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Il Manifesto Rassegna Stampa
27.08.2011 Il nuovo 'Egitto democratico' non vuole rapporti con Israele
Michele Giorgio tenta di giustificare l'antisemitismo arabo dando la colpa agli Usa

Testata: Il Manifesto
Data: 27 agosto 2011
Pagina: 4
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Migliaia in piazza contro Israele: 'Via l’ambasciatore'»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 27/08/2011, a pag. 4, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Migliaia in piazza contro Israele: 'Via l’ambasciatore' ".


                         Michele Giorgio

Ecco il nuovo Egitto democratico, lo descrive Michele Giorgio nell'articolo.
Manifestazioni contro Israele, richiesta di espulsione per l'ambasciatore israeliano in Egitto.
La situazione a Gaza è sempre la stessa : "
Da Gaza il premier di Hamas. Ismail Haniyeh, ha ribadito che il suo movimento non riconoscerà mai lo Stato di Israele. ".
Ma la spiegazione che fornisce Giorgio a quest'odio è la seguente: "
Il secco «no» statunitense alla realizzazione delle aspirazioni dei palestinesi alla libertà e all’indipendenza da decenni sotto occupazione militare, accrescono il risentimento arabo verso Israele.". Premesso che gli arabi avrebbero potuto avere uno Stato palestinese nel '47 se non l'avessero rifiutato convinti di poter cancellare quello ebraico, è ridicolo sostenere che il veto degli Stati Uniti all'autoproclamazione accresca l'odio arabo contro Israele. Un odio che è sempre esistito e che si autoalimenta. Nemmeno se gli Usa accettassero l'autoproclamazione la situazione migliorerebbe. Come ha riportato Giorgio stesso, Hamas rifiuta di riconoscere Israele e sarà così per sempre, stando a quanto dice Haniyeh.
Ecco l'articolo:

Non è stata la «manifestazione del milione» annunciata nei giorni scorsi ma in ogni caso erano in parecchie migliaia gli egiziani riuniti ieri al Kobri Gamaa, davanti all’edificio che ospita l’ambasciata israeliana, a chiedere l’espulsione del rappresentante diplomatico dello Stato ebraico in Egitto. Un raduno coinciso, casualmente, con le manifestazioni per la «Giornata di Gerusalemme» che a Tehran hanno visto il presidente iraniano Ahmedi Nejad tornare ad attaccare Israele. È la rabbia che mobilita gli egiziani, per l’uccisione il 18 agosto delle cinque guardie di frontiera compiuta da militari israeliani e soprattutto per quella che tanti definiscono la «sudditanza» del paese nei confronti di Israele. Un tema sul quale si cementa in questa fase il consenso nazionale, visto che, per una volta, sono scesi in strada insieme i rappresentanti di vari movimenti salafiti assieme alle «avversarie » confraternite sufi (i mistici islamici). «Il popolo vuole l’espulsione dell’ambasciatore (israeliano)» hanno scandito imanifestanti al Cairo ma anche ad Alessandria, Qalioubiya e Suez. Non sonomancati momenti di tensione quando un uomo ha sparato alcuni colpi a salve – secondo le testimonianze, inclusa quella di una attivista italiana, Annalisa diMilano, che ieri era Kobri Gamaa – davanti all’ambasciata israeliana ed è riuscito a sfuggire all’arresto. Alla manifestazione nonmancavano le bandiere palestinesi. «La protesta contro Israele vuol dire anche sostegno al popolo palestinese che lotta per la libertà», ha spiegato un giovane. I siti d’informazione locali hanno dato spazio alle notizie che arrivavano da Gerusalemme e altre zone dei Territori occupati. Al posto di blocco di Qalandiya l’esercito israeliano ha disperso con lanci di candelotti lacrimogeni un centinaio di dimostranti palestinesi mentre la polizia ha presidiato con centinaia di uomini la zona araba della Città Santa, per l’ultimo venerdì del mese di Ramadan, impedendo l’accesso alla Spianata della moschea di al Aqsa agli uomini con età inferiore ai 50 anni. Le manifestazioni contro l’occupazione israeliana sono state organizzate anche un neonato gruppo giovanile palestinese «Olive Revolution», ispirato alla protesta araba. Da Gaza il premier di Hamas. Ismail Haniyeh, ha ribadito che il suo movimento non riconoscerà mai lo Stato di Israele. Parole che giungono mentre l’Amministrazione Obama ha minacciato ieri, attraverso il console generale a Gerusalemme, Danny Rubenstein, di tagliare i finanziamenti Usa all’Autorità nazionale palestinese (Anp) se il presidente Abu Mazen procederà, come afferma damesi, alla proclamazione unilaterale d’indipendenza alle Nazioni Unite. Il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito cheWashington non esiterà ad usare il suo diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il secco «no» statunitense alla realizzazione delle aspirazioni dei palestinesi alla libertà e all’indipendenza da decenni sotto occupazione militare, accrescono il risentimento arabo verso Israele. Il Segretario generale della Lega araba, Nabil al Arabi, ha detto alla televisione satellitare al Arabiya che l’accordo di pace tra Egitto e Israele «non è sacro come il Corano e il Nuovo Testamento» e che potrebbe avere fine di fronte alle violazioni di una delle due parti. Le parole di al Araby ben rappresentano i sentimenti delle popolazioni arabe, mentre i governi del Cairo e di Tel Aviv appaiono vicini a superare la crisi scoppiata con l’uccisione delle guardie di frontiera. Il premier egiziano Essam Sharaf ha rinunciato a ritirare l’ambasciatore a Tel Aviv come aveva minacciato di fare la scorsa settimana. Il ministro della difesa israeliano Barak da parte sua ha annunciato all’Economist che in deroga agli accordi di smilitarizzazione del Sinai, Israele è incline ad autorizzare l’ingresso in quel territorio dimigliaia di soldati egiziani. Immediato il clamore in Israele. Alla Knesset molti dicono, soprattutto quello della maggioranza di destra al potere, che il governo non può modificare gli accordi di Camp David senza essere stato autorizzato dalla maggioranza dei deputati.

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