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La Repubblica Rassegna Stampa
08.08.2011 Stato palestinese, ma solo in Cisgiordania. Gaza con Hamas. Israele si lasci distruggere
Il Medio Oriente secondo Antonio Cassese

Testata: La Repubblica
Data: 08 agosto 2011
Pagina: 31
Autore: Antonio Cassese
Titolo: «Se l'Onu riconoscesse lo Stato palestinese»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/08/2011, a pag. 31, l'articolo di Antonio Cassese dal titolo " Se l'Onu riconoscesse lo Stato palestinese ".


Antonio Cassese

Come ha fatto notare Angelo Pezzana nella sua Lettera da Gerusalemme di ieri (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=40&id=40901), Nabil Sha'ath, vice capo negoziare dell'Anp, ha dichiarato alla ANB (Arabic News Broadcast) " La storia dei 'due stati per due popoli' significa che da qualche parte qui intorno ci sarà un popolo ebraico, e qui un popolo palestinese. Questo noi non l'accetteremo mai". Non ci sono state smentite da parte dell'Anp. D'altro canto, Abu Mazen, che Cassese definisce impropriamente 'moderato', dedica piazze ai terroristi della seconda Intifada, piange la morte dell'ultimo terrorista di Monaco (definendolo 'eroe' perchè ha massacrato gran parte della delegazione israeliana alle olimpiadi. Un gesto veramente eroico, tenere in ostaggio e assassinare degli atleti disarmati 'colpevoli' di essere israeliani). La dichiarazione di Nabil Sha'at non si discosta da ciò che pensa Abu Mazen, nè da ciò che ha sempre dichiarato Arafat.
Nell'articolo, Cassese sostiene che l'Onu dovrebbe riconoscere lo Stato Palestinese ed elenca una serie di motivazioni che, secondo lui, rendono necessario il riconoscimento, come, per esempio : "
sarà più difficile per Israele continuare la sua pluridecennale e illegale occupazione bellica: si porranno le premesse per un ritiro di Israele almeno dalla Cisgiordania e da Gerusalemme est". Gerusalemme non è una colonia. E i Territori dai quali Israele dovrebbe ritirarsi secondo Cassese sono contesi, non occupati. Gli insediamenti illegali vengono smantellati. Se il 'moderato' Abu Mazen e i suoi predecessori avessero accettato di negoziare lo Stato palestinese esisterebbe già da diversi anni. Esisterebbe anche se gli Stati arabi non l'avessero rifiutato nel '47, ma Cassese non lo scrive, anche se non lo ignora, o forse perchè gli fa comodo tacerlo ai suoi lettori.
Cassese continua : "
la risoluzione non parlerà, si presume, di quella smilitarizzazione della Palestina, richiesta da Israele come condizione essenziale per qualsiasi accordo ". E perchè Israele vorrebbe uno Stato palestinese smilitarizzato? Cassese non lo scrive, meglio far passare la questione come un capriccio di Israele-oppressore. Pazienza se uno Stato palestinese armato significherebbe una cosa soltando, un conflitto con Israele.
Cassese sostiene anche che sarebbe necessario " 
aprire negoziati sui vari problemi, incluso quello del ritorno dei profughi palestinesi nelle terre in cui vivevano prima di fuggire tra il 1948 e il 1967. ". Usa bene il verbo 'fuggire'. I profughi sono diventati tali perchè sono scappati. Non è ben chiaro perchè dovrebbero ritornare dopo più di 60 anni, e, ancora più nebuloso è il motivo per cui Israele dovrebbe accordare il diritto al ritorno anche dei loro discendenti, nati al di fuori dei confini israeliani.
Ma la teoria più interessante Cassese l'ha tenuta per il finale del suo articolo : "
L'Autorità palestinese sarebbe saggia se, chiedendo il riconoscimento collettivo dello Stato palestinese, si limitasse ad indicare la Cisgiordania e Gerusalemme est. Oramai Gaza è un'entità a sé, un "governo di fatto" che né l'Autorità Palestinese né Israele riescono a controllare politicamente e militarmente. È una spina nel fianco (...) ". Ecco, che cosa fare di Gaza? Ma non c'è un accordo con l'Anp ? Non si riesce a gestire? Lancia razzi contro la popolazione israeliana? Pazienza, intanto riconosciamo la Cisgiordania come Stato palestinese con a capo il 'moderato' Abu Mazen, lo stesso che auspica una Palestina  judenrein. E se no nfunzionerà l'accordo Hamas-Olp, magari, in futuro, si potrebbe riconoscere anche la Striscia di Gaza come Stato autonomo. Due Stati palestinesi al prezzo di uno, entrambi d'accordo su un punto soltanto: distruggere Israele.
Ecco l'articolo:

