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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Due giorni di profondo imbarazzo per Abu Mazen 20/08/2011

Due giorni di profondo imbarazzo per Abu Mazen
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana


Gran Muftì di Gerusalemme con Hitler

L'Autorità nazionale palestinese deve aver vissuto due giorni di profondo imbarazzo, se non ha ritenuto di doversi esprimere sull'attentato lungo la strada Beersheva-Eilat dell'altro giorno. Un silenzio che non giustifica la mancata presa di posizione. Costava molto una dichiarazione che condannava la violenza, redatta poi in modo tale da non dover dispiacere all'alleato di governo ? Già, perchè qui sta il punto, poteva Abu Mazen prendere le distanze da una azione terrorista partita da Gaza ?  Ha preferito mettersi in viaggio, partendo per alcuni paesi, nella speranza che votino si all'autodeterminazione dello Stato palestinese il prossimo settembre, Si fermerà in Inghilterra, Francia e Bosnia, ma non si ancora di quale livello saranno gli incontri. I morti nell'attentato pesano sull'opinione pubblica mondiale, e la domanda su quale tipo di governo avrà il prossimo Stato palestinese non è il miglior viatico per ottenere una larga maggioranza di consensi all'Onu.
Ma Abu Mazen può contare su quell'odio antico verso gli ebrei, ripresentatosi nelle vesti dell'antisionismo nel secondo dopoguerra, che caratterizza la sottovalutazione nelle società occidentali dell'antisemitismo arabo-musulmano. Agli 800.000 ebrei espulsi dai paesi arabi nel 1948 e nel 1967 per il solo fatto di essere ebrei, non è mai stato concesso di entrare nei manuali di storia del Medio Oriente, meno che mai nelle cronache quotidiane dei mezzi di informazione. La loro cacciata è quindi come se non fosse mai avvenuta, a differenza dei palestinesi che lasciarono  - in gran parte di propria volontà - le loro case alla proclamazione dello Stato di Israele il 14 maggio 1948. Se ne andarono convinti dagli stati arabi circostanti che Israele non avrebbe potuto resistere alla aggressione di cinque eserciti, e che quindi sarebbero rientrati entro pochi giorni, con in più il possesso dei beni degli ebrei sconfitti. Ma ricordarlo non rientra nelle responsabilità degli storici nè dei cronisti. I palestinesi sono per antonomasia dei profughi, come certificato anche dall'Onu, che ha addirittura creato una agenzia solo per loro, in funzione da sessant'anni, l'Unwra, che provvede a distribuire miliardi di dollari  ad una popolazione che ci ha fatto l'abitudine. Un fiume di denaro che ha contribuito a creare quella corruzione di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai voluto indagarne le cause.
Così come genera imbarazzo l'alleanza dei palestinesi durante il nazismo con Hitler, chi lo ricorda mai ? Eppure in quella guerra comune contro gli ebrei il Muftì di Gerusalemme non fu da meno dei criminali nazisti nel progettarne lo sterminio in Palestina. Silenzio, vietato scriverlo.
Nathan Sharansky, oggi a capo dell'Agenzia ebraica, che ha però conosciuto il gulag sovietico ed è quindi testimone affidabile di come si esercita l'odio antico contro gli ebrei, ha dichiararo recentemente che " Israele non è la causa dell'antisemitismo di oggi, più di quanto poteva esserlo la sua assenza un secolo fa " .
Abu Mazen si fa un piccolo tour d'Europa in cerca di appoggi, ci auguriamo non ne ottenga, ma di una cosa può stare sicuro fin da ora. L'Europa che lo riceve non gli porrà domande imbarazzanti, continuerà ad offrirgli il tappeto rosso come faceva con Arafat, solo sorrisi e foto per le agenzie. E pensare che basterebbe chiedergli come può onestamente garantire che lo stato per quale chiederà il voto a settembre all'Onu, con un governo formato con l'alleato Hamas, possa avere la minima credibilità quando dichiara che sarà pacifico. Dopo Londra e Parigi, andrà a Beirut, dove Hezbollah lo accoglierà a braccia aperte. Appunto.
Non lo aiuteranno le ultime dichiarazioni di ieri di Hamas. "La tregua è finita, riprende la guerra contro il nemico". Ma quale tregua ? Gaza non ha mai cessato un solo giorno di lanciare sul territorio israeliano razzi e missili, e la chiama tregua ? Abu Mazen può fare le valigie e rientrare a Ramallah, dove farà bene a riflettere se gli conviene di più fare il reggicoda di Hamas, e andare cosi incontro alla distruzione del progetto statuale, oppure riprendere, ma questa volta seriamente, le trattative con il governo israeliano. Così dovrebbe ragionare un leader che veramente si proponesse di raggiungere la creazione del proprio Stato. Temiamo invece che non siano queste le finalità di Abu Mazen, che sta rivelando anche a chi non voleva crederci, di essere molto più semplicemente l'altra faccia di Hamas. Ma il gioco è finito, all'Onu dovranno prenderne atto.


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