Erdogan teme l'arrivo del rapporto Onu sulla prima Flotilla
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
La prima flottiglia, Geoffrey Palmer, ex premier neozelandese
a destra, Recep Erdogan
L'arrivo al governo di Recep Tayyip Erdogan nel 2002 ha bloccato la strada che la Turchia stava percorrendo, non solo per entrare in Europa, ma verso la modernità nel suo insieme, economia, costume, laicità, diritti civili.
Il suo governo dalle indubbie caratteristiche islamiche ha fortemente ridotto tutte quelle libertà introdotte dalla rivoluzione di Ataturk negli anni n'20, e ha eliminato del tutto i poteri dell'esercito che proprio Ataturk aveva previsto a difesa di un ritorno al passato. I modi sono stati quelli di una dittatura, le alte sfere militari messe in prigione o in pensione anticipata, sostituite da una schiera di ufficiali ubbidienti al regime.
In questa prospettiva si inquadra l'allontanamento della Turchia dalla sfera occidentale, i rapporti con gli Usa per ora resistono solo grazie all'atteggiamento remissivo americano e della Nato, anche se di fatto l'alleanza precendente non ha più nessun parametro con i rapporti attuali.
Le relazioni con Israele, prima dell'era Erdogan, erano eccellenti sotto ogni aspetto. Collaborazione militare, economica, gli israeliani sceglievano la Turchia in massa per andarci in vacanza. Tutto questo è saltato a causa della politica del governo Erdogan, fino al caso dello scorso anno, archiviato sotto il nome Flotilla n°1. I lettori di IC ricorderanno come la Turchia sia stata alla base di quella prima spedizione, nell'organizzare i mezzi di trasporto - le navi, compresa la Mavi Marmara, erano turche - così come nel finanziare l'intera impresa attaverso una associazione terrorista, con sede in Turchia, ma con diramazioni anche in Europa, Italia compresa, a Genova sono stati trovati e sequestrati conti bancari legati a quella organizzazione. La testa responsabile di quella spedizione era quella di Erdogan, e con lui la politica anti-israeliana del suo governo. Il tentativo di forzare il blocco navale a Gaza si concluse con alcuni morti sulla Mavi Marmara il 31 maggio 2010, ma è stato il prezzo della legittima difesa dei soldati israeliani, quel 'mors tua,vita mea' che è alla base del concetto stesso di legittima difesa.
Ora Erdogan, per riportare le relazioni diplomatiche con Israele ad un livello di bassa conflittualità, richiede - per la verità gia da alcuni mesi - le scuse ufficiali del governo di Israele, il quale, per dimostrare buona volontà, si è dichiarato disposto ad esprimere dispiacere per le vittime,disponibile a cercare un forma di risarcimento ai famigliari, ma le scuse, come gli hanno chiesto anche Obama e Hillary Clinton -in base alla politica di appeasement del governo americano, debole con i nemici e ostile con gli alleati - proprio no. Oltre a tutto, sarebbero interpretate nel mondo musulmano nel senso opposto alle intenzioni, come un segnale di debolezza da parte israeliana.
Forse la verità sta nel timore di Erdogan verso il rapporto Onu, redatto sotto al presidenza di Sir Geoffrey Palmer, già Primo Ministro neozelandese, su quegli avvenimenti, pronto già da tempo e che verrà reso noto il prossimo martedì, e che era sempre stato dilazionato nella speranza che le relazioni tra i due paesi si ristabilissero. Così non è andata, e tra breve si sapranno le conclusini dell'inchiesta, che, stranamente, considerando da quale organismo proviene, sembra abbia ritenute valide le argomentazioni sulla legalità della reazione israeliana al tentativo di forzare il blocco, riconosciuto legale dalle leggi internazionali. Pur contenendo critiche al comportamento 'sproporzionato' dei soldati israeliani, il giudizio sulle responsabilità della Turchia sembra pessimo.
Per questo Ergogan ha buttato sul tappeto la richiesta delle scuse, pur sapendo che Israele non le avrebbe mai offerte.
Fra tre settimane l'ambasciatore israeliano in Turchia Gabi Levi, terminerà il suo mandato, e il suo successore non è stato nominato ( l'ambasciata turca in Israele è senza ambasciatore da un anno). La crisi peggiora, man forte gliela dà Erdogan che, mentre esige le scuse da Israele, annuncia un suo prossimo viaggio a Gaza, dove condannerà Israele mentre si dichiarerà dalla parte di Hamas. In più la Turchia offre il suo aiuto ad Abu Mazen per avere il maggior numero possibile di stati che appoggino l'autodeterminazione dello stato palestinese il prossimo settembre all'Onu. Se questa è la politica di Erdogan, non si capisce francamente come pensi di ristabilire buone relazioni diplomatiche con Israele, quandanche ricevesse quelle scuse ufficiali alle quali sembra dare tanta importanza. Una mossa troppo scoperta, resa non credibile ma smentita delle sue mosse, queste sì ufficiali.