Gas, il Libano continua ad avanzare pretese sui giacimenti israeliani e dopo il colpo di Stato di Hezbollah, la situazione continua a peggiorare
Testata: La Repubblica Data: 11 luglio 2011 Pagina: 17 Autore: Fabio Scuto Titolo: «Scontro sui confini in mare. Tra Israele e Libano è sfida per i giacimenti di gas»
Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 11/07/2011, a pag. 17, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo "Scontro sui confini in mare. Tra Israele e Libano è sfida per i giacimenti di gas".
GERUSALEMME - Forse non c´è petrolio in Israele come hanno sempre lamentato i suoi governanti, ma nelle acque antistanti la costa sono stati scoperti giacimenti di gas che potrebbero soddisfare le esigenze energetiche per i prossimi trenta-quarant´anni, liberando il Paese dalla morsa energetica in cui si trova. Gran parte del fabbisogno infatti deve essere importato e la domanda interna cresce a un ritmo rapido: oltre l´8 per cento l´anno. Israele ha sete di energia. Ma in Medio Oriente i confini sono labili, più linee d´armistizio che vere e proprie frontiere, fonte di guerre che durano da quarant´anni, e il mare non fa eccezione. Il maxigiacimento Leviathan - scoperto all´inizio dell´anno scorso 130 chilometri al largo di Haifa, il più grande mai individuato nel Mediterraneo - sta per innescare una pericolosa escalation tra Beirut e Gerusalemme. Perché si estende anche nelle acque territoriali libanesi, o almeno così ritengono a Beirut. I due Paesi sono sempre sull´orlo di uno scontro diretto e i giacimenti contesi potrebbero trasformarsi in un nuovo confronto militare - specie adesso con Hezbollah maggioritario nel governo e i filo-americani di Saad Hariri all´opposizione - perché la posta in gioco è altissima: il valore dei giacimenti offshore di Dalit, Tamar e Leviathan supera i 100 miliardi di dollari. Una controversia potenzialmente esplosiva. Il governo israeliano ha approvato ieri nella seduta domenicale del Gabinetto la linea del suo confine marittimo con il Libano in una mossa volta a controbattere mire libanesi su aree di mare rivendicate dal governo di Beirut. La linea delimita un´area su cui i due Paesi vantano esclusivi diritti di sfruttamento delle risorse naturali. Il Libano lo scorso agosto ha depositato all´Onu la sua versione della mappa dove il confine marittimo dovrebbe passare. Netanyahu sostiene che «la linea dichiarata dal Libano è molto più a Sud della linea israeliana» e contraddice anche la linea di confine che il Libano aveva concordato con Cipro nel 2007. Anche Israele ha concluso diversi mesi fa un accordo con Cipro che delimita le rispettive aree marittime di sfruttamento esclusivo delle risorse naturali. In mezzo alla pericolosa disputa marina ci sono anche gli Stati Uniti che stanno premendo su Libano e Israele - formalmente ancora in stato di guerra - per cercare una soluzione negoziata. Anche perché due aziende "made in Usa" sono coinvolte sia nel progetto libanese che in quello israeliano. Israele si oppone a un dialogo indiretto con Beirut e chiede invece al Libano di aprire una trattativa su tutte le controversie di confine, terrestri e marittime, ma ha chiesto agli Usa di trasmettere un severo avvertimento al governo libanese: Israele non tollererà provocazioni e considererà un attacco agli impianti di estrazione del gas in alto mare come un attacco contro il suo territorio. La partita per l´energia è strategica, «un caso di sicurezza nazionale» nelle parole di Netanyahu. Il gasdotto con l´Egitto - che fornisce a Israele il 27 percento del suo fabbisogno - ha subito tre sabotaggi in sei mesi ed è attualmente fermo, i rapporti con il nuovo potere al Cairo sono freddi e il nuovo ministro dell´Industria egiziano vuole rivedere i contratti firmati al tempo di Mubarak che prevedevano un «prezzo politico» per il gas. Quella linea di rifornimento è ora giudicata «insicura», ecco perché i giacimenti nel Mediterraneo sono strategici, degni di un casus belli per Israele.
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