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Il Foglio Rassegna Stampa
12.08.2011 Siria, chiedere ad Assad di andarsene non è sufficiente
e non rende Obama un presidente più forte

Testata: Il Foglio
Data: 12 agosto 2011
Pagina: 1
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Perché chiedere la testa di Assad non rende Obama più forte»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/08/2011, in prima pagina, l'articolo dal tiotolo "Perché chiedere la testa di Assad non rende Obama più forte".


Barack Obama

Roma. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, è chiaro: “Il presidente è convinto che la Siria starebbe molto meglio senza Assad”, e altrettanto chiari sono gli uomini della Casa Bianca che hanno suggerito a televisioni e giornali l’imminente ingiunzione formale a Bashar el Assad di abbandonare lo scranno presidenziale. Persino lampante la dose di wishful thinking che i consiglieri del presidente americano hanno somministrato al New York Times dicendo che l’establishment di Damasco “inizia a essere diviso in fazioni, e c’è gente nel governo che inizia ad avercela con Assad e la sua cerchia di pretoriani”. La richiesta formale di Obama potrebbe arrivare presto – ieri, al telefono con il premier turco Tayyp Erdogan, ha parlato molto di “transizione democratica” – ma ciò che rimane oscuro è con quali mezzi Washington darà sostanza a un appello che rischia altrimenti di rimanere nel campo delle iniziative simboliche. Un po’ come le ultime sanzioni del Tesoro contro la Banca commerciale siriana e la compagnia telefonica Syriatel: gli Stati Uniti hanno da tempo congelato il grosso dei flussi di denaro verso Damasco, dunque le misure hanno efficacia ridotta. Brian Katulis, analista del Center for American Progress, think tank vicino all’Amministrazione Obama, dice al Foglio che “il fatto che il presidente chieda ad Assad di andarsene è un evento quasi ininfluente. Il problema è come accompagnare questa richiesta con misure concrete. Obama sta cercando il più ampio consenso internazionale possibile per prendere una posizione, ma lo spirito è sempre quello ambiguo del ‘leading from behind’”. Obama non può vantare un record decisionista in quanto a dittatori spodestati: con Mubarak ha traccheggiato fino al momento in cui la piazza non è insorta, mentre Gheddafi ha ignorato le sue richieste, forte del vuoto di leadership occidentale. Con il regime di Damasco – che sta espandendo i massacri ai confini con Libano e Turchia – l’esposizione formale di Obama senza l’accompagnamento di una strategia chiara rischia di essere un ulteriore sfoggio di debolezza.

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