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La Stampa Rassegna Stampa
19.07.2011 Chi era Hawass, l'archeologo sfuggito al linciaggio ?
Lo raccontano Mastrolilli e Sabadin, ma IC completa il ritratto

Testata: La Stampa
Data: 19 luglio 2011
Pagina: 1
Autore: Paolo Mastrolilli-Vittorio Sabadin
Titolo: «Hawass, la caduta dell'ultimo faraone»

Sulla STAMPA di oggi, 19/07/2011, a pag.1-17, due servizi sull'ormai ex direttore del Museo Egizio del Cairo, il potente Zahi Hawass. La cronaca è di Paolo Mastrolilli, il commento di Vittorio Sabadin.
Di nostro aggiungiamo alcune osservazione, tanto per completare il ritratto di un personaggio che ci ricorda tanto il mancato responsabile cultura dell'Unesco, Faruk Hosni, dopo che venne fuori il suo odio contro Israele.
Ecco cosa pensa il nostro Hawass degli ebrei:


http://www.memri.org/report/en/0/0/0/0/0/0/4029.htm
“Per 18 secoli gli ebrei sono stati dispersi nel mondo, poi sono andati in America, hanno preso il controllo dell’economia…e adesso controllano tutto il mondo”…

Altre sue opinioni su ebrei e Isreale, nella pagina di WIKIPEDIA:
Statements about Israel and Jews
Hawass has been a long-standing opponent of normalized relations between Israel and Egypt.[41]
In January 2009 Hawass wrote in Al-Sharq Al-Awsat that "The concept of killing women, children and elderly people... seems to run in the blood of the Jews of Palestine" and that "the only thing that the Jews have learned from history is methods of tyranny and torment - so much so that they have become artists in this field." He explained that he was not referring to the Jews' "[original] faith" but rather "the faith that they forged and contaminated with their poison, which is aimed against all of mankind."[42]
In an interview on Egyptian television in April 2009 Hawass stated that "although Jews are few in number, they control the entire world" and commented on the "control they have" of the American economy and the media.[43][44][45] He later clarified that he was using rhetoric to explain political fragmentation among the Arabs and that he does not believe in a "Jewish conspiracy to control the world".[46]

Nel sito citato ci sono altre notizie, utili per capire la natura del nostro, oltre a quanto scritto nei due pezzi che riportiamo.
Ad Hawass è andata bene, dal linciaggio è riuscito a scamparla, chissà se è riuscito a predere il primo aereo per gli Usa, dove vive sua figlia e dove si trovano le banche nelle quali ha i suoi soldi. America crudele, la cui economia è governata dai cattivi ebrei ! 
Caro Hawass, ringrazia che c'è e che ci sono, altrimenti staresti in qualche prigione cairota in attesa di un futuro poco gradevole (sempre che tu sia riuscito a filartela in aereo...)

Eddo i due pezzi dalla Stampa:

Paolo Mastrolilli:" Hawass, la caduta dell'ultimo faraone "


Zahi Hawass

Amava presentarsi come il vero Indiana Jones; ha fatto una fine politica che per
poco non si è trasformata nella fuga di Mussolini. Zahi Hawass, l’archeologo più famoso d’Egitto, non è più ministro delle Antichità. Il premier Essam Sharaf lo ha licenziato domenica sera, nell’ambito del rimpasto di governo deciso per calmare i dimostranti di piazza Tahrir, che accusano i militari di aver fatto deragliare la rivoluzione di febbraio.

La notizia è grossa, ma il modo in cui si è materializzata lo è ancora di più. Quando ha saputo che la sua carriera governativa era finita, Hawass si è diretto verso la macchina di servizio per tornare a casa. La folla però è arrivata prima di lui, circondando e distruggendo l’auto. Zahi ha usato la macchina ufficiale come esca, sperando che distraesse i manifestanti, mentre lui saltava sopra un taxi per allontanarsi come un turista qualsiasi. Lo stratagemma della fuga mascherata, però, non ha funzionato: la gente se n’è accorta e ha assalito anche il taxi. A giudicare dalle immagini che circolano su Internet, Hawass ha rischiato il linciaggio. I manifestanti si sono stretti intorno all’auto urlando e spingendo, ed è un miracolo che a qualcuno non sia venuto in mente di tirarlo fuori per trasformare la fuga in tragedia.

Per tutta la giornata di ieri il cellulare di Zahi ha dato occupato, e chi ancora gli vuole bene spera che sia riuscito a salire sul primo aereo diretto negli Stati Uniti, dove ha una figlia e svariati interessi economici. Al suo posto è stato nominato Abdel Fattah el-Banna, un restauratore di opere d’arte, che ha avuto soprattutto il merito di organizzare le proteste degli archeologi contro l’ex Indiana Jones. Ieri sera però el-Banna non aveva ancora giurato, facendo nascere il sospetto che il premier Sharaf stia ripensando alla sua nomina. Fonti locali ben informate dicono che il posto di ministro potrebbe andare presto a Muhammed el Massud, che era stato segretario di Hawass.

