Ieri qui abbiamo intervistato civilmente il rettore dell’Università del Cairo al Azhar, centro mondiale del pensiero e dell’opera islamica e islamista. Conoscere per deliberare, è anche il nostro motto di gazzettieri. Ma in politica e nel sociale questo vale up to a point. Nobili sono le ragioni del dialogo. Ma un movimento ecclesiale deve forse evitare il rischio di una eccessiva spregiudicatezza. Al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione, con rischio calcolato, esponenti dei Fratelli musulmani (un traduttore in arabo dei libri di don Giussani) e il presidente della moschea-facoltà di al Azhar sono stati messi a confronto con copti e cristiani del medio oriente, dopo una conferenza stampa in cui giornalisti egiziani con la testa sulle spalle hanno chiesto conto delle derive teocratiche in corso. Ma la passerella per la sharia è sempre stupefacente. Ecco dunque un pro memoria per la fraternità di Cl. I Fratelli musulmani sono “più pericolosi di Bin Laden”, almeno secondo l’iperbole della nota dissidente islamica Ayaan Hirsi Ali. Più pericolosi nel senso che stanno costruendo in politica e nel sociale quel sogno islamico totalitario che al Qaida non ha raggiunto con la guerra santa. Cl dovrebbe inoltre conoscere la prassi e la retorica anticristiana e antiebraica della più antica scuola islamica del mondo, è il suo core business. Un testo scolastico di questa università, dal titolo “al Iqna”, dice che se un musulmano uccide un musulmano merita la morte, ma se un musulmano uccide un cristiano la pena deve essere inferiore perché il superiore non può essere privato della vita per aver ucciso l’inferiore. L’attuale imam di al Azhar, distinto per quanto possibile dal rettore “laico”, non fa segreto di giustificare contro Israele la “proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah”. Ne abbiamo avuto una prova la scorsa settimana: sette civili israeliani falcidiati a colpi di mitra da terroristi provenienti dall’Egitto. Nel 2009 una fatwa di al Azhar proibì la costruzione di nuove chiese, definite “peccato”. E un eminente accademico di al Azhar, Muhammad Imarah, ha pubblicato “Contro i cristiani”, libro che i copti hanno cercato di portare in tribunale. Gli imam di al Azhar sono gli stessi, assieme ai Fratelli musulmani, che hanno reso fertile il terreno per la pugnalata all’apostata Naguib Mahfouz, Nobel per la Letteratura, e per l’uccisione di Farag Foda, raro liberale arabo. Suad Saleh, preside della facoltà di Studi islamici e arabi di al Azhar, ha legittimato la condanna a morte di chi abbandona l’islam per abbracciare il cristianesimo. Un certo cinismo è essenziale al dialogo religioso come al giornalismo. Ma c’è sempre il rischio della smemoratezza verso chi predica odio e rovina contro ebrei, cristiani e “infedeli” occidentali.
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