Israele, finchè sarà deciso a difendersi niente potrà scuoterlo o distruggerlo
Cari amici, dopo il fallimento di flottiglie e flytille (la tentata invasione dell'aeroporto di Tel Aviv), è forse arrivato il momento di fare un piccolo bilancio. A settembre ci sarà, forse lo "tsunami diplomatico" previsto da Barak, con il riconoscimento dello stato palestinese all'assemblea generale dell'Onu, ma per ora lo stato ebraico ha confermato di essere il solo stabile e il solo sicuramente amico dell'Occidente in tutto l'arco di crisi che va dalla Libia all'Egitto alla Giordania alla Siria all'Irak, giù giù fino al Pakistan, passando per l'Iran e gli stati nella penisola araba. Il solo in cui la stampa è davvero libera. E anche il solo in cui essere diversi dalla maggioranza sia ammesso e tutelato: diversi sessualmente, cioè gay; diversi religiosamente, cioè cristiani, baha'i, buddisti, atei o quant'altro; diversi politicamente e cioè comunisti, ecologisti radicali, perfino islamisti – tutti rappresentati alla Knesset. In Israele le manifestazioni di protesta si possono fare, e se non assumono carattere violento non sono represse, tantomeno nel sangue. E' una stabilità che riguarda anche i palestinesi, che evidentemente non hanno voglia di rischiare la vita per cercare di rovesciare con la forza il "regime sionista", come fanno i siriani, gli yemeniti e ancora gli egiziani. Bisogna essere molto disperati per andare in piazza giorno dopo giorno, quando ogni manifestazione significa decine di morti. Israele non ha dovuto usare le armi in questi mesi contro le manifestazioni nel suo territorio o in Giudea e Samaria, si è solo difeso un paio di volte contro tentativi di invasione esterna. La tranquillità della piazza è un segno forte, se non di accettazione, di non disperazione da parte dei palestinesi. Pur non rinunciando alla solita retorica filopalestinese, l'Europa e anche l'America sembrano aver capito questi fatti: lo dimostra un certo mutamento di atteggiamento dell'amministrazione americana e anche l'aiuto che Israele ha avuto nel caso delle flottille a evitare le trappole tese dagli estremisti. Anche la Turchia sembra tentata a tornare a relazioni normali con Israele. Un ultimo dato positivo è che l'unificazione palestinese, che avrebbe portato alla prevalenza di Hamas sull'amministrazione di Ramallah, è sostanzialmente fallita; dopo molte proclamazioni Hamas e Fatah non sono riuscite a mettersi d'accordo sul nome del capo del governo, cioè di colui che deve gestire fra l'altro i rapporti quotidiani con Israele e con i paesi occidentali.
Resta l'incubo di settembre. Ma anche questo si sta un po' sgonfiando. L'America ha annunciato che porrà il veto alla domanda di candidatura della "Palestina" come stato membro dell'Onu; l'assemblea generale, che pure è dominata da almeno quarant'anni da paesi arabi, ex comunisti e terzomondisti, non ha il potere statutario di ammettere nuovi membri, né può decidere per conto suo di confini e altri rapporti fra stati. E' probabile che ci sia una votazione a larga maggioranza che promuova in qualche modo l'Autorità Palestinese (per esempio da "ente osservatore" a "stato osservatore"), riconoscendo implicitamente una statualità che fu già proclamata da Arafat trent'anni fa e che in linea di principio è già accettata da molti stati. Ma questo probabilmente non porterà a grandi cambiamenti giuridici o politici, come riconoscono gli stessi vertici palestinesi (http://www.google.com/hostednews/ap/article/ALeqM5gpoND4KJwDHPzGZ55r9zoXHsgWPw) . Insomma, non è affatto detto che, come sostengono alcuni, "il tempo lavora dalla parte dei palestinesi". Le valutazioni demografiche più pessimiste si sono mostrate inesatte, l'economia aiuta la convivenza, l'efficienza e la forza di Israele rappresentano un elemento di coesione, nonostante tutti gli odi ideologici della sinistra ebraica e non. (http://www.jpost.com/Opinion/Op-EdContributors/Article.aspx?id=228894) .
Possiamo stare tranquilli, allora? Purtroppo no. Bisognerà vedere come la dirigenza palestinese vorrà reagire alla mezza vittoria (che potrebbe essere una mezza sconfitta) di settembre. Se cercherà di lanciare un nuovo ciclo terrorista, o almeno delle forti agitazioni di piazza. Se europei e americani continueranno a essere cauti con una situazione che non è affatto la causa dell'instabilità araba, ma al contrario l'unico elemento di stabilità, o se si faranno prendere dall'ideologia di "forzare la pce", come vorrebbero i vari Bersani, Prodi, Amato e i loro compagni europei. Se le inesauribili menti dei fabbricanti di trappole arabi e ultrasinistri si inventeranno altre provocazioni. E naturalmente c'è la grande incognita dell'Iran e dell'atomica che sta producendo indisturbato, e dei suoi satelliti come la Siria di Assad, Hezbollah e Hamas, che potrebbero fabbricare una guerra per procura, per cercare di rovesciare le loro sconfitte. Una cosa è certa: finché Israele sarà deciso a difendersi e ad andare avanti con forza e saggezza, finché vi sarà solidarietà internazionale intorno ad esso – nel suo piccolo anche la nostra e la vostra - niente potrà scuoterlo o distruggerlo.
Ugo Volli