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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.07.2011 Falsificazione e delegittimazione
Sergio Romano, il Re della Menzogna Omissiva

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 luglio 2011
Pagina: 29
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Due pesi, due misure. Israele e la crisi siriana»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/07/2011, a pag. 29, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Due pesi, due misure. Israele e la crisi siriana".


Sergio Romano

Sergio Romano scrive : "Quando la bandiera israeliana è stata bruciata, all'epoca della guerra di Gaza o dopo il cruento arrembaggio della flottiglia proveniente dalla Turchia, vi fu nell'opinione pubblica occidentale un coro di proteste indignate". Un coro di proteste indignate per la bandiera israeliana bruciata durante la guerra a Gaza o durante gli avvenimenti della flottiglia turca? Noi ricordiamo soprattutto il coro indignato (tutt'ora udibile) che protestava per i 9 terroristi (definiti a sproposito pacifisti) morti sulla Mavi Marmara e per le vittime della guerra a Gaza.
Romano scrive : "
Ciò che accade in Siria è condannabile ed è stato condannato dalla maggior parte dei Paesi democratici con espressioni particolarmente severe. Ma è pur sempre una questione interna dello Stato siriano. (...) nessuno può dire con precisione se e quanto i dimostranti di Aleppo, Hama e altre città siriane siano rappresentativi dei sentimenti della maggioranza della popolazione.". I manifestanti siriani massacrati dal regime? Non è detto che rispecchino il sentire della maggioranza della popolazione, per questo sarebbe giusto mandargli i carri armati contro? Se anche fossero una minoranza infinitesimale i loro diritti andrebbero garantiti. E' questa la considerazione di Romano per le minoranze (o presunte tali)?
Per quanto riguarda Israele, comunque, secondo Romano: "
La questione palestinese è alquanto diversa. Lo Stato d'Israele è stato costituito, grazie a una risoluzione della maggiore organizzazione internazionale su un territorio che è stato lungamente abitato da una popolazione indigena non ebraica.". Romano cerca di falsificare la storia per delegittimare meglio Israele. Certo, la popolazione locale era composta anche da arabi. Ma la presenza ebraica è stata costante da tempi precedenti la conquista romana. Gli ebrei sono sempre stati lì.
Tel Aviv, la città israeliana spesso confusa per la sua capitale, ha celebrato di recente i suoi 100anni. Il che significa che è stata fondata prima di Israele. E' una città ebraica.
Romano continua : "
nei territori occupati esiste una popolazione che ha il diritto morale di considerare quella terra come la sua casa.". I profughi palestinesi (non i loro discendenti, però) potranno anche avere il diritto morale di considerare Israele la propria casa, ma avrebbero il dovere morale di riconoscere ciò che è successo veramente, e cioè che il loro esodo è stato pilotato dai Paesi arabi limitrofi, convinti di poter eliminare lo Stato ebraico in poco tempo. Non è stato Israele a cacciare la popolazione araba locale. Chi è rimasto è diventato cittadino israeliano e gode gli stessi diritti di tutti gli altri, la popolazione araba israeliana è rappresentata in Parlamento.
Romano scrive : "
Lo Stato ebraico invece non può trattare i palestinesi dei territori occupati (e per molti aspetti neppure quelli del proprio territorio nazionale) nel modo in cui la Francia, per fare un esempio, ha trattato gli alsaziani. E i palestinesi, dal canto loro, hanno più volte dimostrato, con l'Intifada e con il voto, di volere l'indipendenza. ". Romano continua a scrivere di territori 'occupati', ma si tratta di territori 'contesi'. Non è Israele a negare l'indipendenza dei palestinesi. La risoluzione Onu grazie alla quale è nato Israele, prevedeva la nascita anche di uno Stato palestinese. Sono stati gli arabi a rifiutare. E hanno continuato a farlo nei decenni successivi. I palestinesi non sono vittime israeliane, ma degli Stati arabi che hanno rifiutato il loro Stato e non concedono loro nè cittadinanza, nè diritti.
Ma Sergio Romano non lo scrive, preferisce far credere ai lettori che Israele opprima gli arabi, non conceda loro diritti e faccia tutto quanto in suo potere per renderli schiavi.
La risposta di Romano, oltre a essere un maldestro tentativo di falsificare la storia, omette alcuni dettagli fondamentali per capire la situazione, per esempio il terrorismo palestinese contro Israele. Come mai Romano non ne scrive? Non una parola sullo statuto di Hamas che ha come punto fondamentale la cancellazione di Israele, silenzio sui massacri recenti, come quello della famiglia Fogel e sulle vittime dei terroristi palestinesi. Perchè?
Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:
 

