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Ho letto l'articolo di Ugo Volli sulla questione del riconoscimento di Israele come stato ebraico che, per molti, e' centrale nel processo di pace. Io, a differenza di Volli, trovo l'argomento molto complesso, scivoloso e problematico. Da un lato esiste la necessita' per israele di rappresentare non uno stato qualsiasi ma il rifugio di un popolo, quello ebraico, che ha subito nei secoli sistematiche persecuzioni, dall'altro, come lo stesso Volli sottolinea, in europa e altrove ogni qual volta non si e' rispecchiato un confine entico ci sono stati problemi. Israele, gia' ora, ha non una semplice minoranza ma una consistentissima fetta di popolazione araba, circa il 25%. La questione non e' semplice da risovlere, anche in assenza di eventuali ritorni di profughi. puo' uno stato in cui, bene o male, vivono due popoli, dichiararsi solennemente come la casa di uno solo di loro? in canda, ad esempio, vivono francofoni e anglofoni, che accadrebbe se domani il canada si autodicharasse come stato anglosassone? come reagirebbero gli abitanti del quebec? e ancora cosa accadrebbe se, un domani, gli arabi passassero dal 25 al 35? o al 40%? ci sarebbe uno stato ebraico abitato da un 40% di non erbei! insomma la questione mi appare davvero difficile e ardua da risolvere, soprattutto laddove si arrivasse davvero a un contesto di pace che, inevitabilmente, rafforzerebbe numericamente la parte araba, perche' israele e' uno stato di pochi milioni di ebrei circondato da centinaia e centinaia di milioni di arabi. risponde Ugo Volli: Israele è stato fondato come "national home" del popolo ebraico.. Così la dichiarazione Balfour, il trattato di San Remo, la delibera dell'Assemblea Generale dell'Onu che nel '47 abrogava il mandato britannico di Palestina, per dar luogo a due stati, uno "ebraico e uno arabo" (come è noto quello ebraico fu immediatamente fondato, quello arabo no, e al posto della costruzione dello stato gli arabi scelsero di tentare una guerra di sterminio contro gli ebrei). |
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