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Ugo Volli
Cartoline
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Perchè lo Stato ebraico

Perché lo stato ebraico
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli


Theodore Herzl

Cari amici, non se n'è parlato molto, perché altre cose più importanti come la gloriosa flottiglia premevano, ma la diplomazia intorno al conflitto fra Israele e i palestinesi continua a  lavorare, ed è interessante capire cosa succede.
Di recente si è riunito il Quartetto, cioè quel gruppo che comprende Usa, Russia, Unione Europea, Onu, che dovrebbe essere l'arbitro del negoziato.
La riunione, dicono tutte le fonti, è sostanzialmente fallita.
C'era una proposta di accettare l'impostazione territoriale di Obama (istituzione dello stato palestinese con confini basati sulle linee armistiziali del '49 più scambi condivisi da entrambi), con la compensazione a Israele del suo riconoscimento di stato ebraico), ma si è opposta la Russia, che conserva l'eredità strategica dell'Urss di fare la protettrice del mondo islamico e dunque non solo fornisce i reattori nucleari con cui l'Iran sta producendo l'atomica, ma arma la Siria di Assad e la protegge contro i dimostranti e le condanne dell'Onu. (http://www.haaretz.com/print-edition/news/quartet-efforts-failed-over-jewish-state-recognition-1.372926) .

La ragione del fallimento è dunque la definizione di israele come stato ebraico (http://www.islamonline.net/en/IOLArticle_C/1278408803792/1278406720653/IOLArticle_C) . La posizione russa riflette perfettamente quella dell'Autorità Palestinese, che si rifiuta categoricamente di parlarne (ecco le dichiarazioni di Muhammed Abbas, presidente dell'AP: in video http://israelmatzav.blogspot.com/2009/04/video-abu-mazen-rejects-israel-as.html e qui in italianohttp://www.focusonisrael.org/2011/06/20/stato-ebraico-riconoscimento-abu-mazen/) . Sembra una questione di poco conto, rispetto alle "colonie", a Gerusalemme, al "rientro" dei "rifugiati", ma non lo è affatto, perché riguarda lo stato finale del conflitto, insieme a una dichiarazione di risoluzione definitiva della controversia, che i palestinesi si rifiutano di prevedere, anche dopo che un eventuale trattato sarà fatto e firmato. La ragione è la tattica del salame: iniziare col rivendicare i "confini del 67", come fanno oggi, poi passare a quelli molto più ristretti della proposta di divisione dell'assemblea dell'Onu nel '47, che furono rifiutati proprio dagli arabi, e cercare alla fine di sommergere quel che restasse di Israele con l'aiuto demografico dei "rifugiati".
Dunque accettare Israele come stato ebraico significa voler la pace per davvero, non solo come tregua tattica di un progetto di conquista (o riconquista, se vi piace) di lungo periodo. Solo con questa premessa sarà possibile discutere seriamente su confini e sicurezza.

Ma non vi sono delle riserve democratiche su uno stato che si definisce ebraico? Non diverrebbe confessionale per questa definizione? Non è affatto così. Anche ignorando che il mondo arabo è pieno di Repubbliche Islamiche e perfino in Europa paese considerati molto democratici come la Danimarca e la Norvegia hanno nella loro costituzione l'appartenenza a una determinata confessione cristiano riformata (e perfino in Gran Bretagna, che come è noto non ha una costituzione scritta, il sovrano è per legge automaticamente capo della Chiesa anglicana), c'è il fatto che ebreo non è tanto il fedele a una religione, ma il membro di un popolo. Ci sono ebrei atei, come i palestinesi e i russi sanno benissimo.
Ma non sarà antidemocratico uno stato di un popolo, non escluderà tutti gli altri? Al contrario, la democrazia si è estesa in Europa nell'Ottocento, proprio sulla base della rivendicazione di uno stato per un popolo, che è per esempio la base mazziniana del nostro Risorgimento. Il che non impedisce naturalmente che possano esserci minoranze e che queste debbano essere garantite.
Ma la pace in Europa si conserva proprio sulla sostanziale corrispondenza fra confini statuali e confini nazionali, quando questo non accade vi sono conflitti più o meno violenti, come è successo trent'anni fa in Unione Sovietica e venti nell'ex Jugoslavia. Sulla possibilità di uno "stato ebraico" vi consiglio di leggere questo bel contributo in inglese: http://blogs.cfr.org/abrams/2011/07/14/can-israel-be-a-jewish-state/#more-1415.

Del resto la divisione fra uno "stato arabo e uno stato ebraico" è il contenuto continuamente ribadito della deliberazione dell'Onu del '47 (http://domino.un.org/UNISPAL.nsf/2ee9468747556b2d85256cf60060d2a6/07175de9fa2de563852568d3006e10f3). Dunque Israele nasce come stato ebraico non solo dal punto di vista del progetto politico sionista, ma anche della legittimazione internazionale.
Una cosa è certa: Israele vivrà, sarà qual che è, solo come stato ebraico, perché questo è il suo senso storico.

Ugo Volli

PS:  A proposito di trattative, sapete che sembra che i palestinesi stiano rinunciando alla strombazzatissima richiesta all'Onu di essere riconosciuti a settembre come stato?  (http://www.jpost.com/DiplomacyAndPolitics/Article.aspx?id=230151) Si sono accorti, a quanto pare, come per il "congelamento delle colonie" di essersi dati un obiettivo politico irrealistico. Solo che il congelamento serviva a bloccare le trattative mentre il fallimento del voto dell'Onu metterebbe a dura prova il loro governo, perché sarebbe una violazione dei trattati di Oslo che chiuderebbe la collaborazione con Israele, e provocherebbe anche forse notevoli sconquassi di piazza. Come si dice in inglese, l'ANP di Muhammad Abbas ha la passione di arrampicarsi sugli alberi fino a rami da cui non sa ridiscendere. 


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