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Il Foglio Rassegna Stampa
04.08.2011 Libano, la leadership di Hezbollah sotto attacco
cronaca di redazione del Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 04 agosto 2011
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Arresti e attentati, il vertice di Hezbollah è scosso da dentro»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 04/08/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Arresti e attentati, il vertice di Hezbollah è scosso da dentro ".

Roma. La leadership di Hezbollah, il gruppo militare e politico libanese, è sotto attacco. Ci sono arresti compiuti con pretesti poco credibili, attentati misteriosi, tensioni che arrivano fino ai vertici della struttura del movimento sciita. Gli episodi accaduti negli ultimi giorni, ma subito scivolati nelle pagine interne dei giornali di Beirut, dimostrano che l’insofferenza della base, che guarda con sempre maggiore freddezza al sostegno (ideologico e forse anche operativo) che il Partito di Dio sta dando al regime di Damasco non è il solo problema. Secondo il quotidiano kuwaitiano al Siyasa, ieri il Partito di Dio ha arrestato una cinquantina dei propri uomini, accusati di tramare disegni sovversivi ai danni del parito stesso.
Alcune imputazioni sono gravi: avrebbero aiutato l’opposizione iraniana, inviato armi e finanziamenti ai ribelli siriani e collaborato con l’arcinemico Israele. L’accusa più credibile è quella di essere coinvolti nell’omicidio mirato di Imad Mughniyeh, il massimo comandante militare di Hezbollah, ucciso da un’autobomba a Damasco nel febbraio 2008. Mughniyeh, che aveva sulla testa una taglia da cinque milioni di dollari dell’Fbi, era al vertice della strategia terroristica dei miliziani sciiti libanesi. La sua uccisione era stata attribuita da molti analisti – ma non da tutti – a una operazione dei servizi segreti israeliani. La rabbia dei vertici di Beirut rivela quanto è ampia la crisi interna al Partito di Dio: fra i cinquanta arrestati, tre sono figli di comandanti di primo piano. Ai loro genitori, come riporta al Siyasa, sarebbe stato addirittura detto che “sono morti da martiri, durante un’esercitazione o in una missione all’estero, in Yemen, Siria o Bahrein”. In realtà sarebbero stati trasferiti in Iran, dove potrebbero essere interrogati senza troppe buone maniere.

Esplode la stanza della riunione segreta
Venerdì notte, al decimo piano di una palazzina nel quartiere di Dahiyeh, nella zona sud di Beirut, c’è una violenta esplosione. Il boato suona subito sospetto, considerato che Hezbollah ha il suo quartier generale proprio in quella zona della capitale. Il Partito di Dio diffonde in tutta fretta una propria versione dell’accaduto, sull’emittente televisiva organica alla causa, al Manar Tv: macché granata, è semplicemente esplosa una bombola del gas, “nell’incidente nessuno è rimasto ferito, ci sono soltanto danni all’edificio”. Il ministro degli Esteri libanese in persona, Adnan Mansour, esclude che si tratti dello scoppio di un arsenale nascosto nell’abitazione: “Non ci sono depositi di armi a Dahiyeh – dice Mansour – sono pronto a visitare la zona con chi vuole, vedrete, non troveremo assolutamente niente”. Ci sono alcuni dettagli, però, che non convincono. Non si capisce perché, sulla scena di un incidente domestico come tanti, gli apparati di sicurezza libanesi trovano un cordone di uomini di Hezbollah, che impedisce l’accesso agli investigatori e spara in aria per allontanare i curiosi. L’appartamento esploso, poi, a chi appartiene? Secondo fonti israeliane, è l’ufficio di Mustafa Mughniyeh, figlio di quel leggendario comandante Mughniyeh del cui omicidio sono accusati gli arrestati di ieri. Mustafa ha raccolto degnamente l’eredità del padre, salendo a sua volta tra i vertici operativi del Partito di Dio. Secondo l’emittente israeliana Channel 10, Mustafa Mughniyeh era nell’appartamento, ma è stato visto uscire giusto cinque minuti prima dell’esplosione. L’agenzia statale libanese dice che c’è un ferito, che poi si aggraverà fino a morire. La versione ufficiale vuole che sia una delle guardie del corpo di Mustafa Mughniyeh. La ruota delle speculazioni, però, non si ferma. Il sito internet giordano Albawaba. com scrive che in realtà, a essere ferito dall’esplosione, è un ufficiale di Hezbollah, Mustafa Badreddine, uno dei quattro ricercati dal Tribunale speciale internazionale per il Libano – nonché cognato di Imad Mughniyeh. Sulla sua testa pende un mandato d’arresto internazionale, perché, secondo il Tribunale speciale, è tra i responsabili dell’attentato in cui nel 2005 è stato ucciso l’ex premier libanese Rafiq Hariri. Il portale locale Lebanon Files, però, dice che il ferito sarebbe Samir Kuntar, un terrorista sciita che in un attacco ha ucciso la piccola israeliana Einat Haran, di soli quattro anni. Detenuto in Israele, è tornato in patria grazie a uno scambio di prigionieri tra Gerusalemme e il gruppo di Beirut. Alcuni testimoni l’hanno visto sulla scena dell’esplosione, gravemente ferito, subito sottratto agli sguardi indiscreti da uomini di Hezbollah. Cosa ci faceva Kuntar a casa di un quadro del Partito di Dio venerdì sera, prima di essere sorpreso dall’ “incidente”? Secondo fonti d’intelligence egiziane, subito riprese dai media nella regione, Kuntar e Mustafa Mughniyeh erano bersagli minori, per quanto “legittimi”, dell’esplosione. Il vero obiettivo sarebbe stato il leader di Hezbollah in persona, Hassan Nasrallah, che avrebbe dovuto tenere una riunione con i vertici del partito, Kuntar compreso, nell’appartamento saltato per aria. Non è chiaro se Nasrallah abbia realmente partecipato all’incontro notturno. Al momento non c’è alcun elemento che induca a sospettare che sia stato ferito – per quanto sia verosimile che a morire non sia stata soltanto un’anonima guardia del corpo. Per le fonti egiziane, il mandante è ovvio: Israele. E chi se no?

Chi di pugnale ferisce
Il potere di Hezbollah, in Libano, è cresciuto oltre misura e ora deve guardarsi anche dal fuoco amico. Le frizioni con l’altro movimento sciita Amal stanno sfociando in episodi fratricidi, alimentati dal risentimento per lo strabordare del Partito di Dio. Nella notte tra martedì e mercoledì, cinque persone sono rimaste ferite in una rissa a colpi di pugnale e bastone tra un gruppo di Amal e uomini di Hezbollah, nella cittadina di Adaisseh, vicina alla Linea blu che divide Libano e Israele. E’ intervenuto l’esercito, che ha arrestato e interrogato dieci persone – nonostante la gente del posto avesse bloccato la strada per tenere lontani i militari. Il quotidiano libanese Daily Star scrive che è l’ultimo atto di una scia innescata da miliziani di Hezbollah, arrivati in città la settimana scorsa, in polemica con alcuni membri locali di Amal. La provocazione è degenerata in una lite, poi sono saltati fuori i coltelli e in tre sono rimasti feriti. La rissa di martedì sera è il risultato di una tentata riconcliazione tra le due fazioni, che si erano date appuntamento per mettere una pietra sopra alla lite precedente.

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