Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/08/2011, a pag. 24, l'intervista di Alain Elkann ad Amos Gitai dal titolo " La primavera araba ispira anche Israele ".
Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Lettera da Gerusalemme di Angelo Pezzana del 03/08/2011 (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=40847).
Amos Gitai, Alain Elkann
Amos Gitai, che sta accadendo in questi giorni in Israele?
«Ha cercato una grande dimostrazione. Gli israeliani si sono ispirati alla cosiddetta “Primavera araba” e si sono ribellati al governo Netanyahu. Se cammini per le strade di Tel Aviv in questi giorni, sotto i ficus lungo i viali nelle ultime settimane sono state costruite tende da ragazzi tra i 20 e i 30 anni, tutti studenti. Si ribellano perché l’economia è controllata da una decina di famiglie che centralizzano tutto il potere».
Che tipo di rivolta è?
«È una rivolta popolare che non si è mai vista prima in Israele. La gente della mia generazione faceva la guerra o parlava di negoziazione di pace ma non si interessava alla vita economica, alla vita quotidiana del paese. L’ultimo sondaggio apparso sul giornale “Ha’aretz” dice che Netanyahu ha perso il 20 per cento dei consensi nelle ultime settimane».
Ma qual è la vera protesta?
«È quella dei giovani che non hanno accesso alle cose, al potere. Loro vorrebbero giustamente più infrastrutture, più treni, più autobus».
E come ha risposto il premier a queste ribellioni?
«Netanyahu ha convocato una conferenza stampa e ha fatto naturalmente grandissime promesse, ma questa ribellione che sembrava limitata solo a Tel Aviv adesso si è allargata anche alle città di Haifa e Gerusalemme. È una rivolta sul welfare state».
Lei dice che c’è un rapporto con il fenomeno arabo, con i paesi del Maghreb e del Medio Oriente?
«La gente è più abituata alle nuove tecnologie e comunica molto più facilmente al di là delle frontiere».
E lei che cosa ne pensa?
«Lo spirito umano deve rinnovarsi, la gente non vuole più essere strumentalizzata e non vuole che il potere finanziario determini tutto».
Girerà un film su questo?
«Non credo, perché un film prende molto tempo ma come cittadino sono entusiasta di quanto vedo in questi ultimi tempi. Netanyahu deve fare i conti con una coalizione di estrema destra molto forte e questo mi faceva interrogare sul futuro di Israele. Ma adesso è successo qualcosa di inaspettato e poco politicizzato».
Lei ha figli. Come guardano alla rivolta, secondo lei?
«Uno dei loro amici è fra i leader della rivolta. Israele è un paese molto vivo, credo si stia reinventando e solo così forse uscirà dal giogo conservatore nel quale oggi è costretto».
E per quanto riguarda la pace?
«A settembre i palestinesi faranno una petizione per essere riconosciuti come uno Stato membro delle Nazioni Unite, e questo credo sia una buona cosa. Se c’è un partner palestinese moderato sarà certo una cosa molto importante, ma staremo a vedere, fino a settembre tutti stanno ad aspettare. Io sono in favore della pace, naturalmente, in favore dei due paesi che dialoghino tra loro».
La rivoluzione di primavera in Egitto e Tunisia, porterà a una situazione migliore o peggiore?
«Se rimarrà in mani secolari sarà una cosa molto positiva, se prenderà il sopravvento un movimento islamico estremo sarà più pericoloso».
Quando i siriani hanno mandato dimostranti per confrontarsi con le forze israeliane molti di loro hanno disertato.
«Io credo che chi ha usato la strategia di essere il nemico di Israele per diminuire lo stress interno dei propri Paesi non abbia scelto la strategia più efficiente, ma quella sbagliata».
Siamo a un punto di svolta?
«È un momento molto importante per pensare a come cambiare, a come trovare una maggiore cooperazione. L’Egitto è un paese con una larga maggioranza di giovani».
E Israele?
«L’Europa ha un problema in questo senso, è un continente vecchio, Israele come altri paesi del Medio Oriente, ha una forte popolazione giovanile».
Gitai, quali sono i suoi progetti personali?
«Verrò in Italia con due progetti: sarò a Torino al Museo del cinema agli inizi di novembre fino a gennaio dove proporranno una retrospettiva dei miei film e ci sarà una mostra che si inaugura il 3 novembre curata da me sul lavoro di mio padre Munio Gitai, che era un famoso architetto del Bauhaus e che ha lavorato moltissimo in Israele. A gennaio poi pubblicherò le lettere di mia madre Efratia Gitai e il mio editore sarà Bompiani. Ho anche in progetto una grande mostra a Milano che sto mettendo a punto con il nuovo assessore alla Cultura Stefano Boeri. Si tratta di elementi monografici su di me, sui miei film e naturalmente sul mio Paese. Sarebbe molto bello che l’uscita del libro di mia madre e la mostra milanese coincidessero».
E non ci sono film in programma?
«Sto lavorando a un thriller e anche all’adattamento cinematografico di un romanzo di Aharon Appelfeld, “Tzili”. Spero che vi sia anche un coproduttore italiano, che potrebbe essere Riccardo Tozzi, e forse anche Rai Cinema».
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