Il manifesto del nuovo pessimismo americano Giulio Meotti recensisce 'After America' di Mark Steyn
Testata: Il Foglio Data: 18 agosto 2011 Pagina: 4 Autore: Giulio Meotti Titolo: «'After America', bestseller spassoso e tragico di Mark Steyn»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/08/2011, a pag. 4, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "'After America', bestseller spassoso e tragico di Mark Steyn".
Giulio Meotti, Mark Steyn
La buona notizia è che l’occidente è prossimo alla fine. La cattiva notizia è che anche l’America mostra gli stessi sintomi”. Si apre così il bestseller di Mark Steyn, “After America”, che svetta da giorni nella cinquina dei libri più venduti negli Stati Uniti. E’ il manifesto del nuovo pessimismo americano. Ci sono dentro i Tea Party, la denuncia delle politiche obamiane sul debito, la crisi finanziaria, quella militare, il terrorismo, l’islam, il welfare, l’Europa, le culle vuote. Steyn è il re degli editorialisti conservatori. Il più letto e seguito, processato e assolto in Canada per l’accusa di “islamofobia”. Le sue mazzate sono pubblicate da cinque quotidiani contemporaneamente. Alla prestigiosa rivista Maclean’s Steyn è subentrato a Mordecai Richler come critico letterario. Steyn lo descrive così il mondo postamericano: “Starbucks, WalMart, Google e le famose multinazionali sono sopravvissute al collasso degli Stati Uniti. McDonald’s e Kfc sono diventate halal (islamiche, ndr). Sulla Cnn sceicchi sauditi, imprenditori russi e capi di stato cinesi conducono i loro affari”. La prognosi è chiara: “Non andiamo verso il ‘declino’, ci siamo già. Ciò che sta accadendo all’America non è ‘ciclico’, ma ‘strutturale’. La bolla non è nel mercato immobiliare o nel credito. La bolla è l’America del XXI secolo”. Lui la chiama “obamificazione”. Il libro coniuga l’ironia più spietata all’analisi più algida: “Nel settembre 2010, il rapporto fra il debito pubblico americano e il prodotto interno lordo è al 94 per cento. Hey, rilassatevi, dice il columnist del New York Times e Nobel Paul Krugman: nel 1945 era al 113 per cento”. Steyn spiega che l’occidente versa in declino sia economico che demografico. “Quando decade il denaro, segue il potere. A Roma in mezzo secolo la popolazione è scesa del 75 per cento e quel prototipo di ‘globalizzazione’ del commercio europeo si trasformò in un’economia di tipo agricolo. La storia del mondo occidentale dal 1945 è che invitati a scegliere fra libertà e ‘sicurezza’, un gran numero di persone ha scelto di cestinare la libertà. L’elemento più vitale di una società dinamica è lo spazio che il cittadino ha per svilupparsi. Noi siamo passati dall’autogoverno a una specie di asilo microregolato”. Steyn vede nel breve termine un’America più minuta: “Case più piccole, auto più piccole, vite più piccole. L’inertia, l’ennui, il fatalismo è anche più patetico del declino demografico o della proliferazione fiscale dello stato socialdemocratico, perché è più sottile e meno tangibile”. Gli Stati Uniti hanno tuttavia una riserva in più: “La gioventù decadente della Francia manifesta per l’età pensionabile, in Inghilterra ‘studenti’ invecchiati attaccano sui costi dell’università, mentre in America si protesta per dire al governo: posso farcela se stai lontano dalla mia vita e dal mio portafogli”. Il declino è anche sulle scoperte: “Paragonate gli anni Venti agli anni Novanta: nei primi, la scoperta dell’insulina e della penicillina, i vaccini per la tubercolosi, la difterite, il tetano. Nell’ultimo decennio del XX secolo? Il vaccino per l’epatite A e il Viagra”. Steyn racconta i “bamboccioni italiani, che in Giappone sono chiamati ‘parasaito shinguru’, i parassiti single, e in Inghilterra sono i ‘kippers’, figli a carico di genitori e che ne erodono i risparmi. In Canada il 31 per cento degli uomini fra i 25 e i 29 anni dorme ancora nel letto d’infanzia”. La crisi demografica è letta attraverso la demografia: “Il cinquanta per cento delle donne giapponesi è senza figli. Fra il 1990 e il 2000 la percentuale di donne spagnole senza figli è raddoppiata. In Svezia, Finlandia, Austria, Svizzera, Olanda e Inghilterra, il venti per cento delle donne quarantenni è senza figli. La coscienza europea collettiva promossa dall’Unione europea si è dissolta come un miraggio nel deserto. Non c’è Europa al di là della finzione ufficiale dell’élite eurocratica”. Ecco l’Europa secondo Steyn: “Non hai bisogno di fare sacrifici economici, ci pensa lo stato. Non hai bisogno di bambini. E certamente non hai bisogno di morire per il re o il tuo paese. Ma una società che non ha nulla per cui morire non ha anche nulla per cui vivere. La crisi economica dell’Europa è solo il sintomo di una crisi esistenziale: per cosa viviamo? L’Europa non ha questa risposta. Andate nel cuore della civiltà occidentale – Roma, la capitale della cristianità; Madrid, Lisbona e Parigi, sedi degli imperi che hanno spedito a ogni angolo del mondo i propri uomini per impiantare lingua e cultura – queste città sono oggi piacevoli e prospere, ma irrilevanti al futuro del mondo. L’Europa è morta nel breve termine”. Il segnale? “Il boom di cliniche per l’eutanasia”. Steyn porta la Grecia a esempio di implosione demografica ed economica: “La Grecia ha il tasso demografico più basso al mondo, 1,3 figli per coppia, significa 100 nonni per 42 nipotini. L’albero della vita è stato rovesciato. Urrà, dicono i liberal, basta boom demografico. Ecco il problema: i dipendenti pubblici greci hanno diritto a quattordici mensilità annue durante la vita ‘lavorativa’, ma anche a quattordici mensilità pensionistiche fino alla morte. Chi le paga? Non potete prendervela con il futuro, perché non ne avete uno. La Grecia era una grande civiltà, oggi è un cestino dei rifiuti. Avevano creato una società compassionevole, progressista e caritatevole, ma è fallita. Benvenuti al mio grosso grasso funerale greco”.
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