Non aspettava che di poter criticare il governo d'Israele, lo scrittore Amos Oz nel suo elzeviro sul Corriere della Sera nel quale esprime solidarietà a Dafne Leef ed agli indignados che protestano in Israele contro la politica salariale del governo che difetterebbe di incentivi e misure ponderate di incremento del potere d'acquisto oggettivo dei salari. Ovviamente, in perfetto stile marxista, la responsabilità del falimento della politica economica del governo viene ascritta ad una vagheggiata classe parassitaria di sfruttatori che assorbirebbe secondo l'autore la sostanza del reddito nazionale, privando con ciò solo il proletariato urbano di quelle componenti salariali marginali e integrative che costituirebbero la minusvalenza perenne, il quod deficit che metterebbe in crisi sistematicamente il livello generale del potere d'acquisto dei salari. Cercare in questo articolo una analisi razionale, e cioè macroeconomica, delle possibili cause efficienti di un movimento sociale e urbano che rischia di emulare la rivoluzione del pane in atto nel mondo arabo è vano, perchè oltre la polemica anticapitalista non si coglie altro elemento critico utilmente individuabile per avere una nozione della ideologia critica dell'autore. Diciamo pure che se vediamo in piazza ragazzi che protestano per l'insufficienza dei salari, è un segno che la politica economica del governo in qualche punto è fallimentare: facciamo un esempio. La prima manovra economia del 2011, nel luglio di quest'anno, ha registrato l'introduzione di tassazione patrimoniale alla fonte, in forma di imposta indiscriminata sui dossier titoli pubblici e privati, che secondo l'analisi dell'equilibrio costituisce un vero e proprio errore tecnico in una economia dell'emergenza come quella italiana in cui l'esigibilità dei titoli del debito pubblico è subordinata alla scarsità della domanda di liquidazione, in funzione della propensione al risparmio della famiglia italiana, la più accentuata nel mondo occidentale, che fino a questo momento ha garantito la solvibilità almeno infinitesima del debito, giacchè i debiti di cui non si domanda pagamento restano pur sempre almeno teoricamente esigibili. Tremonti ha quindi sbagliato la prima manovra in quanto una economia ad equilibrio solo virtuale come la nostra il fattore centrale di questo equilibrio solo formale (il debito pubblico) deve essere rigorosamente tenuto estraneo alla manovra selvaggia, onde evitare la propensione a riallocare le risorse finanziarie ivi cristallizate in diverso impiego e quindi la formazione di una domanda aggregata di disinvestimento, per affrontare la quale non ci sono i soldi da liquidare ai sottoscrittori. La prova della consapevolezza di Tremonti del precedente errore è data dalla formula finanziaria della manovra di completameto approvata il 13 agosto col D.L. 138/2011, norma che tiene rigorosamente estraneo ad ogni tributo il debito pubblico, finanche prevedendo testualmente l'incremento della cedolare alla fonte per i soli titoli di diritto privato e con espresa esenzione per quelli pubblici. Tremonti ha finalmente capito che un sistema macroeconomico non è un bilancio condominiale ed ha assiomatizzato l'intangibilità patrimoniale e finanziaria del debito pubblico, la sola variabile assolutamente ineclinabile quanto a stabilità per il mantenimento dell'equilibrio del sistema. Veniamo ad Israele. In che cosa il governo dell'economia del Likud ha sbagliato nella manovra annuale, fino a determinare movimenti di piazza francamente scoraggianti sulla scena israeliana? La risposta non è semplice e deve essere cercata nella valutazione di congruità delle politiche keynesiane di sostegno artificioso, in quanto sussidiario e assistenzialistico, di interi settori della società israeliana (come appunto il finanziamento ai movimenti religiosi "ortodossi") beneficiati da una politica fiscale e contributiva del governo indubbiamente compiacente. A differenza di quanto accade in Italia, il livello del debito pubblico israeliano non ha le stesse drammatiche dimensioni, per cui una congiuntura come quella attuale nella quale si manifesti lo squilibrio fra il costo della vita ed il livello generale dei salari, può essere affrontata senza dover escludere veruna tipologia di manovra finanziaria. Ne consegue che, a differenza di quanto ipotizzato nella cupa profezia escatologica di Amos Oz, l'aggiustamento del rapporto fra il livello dei salari ed il costo della vita trova nela teoria classica della manovra capitalistica anticiclica rimedi che, francamente, non si capisce ancora per quale motivo il governo non abbia valuttao, quale ad esempio i provvedimenti di calmiere per factum principis o l'incentivazione salariale indiretta vuoi con la fiscalizzazione di oneri sociali complementari, vuoi anche con i benefici di esonero della politica fiscale sui redditi e sugli affari. Insomma, in Israele ci sono in piazza "indignados" per ragioni diverse da quelle che hanno spinto il proletariato urbano a sfidare i tank di Assad e cioè per scarsa elasticità della manovra centrale rispetto le istanze sociali denuncianti ipotesi di conflittualità economica, per esempio la libera contrattazione delle locazioni o la correzione della curva di prelievo tributario sui salari. In parole più semplici, il catastrofismo di Amos Oz e di chi lo asseconda tanto per dare un altro colpetto al governo del Bibi si risolve in una più accentuata correzione di teoria capitalistica di variazione indotta delle variabili economiche, senza dover sentir parlare dei "bei tempi" delle origine del socialismo patriarcale del kibbutz, miti e riti indibbiamente suggestivi, ma che ci riserviamo di riprendere in considerazione quando l'ayatollah si farà avanti per adempiere la sua missione distruttrice dello stato di Israele. Per quanto riguarda la determinazione ponderata del livello salariale ottimale di Dafne Leers e degli altri ragazzi che non arrivano a fine mese, questo problema di finanza pubblica, siamo in grado di risolverlo con una ponderazione (cioè con un trasferimento di risorse finanziarie da una allocazione ad una diversa) non necessariamente fiscale e che, comunque, nella dinamica capitalistica classica della rivalutazione salariale oggettiva con l'intervento su altre variabili del sistema, trova la sua soluzione razionale, cioè diversa dalla tenda della simpatica Dafne e dalla teoria economica dantesca del solito Amos Oz. Israele siamo noi, e la primavera araba non ci riguarda. Perchè la rivelazione della Legge accade in estate e veniva da un rovo in una pietraia. Condizioni nelle quali Israele ha sempre ricavato la sua economia e lo farà ancora.
Vitaliano Bacchi |