute dalla sua famiglia, come ha dichiarato suo fratello Shehryar. Il ripetersi di fatti di sangue, come quello che ha colpito anche un membro del Gabinetto pachistano pochi mesi fa, punta a intimidire quella parte, purtroppo minoritaria, dell’élite musulmana del Pakistan che rifiuta la deriva fondamentalista e la persecuzione dei cristiani. La lotta impari in corso tra i pochi sostenitori dello stato di diritto e i molti adepti alla sharia sarà decisiva per il futuro orientamento in una regione che resta cruciale per gli equilibri geopolitici. Il fondamentalismo islamico di stato va anche ad aggravare il costante clima di ostilità con l’India, che, come il Pakistan, è una potenza nucleare. Forse qualcuno, a Islamabad, punta a scaricare la tensione attraverso la persecuzione contro le minoranze interne cristiane (come peraltro accade anche in Iraq e nella stessa India), andando a determinare una situazione insostenibile. La comunità internazionale è impotente di fronte a queste violazioni evidenti dei diritti umani. Persino gli Stati Uniti devono misurare le parole nella condanna di ciò che accade in quello che resta, almeno formalmente, un paese alleato. L’equilibrio è delicato: dopo l’operazione che ha condotto all’uccisione di Osama bin Laden in territorio pachistano, ad esempio, molti in America hanno criticato i servizi segreti pachistani, sospettati di aver protetto il capo di al Qaida. Islamabad, per tutta risposta, si è prontamente avvicinata alla Cina, una potenza quantomeno distratta in tema di diritti umani, che si candida a sostituire l’influenza occidentale nella regione. E’ comprensibile che in una situazione così complessa, la diplomazia debba muoversi con una cautela estrema. L’opinione pubblica internazionale, tuttavia, dovrebbe sopperire a queste costrizioni esaltando l’eroismo dei settori dell’establishment pachistano che resistono e denunciando l’intensificarsi delle persecuzioni anticristiane.
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