Ma perché tanto odio verso un archeologo? Prima di tutto perché Zahi era visto dalla piazza come un sopravvissuto del regime di Mubarak. L’ex raiss lo aveva nominato a febbraio, e durante un’intervista fatta allora il neoministro lo aveva difeso così: «Credo che i giovani di piazza Tahrir - ci aveva detto - siano manovrati da qualcuno intenzionato a sfruttarli per ottenere il potere. Hanno già ricevuto tutto dal presidente Mubarak, che ha promesso di non ricandidarsi. Perché non si siedono al tavolo del negoziato offerto loro dal governo? Il Presidente è uomo di parola». Ora fonti autorevoli insinuano che il suo appoggio a Mubarak si fosse spinto oltre le parole, favorendo il presunto furto di opere d’arte avvenuto nel Museo Egizio del Cairo e in altri siti archeologici: «Quelle opere sono state tutte ritrovate: alcune nel giardino del museo, altre lungo un’autostrada, altre ancora dentro una valigia abbandonata nella metropolitana, in cui si è casualmente imbattuto un funzionario del ministero delle Antichità. Il sospetto è che Hawass abbia quanto meno chiuso un occhio davanti ai furti, organizzati in realtà dalla polizia per fomentare il caos e dimostrare che l’Egitto non poteva sopravvivere senza il regime».

Anche se questi sospetti fossero infondati, la rabbia della piazza è legata alla certezza che Zahi si sia arricchito sfruttando i tesori nazionali. È noto che avesse un contratto da 200.000 dollari all’anno per dare notizie in anteprima al «National Geographic», ma era arrivato a lanciare persino una linea di cappelli fedora alla Indiana Jones. Li vendeva attraverso la compagnia Exhibit Merchandising, che aveva ricevuto anche l’incarico di aprire un negozio nel Museo del Cairo, un favoritismo per cui Hawass era poi stato processato. Difficile che una storia così finisse tra gli applausi del pubblico pagante.

Vittorio Sabadin: " La vendetta della sfinge "


Il Cairo, Museo Egizio

Ora che è stato deposto come un tiranno, inseguito dalla folla mentre fuggiva in taxi, Zahi Hawass ci mancherà. D’accordo, era insopportabile con quel cappello alla Indiana Jones, il protagonismo e le arroganti maniere che usava con i più deboli. Metà degli archeologi del mondo lo avrebbe volentieri seppellito vivo in qualche sarcofago, ma il suo volto era diventato familiare a milioni di telespettatori, come una rassicurante presenza in ogni documentario che riguardava l’Egitto.
Con i reperti di 5000 anni di civiltà egizia a disposizione, Hawass era la persona ideale per trovare storie da raccontare a giornali e tv: se non c’era qualche nuova scoperta era facile organizzare una «riscoperta» di qualcosa, magari nascondendo sotto la sabbia oggetti dimenticati in qualche magazzino, come raccontano malignamente i suoi detrattori. Quando una spedizione straniera trovava qualcosa di importante, era vietato ai suoi membri darne l’annuncio prima che Hawass e il suo cappello arrivassero sul posto, in tempo per le foto e le riprese tv. Chi trasgrediva veniva cacciato dall’Egitto.

Ai periodi di magra mediatica, Hawass rimediava con sensazionali annunci: a dargli retta, avrebbe trovato tunnel e stanze segrete sotto la Sfinge, la tomba di Osiride nei pressi della piramide di Chefren, quella di Cleopatra ad Alessandria, la mummia della regina Hashepsut nella tomba KV 60 nella Valle dei Re, ritrovamenti dei quali non si è spesso saputo più nulla.

A decretare la fine del regno di Hawass è stata la notizia data dal «New York Times» dei 200 mila dollari che gli venivano versati ogni anno da National Geographic per avere in pratica l’esclusiva delle riprese nei siti archeologici. La corruzione in Egitto è endemica, ma non bisogna esagerare e soprattutto non bisogna farsi scoprire. Non è detto che con il suo successore le cose vadano meglio: l’esperto di restauri Abd el Fattah el Saied el Banna si è distinto finora solo per avere guidato al Cairo l’assalto della folla alla casa di Mark Lehner, uno degli archeologi più rispettati, accusandolo di nascondere reperti rubati.

Nei giorni in cui doveva aprire una tomba, Hawass non si radeva. Temeva che se si fosse tagliato, un antico germe in letargo da migliaia di anni avrebbe potuto contagiarlo attraverso la ferita, e prendeva molto sul serio le iscrizioni che minacciavano i profanatori di essere divorati da coccodrilli e ippopotami. Se qualcosa lo ha divorato, è stata la sua arrogante ambizione: i faraoni hanno molti modi per vendicarsi.

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