Che la situazione Palestinese sia ad un punto morto, nessuno può negarlo. Si può perciò capire perché i palestinesi vogliono rompere lo stallo con una mossa dirompente all'Assemblea Generale dell'Onu. Il loro intento è duplice. Ottenere dalla maggioranza del 193 paesi membri il riconoscimento che in Palestina non vi è più una "entità", ma un vero e proprio Stato. Essere ammessi come membro delle Nazioni Unite, e non più come semplice "osservatore". Il secondo obiettivo è irraggiungibile, e i palestinesi ne sono consapevoli: infatti, per l'ammissione di nuovi stati all'Onu è necessaria non solo una maggioranza di due terzi all'Assemblea Generale, ma anche un voto favorevole del Consiglio di sicurezza. Ora, si sa già che gli Usa porranno il veto, bloccando qualunque ammissione. Resta il riconoscimento della Palestina come Stato. Che valore ha, e quali possono essere le sue conseguenze pratiche? Prima di rispondere, riassumerò alcuni fatti di base. La Palestina, si sa, è composta dalla Cisgiordania inclusa Gerusalemme est (circa 3 milioni di abitanti) e dalla Striscia di Gaza (1.600.000 di abitanti), due zone separate da territorio israeliano. Entrambe le zone dal 1967 sono sotto l'occupazione bellica israeliana, anche se da Gaza le forze armate israeliane si sono ritirate nel 2005 (ma controllano gli accessi alla Striscia, lo spazio aereo e le acque territoriali). Fatah domina la Cisgiordania, mentre Hamas domina Gaza: le due dirigenze palestinesi sono ai ferri corti, lacerate da dissidi ideologici e politici insanabili. In Cisgiordania l'Autorità palestinese è riuscita a costruire un'amministrazione pubblica e un sistema economico abbastanza efficienti, come attestato dalla Banca Mondiale e dall'IMF e ribadito giorni davanti al Consiglio di Sicurezza. Inoltre l'autorità palestinese controlla il territorio della Cisgiordania, almeno in parte, perché l'esistenza degli insediamenti israeliani e le truppe israeliane che li proteggono fanno sì che il 60% del territorio sia di fatto sotto il dominio militare israeliano. La Cisgiordania costituisce uno Stato? Ritengo di si, perché ha una struttura centrale organizzata (l'Autorità palestinese) che esercita un controllo effettivo su parte della popolazione stanziata nel territorio, anche se sotto occupazione bellica straniera e con confini incerti. Inoltre intrattiene regolarmente rapporti internazionali, concludendo accordi (il più famoso è quello di Oslo, del 1993) e inviando rappresentanze diplomatiche presso numerosi Stati (tra cui molti paesi occidentali, inclusa l'Italia, che ha elevato il rango del rappresentante palestinese a Roma a quello di ambasciatore). Dunque, la Palestina, finora riconosciuta da 122 membri dell'Onu, ha tutti i requisiti per essere considerata come un vero e proprio Stato. Cosa cambia se a settembre l'Assemblea Generale dell'Onu approva una risoluzione che definisce la Palestina uno Stato? Beninteso, si tratterebbe di un risoluzione giuridicamente non vincolante. Nondimeno cambierebbero varie cose sul piano politico, e tutte avantaggiodella Palestina (e della messa in moto del processo di pace). Primo, il "riconoscimento" significa che sarà difficile d'ora in poi contestare il carattere statuale della Palestina. Certo, il riconoscimento come tale non "crea" la personalità giuridica internazionale; ma se è conferito da numerosi membri dell'Onu costituisce un'importante attestazione della statualità dell'ente riconosciuto. Secondo, presumibilmente la risoluzione affermerà che la Palestina esiste nei confini pre-1967 ed include Gerusalemme est, così ribadendo una tesi palestinese fortemente oppugnata da Israele. Terzo, la risoluzione non parlerà, si presume, di quella smilitarizzazione della Palestina, richiesta da Israele come condizione essenziale per qualsiasi accordo. Quarto, sarà più difficile per Israele continuare la sua pluridecennale e illegale occupazione bellica: si porranno le premesse per un ritiro di Israele almeno dalla Cisgiordania eda Gerusalemme est e per l'acquisto, da parte del governo palestinese, della piena sovranità sul suo territorio. Quinto, Mahmoud Abbas avrà in mano carte più forti per negoziare scambi di territori, mutamenti di confine o cospicui indennizzi, oltre a concordare lo status internazionale di Gerusalemme. Sesto, in seno all'Onu la Palestina diventerà uno "Stato osservatore", e quindi avrà una maggiore forza politica e morale. Settimo, il procuratore della Corte Penale internazionale, cui l'Autorità palestinese ha chiesto nel gennaio 2009 di accedere allo Statuto della Corte, non potrà più traccheggiare come ha fatto finora, e sarà costretto finalmente a rispondere sl o no. Se, come dovrebbe, risponde affermativamente, lo Stato palestinese può ribadire la richiesta che siano sottoposti alla giurisdizione della Corte tutti i crimini commessi sul territorio palestinese dal 2002, quindi anche i crimini attribuiti ad Israele da vari rapporti internazionali. Quest'ultima è un'arma possente, che Israele teme fortemente, e il cui possibile uso può indurre Netanyahu ad aprire negoziati sui vari problemi, incluso quello del ritorno dei profughi palestinesi nelle terre in cui vivevano prima di fuggire tra il 1948 e il 1967. Naturalmente il successo della risoluzione pro-palestinese dipende dal modo in cui Abbas intende comportarsi nei confronti di Hamas. È un fatto che Hamas è politicamente allineata sulle posizioni dell'Iran e della Siria, non esita a lanciare indiscriminatamente razzi contro la popolazione israeliana e persegue una assurda volontà di distruzione di Israele. Perciò è stata definita sia da Gerusalemme sia da Washington «una organizzazione terroristica». L'Autorità palestinese sarebbe saggia se, chiedendo il riconoscimento collettivo dello Stato palestinese, si limitasse ad indicare la Cisgiordania e Gerusalemme est. Oramai Gaza è un'entità a sé, un "governo di fatto" che né l'Autorità Palestinese né Israele riescono a controllare politicamente e militarmente. È una spina nel fianco sia di Israele sia dell'Autorità Palestinese, e costituisce un grave problema di cui prima o poi dovrà farsi carico tutta la comunità internazionale. Molti Stati occidentali potrebbero votare a favore della risoluzione pro-palestinese se Gaza venisse lasciata fuori, a meglio sottolineare che Abbas è un moderato che persegue fini pacifici e non intende negare l'esistenza dello Stato di Israele e tanto meno compiere atti terroristici contro quello Stato.

 

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