Su LIBERO di oggi, 27/07/2011, a pag. 16, con il titolo " Sei mesi di rivolte e il mondo arabo è peggio di prima ", Andrea Morigi analizza la 'primavera araba':
Sfiorisce sotto il solleone estivo la primavera araba. Perfino i militari egiziani desidererebbero «che il processo di transizione fosse più rapido» e si dichiarano non interessati a mantenere il potere, come assicura il generale Mohamed Al Assar. È il numero due del Consiglio Supremo delle Forze armate che ha preso il potere in Egitto dopo la caduta di Hosni Mubarak. Ma, siccome la natura aborre il vuoto, nel frattemposono loroariempirlo. Rimandanole elezioni e le riforme, benché «non siamo dittatori », assicura Al Assar, che sceglie un convegno a Washington per allontanare ogni sospetto dal Consiglio: non ha obiettivi politici e si conforma alla volontà del popolo, che in gran parte lo sostiene. Non ne sono così convinti i manifestanti del movimento 6 aprile, che accusano i militari di imporre decisioni in modo autoritario e di non fare abbastanza per assicurare alla giustizia gli esponenti del passato regime. Lo testimoniano anche gli scontri del Cairo di domenica scorsa, che hanno provocato 300 feriti. Alla giustizia civile, invece, sembra che si stia sostituendo la legge islamica. Ieri, come riferisce Asianews, la Commissione del consiglio di Stato egiziano ha condannato Sayyd Al Qemny, famoso intellettuale e ricercatore di scienze sociali, per le sue critiche al mondo islamico moderno. L’attivista è stato costretto a restituire lo State Merit Award, premio offerto dal ministero della Cultura del valore di oltre 20mila euro, vinto nel 2009 per il suo contributo alle scienze sociali. Secondo il tribunale il riconoscimento viene pagato con soldi pubblici e non è giusto che i contribuenti finanzino chi scrive contro l’islam. L’atmosfera al Cairo non appare insomma così diversa dal clima che si respira a Riad, dove i governanti sauditi stanno lavorando a una legge antiterrorismo che, benché sia ancora in bozza, è già finita nella lista nera di Amnesty International. L’organizzazione vi intravvede potenziali «violazioni dei diritti umani» e «una seria minaccia per la libertà di espressione nel Regno, in nome della lotta al terrorismo» in quanto la nuova normativa «spianerebbe la strada a considerare come atti di terrorismo persino piccole azioni di pacifico dissenso». Alla guerra santa, in ogni caso, non si rinuncia. Era un terrorista saudita di Al Qaeda il “martire suicida” che domenica scorsa si è fatto esplodere nella città portuale yemenita di Aden, contro un convoglio militare, uccidendo cinque soldati e ferendone altri 25. E ieri, a 60 chilometri da Algeri, sono stati uccisi tre terroristi che tentavano di entrare nella capitale a bordo di due automobili imbottite d'esplosivo. È come se i popoli del Medio Oriente, delusi dall’esito delle rivolte, avessero abbandonato il progetto di conquistare la democrazia. Tanto meno con mezzi pacifici.
Per inviare a Libero la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante