Porgere le scuse alla Turchia sarebbe un errore dalle conseguenze durature
di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Davide Meinero)
Manfred Gerstenfeld, Recep Erdogan
I nuovi tentativi israeliani di migliorare le relazioni con la Turchia avvengono in un momento appropriato. Le elezioni turche, in cui il premier turco Erdogan ha cavalcato i sentimenti anti-israeliani dell’elettorato, sono ormai alle spalle. Al momento Erdogan non ha motivo di eccitare odio contro Israele, che per lui è un lusso che sfrutta quando non ci sono questioni pressanti di cui il governo deve occuparsi. In questo momento incitare all’odio contro Israele potrebbe addirittura aiutare Gerusalemme a rafforzare le relazioni con la Grecia, la Bulgaria e Cipro – paesi che vedono la recente ascesa della Turchia nella regione come il fumo negli occhi.
I crescenti disordini in Siria e la dura repressione del governo siriano sono un problema per la Turchia. Erdogan non sa se e quanto a lungo il presidente Bashar Assad rimarrà in sella. Inoltre il flusso di rifugiati verso la Turchia preoccupa Erdogan, che non sa se continuerà. Ora che ampie regioni del Medio Oriente sono in subbuglio, la Turchia deve muoversi con la massima prudenza. Chi governerà l’Egitto dopo le elezioni autunnali? E soprattutto il nuovo governo egiziano vedrà di buon occhio l’appoggio turco ad Hamas?
Ma per allentare la tensione fra Ankara e Gerusalemme i Turchi esigono le scuse ufficiali di Israele per la morte delle nove persone uccise dall’IDF sulla Mavi Marmara nel 2010. Se Israele chiedesse scusa, Erdogan, che ha chiesto innumerevoli volte a Israele di ammettere la propria colpa, salverebbe la faccia. I moderati Israeliani sostengono che in fondo le scuse sono solo parole, che non costerebbe nulla ammettere la colpa. Il governo turco però è assolutamente invischiato nell’incidente della flotilla, come dimostra la ricerca fatta da Steven Merley, specializzato in estremismo politico.
Merley ha provato dettagliatamente l’appoggio del governo turco alla flotilla, attraverso la rete dei Fratelli Musulmani, nelle forme più svariate: ad esempio i membri del partito AKP hanno partecipato agli incontri dei Fratelli Musulmani per preparare la flotilla, lo stesso Erdogan ha incontrato una delegazione della Fratellanza Musulmana Universale e gli organizzatori di Francia e Gran Bretagna. L’incontro ha avuto luogo poco dopo che le navi erano salpate per Gaza. Senza l’appoggio del governo turco, la Mavi Marmara probabilmente non sarebbe mai arrivata nelle acque israeliane.
Le scuse israeliane, per quanto limitate, rischierebbero di avere ripercussioni molto peggiori di quanto previsto. Le scuse normalmente mettono fine a un dibattito, perchè le due parti sono d’accordo sull’interpretazione del passato.
Israele ha grande esperienza di scuse, più di ogni altro paese, e dovrebbe essere consapevole della loro importanza. Molte nazioni e organizzazioni come la Croce Rossa, varie chiese e altri ancora hanno chiesto scusa per il comportamento tenuto durante la Shoah. Dopo il crollo del comunismo, quando Israele chiese le scuse alle nazioni indipendenti dell’Europa dell’Est, alcuni critici sostennero che le scuse non erano genuine. Altri aggiunsero che coloro che si erano scusati non erano quelli che avevano commesso il crimine. I vertici israeliani capirono però l’importanza delle scuse ufficiali, che hanno un significato fondamentale nella memoria collettiva: sono preservate negli archivi e diventano un’importante fonte per la ricerca storica. Le eventuali scuse rimarrebbero agli atti, e potrebbero essere consultate dalle generazioni future. Chiedere scusa alla Turchia significa distorcere la storia ufficiale di Israele per sempre.
Il mondo ha avuto abbastanza tempo per capire l’atteggiamento di Erdogan. Nel 2004 ad esempio senza alcuna ragione accusò Israele di essere uno stato che promuove il terrorismo, salvo poi andare in visita in Israele nel 2005 per metterci una pezza. Quali sono le probabilità che il suo comportamento migliori? Se non l’eviterà la pressione dell’opinione pubblica in patria, potrebbe addirittura prendere in considerazione l’idea di attaccare di nuovo Israele.
Se le cose sul fronte siriano si risolveranno, Erdogan si sentirà di nuovo in dovere di incitare all’odio contro Israele; e a quel punto le scuse ufficiali – se Israele le avrà porte – andranno a rimpolpare il vasto assortimento di motivi per attaccare lo stato ebraico. Se Israele acconsentirà a porgere le sue scuse, Erdogan potrà sempre dire: “Visto? Avevo ragione ad attaccarli allora!” Israele scoprirà allora che non sarà rimasto nulla dei nuovi rapporti, se non le scuse immeritate, impresse ormai sui documenti per l’eternità.
Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta