Da AGENZIA RADICALE, Elena Lattes incontra Dan Bahat, famoso archeologo isrealiano, in Italia per un giro di conferenze.
Dan Bahat
E' un uomo simpatico e molto alla mano, ma con una vastissima cultura, sia storica e geografica che biblica e di letteratura religiosa; ha scavato in tutta Israele ed è protagonista dei più importanti ritrovamenti: da Masada a Gamla, passando per Gerusalemme e Cesarea. Dan Bahat, forse il più famoso archeologo israeliano, è venuto in Italia per un ciclo di conferenze e si è fermato anche a Roma dove ha parlato in una sala gremita da persone attente a non farsi sfuggire neanche una parola. Ha spiegato al folto pubblico i problemi legati al suo mestiere, uno dei quali è sicuramente quello di stabilire il confine tra le varie discipline: dove finisce, per esempio, il compito dell'archeologo e cominciano quelli dello storico, del critico d'arte, del letterato o del teologo? Un altro non meno importante è quello del rispetto della sacralità dei luoghi. Israele, infatti, è un Paese ricco di storia e ha un grande valore per molte religioni, così quando si scava o si fa ricerca bisogna tenere conto di tutte le esigenze e tradizioni. Benché a Gerusalemme i primi archeologi a metà del diciannovesimo secolo fossero ebrei desiderosi di trovare le radici della propria cultura, i lavori furono inizialmente incentrati sulla letteratura cristiana e araba. Nonostante questo, di tracce musulmane ne vennero rinvenute poche dato che la città non era mai stata al centro della cultura islamica. Acquistò valore soltanto in due periodi specifici: durante le Crociate e dopo la ricostituzione dello Stato di Israele. Le famose moschee Cupola della Roccia e Al Aqsa (che in arabo vuol dire "la più lontana", la più lontana, infatti, dalla Mecca) furono costruite su imitazione delle basiliche prima ivi esistenti (per quanto riguarda il tipo e la forma dell'edificio, compresa la cupola dorata analoga a quella del Santo Sepolcro costantiniano) e su ispirazione della Bibbia ebraica (per quanto riguarda il posto, dove secondo la tradizione avvenne il tentato sacrificio di Isacco). I due luoghi sacri durante la dominazione arabo-turca furono quasi abbandonati per essere poi ristrutturati sotto il Mandato Britannico e dopo la Guerra dei sei giorni (1967, quando Israele prese il controllo di tutta la città). La capitale della regione per i musulmani, prosegue Bahat, era Ramle (a sud est di Tel Aviv sulla strada per Gerusalemme), unica città fondata dai mamelucchi nell'ottavo secolo e le sole altre moschee importanti nel passato si trovano a Gaza e a Nablus (Shechem). Tutte e tre costruite su precedenti basiliche dedicate a San Giovanni Battista che a loro volta avevano preso il posto di sinagoghe. Tutta questa situazione, unita al fatto che gli arabi per motivi politici e strumentali ora negano le radici ebraiche e cristiane, sostenendo che tutto quel che è stato trovato è falso, rende ancora più complicato il mestiere dell'archeologo in quelle terre. Tuttavia i governi israeliani facilitano gli scavi, la ricerca e anche il commercio dei reperti obbligando, però, i venditori a dichiarare da chi hanno comprato gli oggetti e a chi li ritrasferiscono. Nel Paese infatti arrivano squadre di archeologi provenienti da tutto il mondo, poiché Israele è l'unico Stato liberale della regione che permette l'intervento di chiunque. In questo modo, secondo Bahat, vengono scoraggiati i traffici illeciti mantenendo ugualmente un controllo su tutto quel che viene trovato e sulle relative destinazioni.
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