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Multiculturalismo e integrazione 30/07/2011
Giuste e opportune le parole di Magdi Allam sulla strage del folle Breivik: ‘Il razzismo che esplode, nel contesto del multiculturalismo, emerge come brutale e irrazionale reazione, assolutamente ingiustificabile e inaccettabile, da parte di chi arriva a legittimare il massacro di chi è considerato il responsabile della perdita della nostra civiltà’.
L’intelligenza aborrisce ogni forma di terrorismo. Noto, però, che per colpa di un individuo mentalmente disturbato, rischia di nascere un clima di facile accusa e irrazionali conclusioni, rivolte a chiunque non condivida la politica laburista, o non ami un’immigrazione massiva senza regole (non parlo della Norvegia) ma rifugga con orrore dalla violenza e ogni forma di sopruso, mai sognandosi di impugnare un fucile.
Non mi è piaciuto l’articolo di Feltri su autodifesa e gruppo, ma non condivido neanche l’articolo di Veltroni: sembra che la colpa del massacro sia ‘una destra incivile che accende i fuochi dell’odio per le sue piccole politiche di potere’; ci manca solo il dar colpa ad una certa ‘borghesia’, o a ‘Lor Signori’, e siamo punto a capo.
Non è così semplice: la lotta di classe non riesce a, e non desidera, combattere terrorismo e massacri. Riflessioni su multiculturalismo e integrazione: non dobbiamo guardare con sospetto la famiglia tunisina, egiziana o marocchina che ci abita a fianco, in Italia da anni, seria e lavoratrice, ormai integrata nella lingua e nelle tradizioni. Il problema è, invece, una violenza (con cui Israele convive da più di 63 anni e più) che sembra lontana da noi, ma non lo è. Eppure ha trasformato progressivamente il mondo rendendolo ‘piccolo’: l’11 settembre 2001, Madrid, kamikaze a Londra, 10 attacchi terroristici avvenuti a Mumbai nel 2008, strage nel centro turistico di Sharm el Sheikh, le minacce dall’Iran, l’atomica di Teheran.
L’odio dell’integralismo islamico, intollerante verso simboli religiosi come il Crocifisso, una Madonnina, o un Buddha, o verso un Islam ‘soft’ e moderato, ci devono far pensare che non c’è affatto reciprocità. Sono inammissibili le stragi di cristiani effettuate, a sangue freddo, in vari paesi di religione islamica, come in Egitto verso i copti, o episodi estremi di odio e intolleranza.
Nel nostro paese stragi di islamici nessuno le pensa, né le attiva. I cristiani non devono certo sottrarsi all’accoglienza e alla protezione. Ma questo nostro atteggiamento comporta l’assoluta necessità da parte dei nuovi arrivati, di una rigorosa reciprocità di diritti e doveri. È essenziale fermarsi per un attimo a pensare.
Diventa naturale ritenere che anche i cristiani (e gli ebrei, con le sinagoghe) hanno pieno diritto di costruire chiese e testimoniare la loro fede in paesi che invece negano nella loro Legislazione questo diritto. Reciprocità genera gratuità, accoglienza e integrazione.
La reciprocità è una valore non negoziabile ma lo deve essere da ambo le parti. E’ nel nostro interesse capire bene gli aspetti religiosi dell’Islam, per esser capaci di capirne i confini di tolleranza e adattabilità all’occidente, alla democrazia. Non si può chiamare, banalmente, ‘razzismo’ o ‘xenofobia’ la preoccupazione per l’Islamismo (detto Islam politico) e per la Jihad globale. Vuol dire dimenticare, o ignorare, il numero impressionante di vittime, occidentali e orientali, del terrore e delle bombe.
Un insieme di dottrine e pratiche politiche che mirano alla creazione di uno Stato, che trovi nella religione islamica i principi guida per regolarne la sfera economica, politica e sociale, oltre che religiosa: questa è la Jihad globale. Al - Qaeda, una rete internazionale, vista in una prospettiva storica, e' un ritorno estremo al movimento politico islamico nato in Egitto negli anni Venti. La differenza che sussiste però tra al Qaeda e la Fratellanza musulmana risiede in un aspetto molto importante: mentre molti islamisti credevano nella "rivoluzione in uno stato per volta", i nuovi islamisti credono nel jihad globale, ossia in una rivoluzione che miri a destabilizzare tutti i Governi dittatoriali del medio Oriente e dell'Africa del nord. In casi estremi questa lotta mira anche a paesi dell'Occidente.
L’Islam politico è soprattutto una lotta globale contro i "soffocatori dell'Islam’’. E’ però una lotta tutt’altro che pacifica, forte, aggressiva, senza libertà di parola e di pensiero. L’opposto della democrazia.
Evidente è che la lotta ai ‘soffocatori dell’Islam’ non è un segno di reciprocità. Da guardare con sospetto non è il vicino di casa o il collega di lavoro, ma qualcos’altro, dalla forza enorme e subdola. Non si possono, nemmeno in questi giorni, dimenticare l’11 settembre 2001, il terrorismo palestinese, Shalhevet Pass (uccisa a dieci mesi!), la famiglia Fogel, Kobi, Yossi, Danielle e tutti gli israeliani uccisi in nome di una lotta (ha un senso, o una giustificazione? Non è ‘resistenza’, è omicidio efferato) le bombe suicide in Israele, dirottamenti aerei, minacce di Ahmadinejad, l’atomica di Teheran; leggiamo i libri dei resistenti torturati dal regime iraniano, per capire cos’è un regime del terrore.
Numerosissimi musulmani, anche bambini, torturati e uccisi perché accusati da Hamas di collaborare con il ‘nemico sionista’. Nessuno difende i valori della vita, i diritti del’uomo, la tolleranza, dove regna indisturbato il terrore. Vie di sopravvivenza a questa potente ‘lotta’, visibile e invisibile, sono esigere reciprocità, tolleranza, volontà di salvare, per davvero, vite umane.
L’Europa recuperi il rispetto di sé e dei suoi valori, che stanno svanendo nel falso ‘buonismo’, nel consumismo e nell’egoismo.
Rossella Menozzi

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