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La Stampa Rassegna Stampa
27.07.2011 Ecco come si protesta in Israele
La cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 27 luglio 2011
Pagina: 19
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Gli indignati di Tel Aviv chiedono la testa del premier»

Sulla STAMPA di oggi, 27/07/2011, a pag. 19, con il titolo " Gli indignati di Tel Aviv chiedono la testa del premier " - un titolo fin troppo urlato rispetto al tono equilibrato dell'articolo - Aldo Baquis racconta la civile protesta contro il caro vita in Israele. Come già il pezzo di Davide Frattini, sul CORRIERE della SERA di ieri, un articolo che dimostra come nella democrazia israeliana si svolgono le manifestazioni di protesta. MANIFESTO e UNITA'- e diverse altre testate che i nostri lettori conoscono -  leggano e imparino.
Ecco il pezzo:


Tende in Boulevard Rothschild

Malgrado la confortevole maggioranza in Parlamento, nelle ultime settimane il governo di Benyamin Netanyahu comincia a tentennare. Il premier si sente sotto assedio. I sondaggi di popolarità sono disastrosi: ormai solo un israeliano su tre lo reputa all'altezza della situazione. Riunioni ministeriali di emergenza si susseguono a ritmo serrato e anche un viaggio ufficiale di appena sei ore in Polonia è slittato. Perché alla porta del leader del Likud bussa con insistenza una questione che non ammette più deroghe: la protesta sociale.

Due settimane fa gli «indignados» israeliani si sono affacciati di buon mattino nel salotto buono di Tel Aviv: quel tratto del Boulevard Rothschild (dove nel 1948 David Ben Gurion proclamò l’indipendenza di Israele) che si affaccia sulla elegante piazza del teatro nazionale Habima e dell'Auditorio Mann, sede della Filarmonica israeliana. Dopo aver piantato fra gli alberi una decina di tende, hanno annunciato al Paese di essere stufi di pagare affitti da strozzini e hanno invocato un intervento immediatodel governo.

La prima reazione del Likud è stata di stizza. «Viziati! Pretendono di vivere nel centro di Tel Aviv... ma vadano ad abitare in periferia», ha commentato la parlamentare Miri Regev, che pure è persuasa di rappresentare nel suo partito le istanze sociali. L'effetto è stato immediato: in pochi giorni gli accampamenti di protesta si sono estesi anche a città e zone periferiche. E il Boulevard Rothschild si è trasformato in una specie di Hyde Park dove ormai centinaia di giovani discutono di questioni sociali fino a notte fonda, fra concerti e spettacoli improvvisati. Sui giornali economici hanno letto che Israele ha superato con alti voti la crisi mondiale. Eppure i loro stipendi sono bassi, insufficienti a sopperire ad esigenze minime: il Boulevard dedicato a Lord Rothschild sembra loro il posto migliore per innalzare una prima barricata.

Il malcontento serpeggia anche negli ospedali (da quattro mesi in agitazione), fra gli assistenti sociali, nelle università. Nei supermarket una insurrezione di massaie ha imposto una riduzione dei prezzi di alcuni generi alimentari e dei pannolini. Proteste diverse si tengono ora per mano: sabato 30 mila persone hanno aderito a Tel Aviv alla più importante manifestazione sociale degli ultimi anni.

Ieri Netanyahu ha annunciato una serie di provvedimenti tecnici che dovrebbero alleviare la situazione. Agli israeliani ha detto che la sua notoria fede nel libero mercato resta incrollabile «perché crea benessere». Eppure, ha aggiunto, la protesta è comprensibile. Adesso, ha concluso, occorre destinare le risorse nazionali a fini sociali.

Gli «indignados» hanno seguito la conferenza del premier attraverso grandi schermi disseminati fra gli alberi del Boulevard Rothschild. Con fischi ed urla hanno commentato la sua disponibilità ad aiutare gli universitari, sorvolando su altre questioni. «È chiaro, vuole dividerci», ha denunciato Dafna Lif, una delle animatrici della protesta. «La sua è una politica cinica, menzognera. Altro che riforme: continua a dare le terre pubbliche agli imprenditori edili, ai capitalisti».

Finora gli eterogenei «indignados» di Tel Aviv non hanno tuttavia espresso rivendicazioni concrete, né hanno elaborato analisi di ampio respiro della società israeliana. «Qui si scontrano due modi di pensare spiega la ricercatrice Emily Silberman - Per Netanyahu il problema è tecnico: immettere sul mercato un numero maggiore di appartamenti in tempi brevi. Ma questi giovani si rifiutano di essere irregimentati in quartieri-dormitorio. Non sono consumisti. Vogliono vivere in metropoli elettrizzanti: vogliono dare sfogo alla loro creatività, al loro spirito di libertà». Colti e squattrinati al tempo stesso, gli «indignados» non si immedesimano nel modello piccolo borghese prospettato dal governo Netanyahu e chiedono un cambio di rotta.

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