Credo fermamente che questo mondo sarebbe molto migliore se esistesse una maggiore imparzialità. Mi riferisco, nel caso specifico, alle vicende del Vicino Oriente e vorrei chiedere un suo parere. Il regime siriano massacra ormai da mesi la propria popolazione civile, che manifesta pacificamente, uccidendo oltre mille persone. Ebbene, non c'è minima traccia in Italia di manifestazioni di piazza, solidarietà incendio di bandiere siriane, ecc. Se viceversa si verifica qualcosa da parte Israeliana — di proporzioni infinitamente minori — la piazza si scatena con manifestazioni violente, accuse infamanti, ecc. ecc. Saprebbe spiegare questa preoccupante sperequazione?

Franco Cohen
novafodera@libero.it

Caro Cohen,

Quando la bandiera israeliana è stata bruciata, all'epoca della guerra di Gaza o dopo il cruento arrembaggio della flottiglia proveniente dalla Turchia, vi fu nell'opinione pubblica occidentale un coro di proteste indignate. Israele gode di molte simpatie e può contare su numerosi sostenitori. Non credo ai boicottaggi e fra questi a quelli promossi contro Israele perché, come le sanzioni, colpiscono anzitutto imprenditori e lavoratori; ma la campagna per il boicottaggio dei prodotti agricoli provenienti dai territori occupati appartiene all'arsenale delle proteste democratiche e non può essere definita un'azione violenta. Aggiungo che fra la questione palestinese e la questione siriana esiste una importante differenza. Ciò che accade in Siria è condannabile ed è stato condannato dalla maggior parte dei Paesi democratici con espressioni particolarmente severe. Ma è pur sempre una questione interna dello Stato siriano. Il concetto di ingerenza umanitaria sembra essere entrato nella cultura politica della democrazia occidentale da qualche anno, ma nessuno può dire con precisione se e quanto i dimostranti di Aleppo, Hama e altre città siriane siano rappresentativi dei sentimenti della maggioranza della popolazione. Si può scendere in piazza, naturalmente, per denunciare le repressioni poliziesche del regime di Bashar al Assad, ma i nostri governi, soprattutto dopo gli infelici risultati della guerra libica, si accontenteranno di qualche condanna verbale e staranno a guardare. La questione palestinese è alquanto diversa. Lo Stato d'Israele è stato costituito, grazie a una risoluzione della maggiore organizzazione internazionale su un territorio che è stato lungamente abitato da una popolazione indigena non ebraica. Quando gli Stati arabi rifiutarono la spartizione e cercarono di cancellare dalla carta geografica lo Stato appena costituito, Israele si difese, vinse e riuscì a occupare nuove terre; e così accadde nelle guerre successive. Sul piano politico, nulla da obiettare. Uno Stato ha il diritto di difendersi e di mettere il proprio territorio al sicuro, per quanto possibile, da altre minacce. Ma nei territori occupati esiste una popolazione che ha il diritto morale di considerare quella terra come la sua casa. Nella storia europea molti Stati si sono ingranditi occupando province abitate da popolazioni straniere, ma l'occupazione è diventata legittima e duratura soltanto quando il conquistatore ha trattato gli abitanti dei territori conquistati come cittadini. Lo Stato ebraico invece non può trattare i palestinesi dei territori occupati (e per molti aspetti neppure quelli del proprio territorio nazionale) nel modo in cui la Francia, per fare un esempio, ha trattato gli alsaziani. E i palestinesi, dal canto loro, hanno più volte dimostrato, con l'Intifada e con il voto, di volere l'indipendenza. Non è sorprendente che essi hanno abbiano suscitato la simpatia delle opinioni pubbliche occidentali.

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