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Il Foglio Rassegna Stampa
09.08.2011 Egitto: sondaggi favorevoli a Fratelli Musulmani e Amr Moussa
Più che primavera araba, primavera islamista

Testata: Il Foglio
Data: 09 agosto 2011
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Il primo sondaggio del nuovo Egitto dice Moussa e Fratellanza»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 09/08/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Il primo sondaggio del nuovo Egitto dice Moussa e Fratellanza".


Amr Moussa, Fratelli Musulmani

Roma. A che punto è l’Egitto? Chi andrà a conquistare il prossimo Parlamento? Chi scriverà la nuova Costituzione? Difficile condurre un sondaggio in un paese caotico e frammentato come quello egiziano che processa Hosni Mubarak. Lo ha fatto Newsweek, il grande settimanale americano, proprio mentre l’Amministrazione Obama, per mezzo della United States Agency for International Development, ha appena stanziato sessantacinque milioni di dollari per i “programmi per la democrazia” in Egitto, portando a duecento milioni l’assistenza americana in ambito sociale e civile per il biennio 2010/2011. E’ il primo sondaggio a sei mesi dalla caduta di Hosni Mubarak, sotto processo al Cairo. Dal rilevamento di Newsweek, i Fratelli musulmani emergono come il primo partito assoluto, con una percentuale di consensi attorno al venti per cento, staccando di molto i concorrenti. Amr Moussa, l’ex segretario della Lega araba, è in testa per la conquista della presidenza. Una vasta maggioranza di intervistati si è detta a favore della abolizione o revisione degli accordi di Camp David con Israele. Il ventinove per cento si è dichiarato indeciso sul voto; fra il diciassette e il venti per cento voterà a favore dei Fratelli musulmani; il partito storico “laico” del Wafd (alleato con i Fratelli musulmani) è fermo al sette per cento; al sette per cento è anche il National Democratic Party, l’ex partito di Mubarak; al cinque per cento il Free Egyptians Party del magnate copto Naguib Sawiris; il Justice Party è al quattro per cento; al tre per cento è il Free Egypt Party, così come l’Egyptian Stream Party; la sinistra con al Karama vale appena il due per cento, così come il partito del Labour; il Ghad di Ayman Nour è fermo ad appena il due per cento; al Tagammu è all’un per cento, così come al Wasat. Per quanto riguarda la corsa alle presidenziali, favorito è Amr Moussa con il sedici per cento; seguito dall’ex primo ministro Ahmed Shafik e da Mohammed ElBaradei, con entrambi il dodici per cento. Ma quando il sondaggio ha ristretto la corsa a tre candidati, Moussa è salito al quarantasette per cento, con Baradei staccato di molto al diciannove e con solo il sedici per cento per Abdel Moneim Futuh, uno dei capi dei Fratelli musulmani. Moussa ha molti vantaggi rispetto agli altri candidati: un nome molto noto sulla piazza araba (“io amo Moussa, odio Israele” recita una popolarissima canzone egiziana), è un veterano del vecchio apparato ma indipendente da Mubarak, quindi potrà raccogliere il voto dei sostenitori dell’ex rais senza essere associato al regime; è un nazionalista radicale che farà appello alla voglia di indipendenza dagli Stati Uniti e da Israele; non è un islamista e quindi attrae anche il voto di chi teme i Fratelli musulmani, ma non ne disdegna la compagnia. Moussa sarà aiutato dalla candidatura del suo ex braccio destro, il nazionalista panarabo Abdallah al Ashal, che scrive regolarmente per il popolarissimo sito dei Fratelli, Ikhwanweb. Il sondaggio di Newsweek ha anche cercato di sondare il futuro del trattato di pace con Israele. Soltanto il tre per cento si è detto “positivo” nella relazione con il vicino stato ebraico. Il settanta per cento degli egiziani ha detto di voler “emendare o cancellare” il trattato di Camp David. Non sono soltanto i Fratelli musulmani ad aver invocato la rottura del patto con Gerusalemme. Dal Wafd, storico partito di opposizione, ai comunisti del Tagammu, fino ai socialisti e ai nasseristi, tutti i partiti “laici” anti Mubarak hanno chiesto di rivedere e perfino di bandire i rapporti con Israele.

“Islamisti ed esercito l’elemento forte”
Il massimo esperto israeliano d’Egitto, Barry Rubin, dell’Interdisciplinary Center a Herzliya, è più pessimista di Newsweek sulla vittoria dei Fratelli musulmani. La confraternita islamica si attesterebbe al trentaquattro per cento, con una scarsa performance invece per i salafiti, gli islamisti più duri. L’ex partito di regime di Mubarak, il National Democratic Party, è al quattordici per cento. Le formazioni liberali potrebbero arrivare al quaranta per cento, ma Rubin spiega che sono radicalmente divisi fra molti candidati e programmi: “Se i liberali ottengono un terzo dei seggi possono temperare il dominio dei Fratelli musulmani, ma non la loro tremenda influenza”. La sinistra egiziana, da sempre popolare, è realisticamente ferma al dieci per cento, divisa fra laburisti, Ghad, Tagammu e Karama. E’ quindi probabile che il prossimo Parlamento egiziano sarà dominato da cinque partiti: Fratelli musulmani, Wafd, Giustizia, Egiziani liberi e Nuovo partito democratico. Il Wall Street Journal racconta che “schiacciati tra un esercito potente e un risorgente movimento islamista, gli attivisti liberali pro democrazia trovano sempre più difficile rimanere decisivi in un Egitto post rivoluzionario”. Lo pensa anche Shadi Hamid, direttore del Doha Center alla Brookings Institution: “I gruppi liberali e di sinistra, che sono stati in prima linea nella rivoluzione, hanno perso il contatto con il popolo egiziano. Questi manifestanti hanno alienato gran parte dell’Egitto”. “Nel gioco di potere in corso, i liberali e l’intero movimento laico sono l’elemento più debole, mentre gli islamisti e l’esercito sono forti”, ha affermato Laila Soueif, liberale che insegna all’Università del Cairo. La confraternita islamica si avvia a essere il più grande partito nel prossimo Parlamento. Ieri, per la prima volta nella sua storia, la Fratellanza ha svolto pubblicamente un’elezione interna per riempire tre posti vacanti nell’organismo dirigenziale. “Il gruppo fa così perché vuole stabilire un modello di democrazia e trasparenza in vista delle elezioni politiche”, ha detto Mustafa al Sayyid, professore di scienze politiche all’Università del Cairo. I cristiani copti, intimoriti dall’insorgenza islamista a piazza Tahrir, hanno dichiarato che “il gruppo (i Fratelli musulmani, ndr) vuole imporre la propria ideologia. E la chiesa copta deve stare attenta”. Niente dialogo in vista della tornata elettorale. I Fratelli musulmani hanno infatti rigettato un documento “costituzionale” messo appunto da tutte le forze politiche laiche in cui si ribadiva la volontà di preservare il carattere libero e civile dello stato egiziano. Una sorta di “bill of rights” preelettorale che secondo la confraternita tradisce la volontà del “popolo egiziano”. Spaventa infine la richiesta irrealistica dei Fratelli musulmani per cui Mubarak, se riconosciuto colpevole di omicidio e corruzione, dovrebbe essere sottoposto all’amputazione della mano destra, come previsto dall’islam. Lo ha detto il portavoce della confraternita, Mahmoud Ghuzlan: “A chi ha rubato milioni allo stato si tagli la mano”.

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