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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Foglio Rassegna Stampa
07.07.2011 Stallo nei negoziati fra Israele e Anp
le opinioni di Martin Indyk, Gidi Grinstein riportate da Amy Rosenthal

Testata: Il Foglio
Data: 07 luglio 2011
Pagina: 8
Autore: Amy Rosenthal
Titolo: «Obama, Israele e i palestinesi adesso giochino d’anticipo per evitare il disastro di settembre»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/07/2011, a pag. IV, l'articolo di Amy Rosenthal dal titolo "Obama, Israele e i palestinesi adesso giochino d’anticipo per evitare il disastro di settembre".


Martin Indyk, Gidi Grinstein

Tel Aviv. I negoziati tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) sono in stallo. A settembre il presidente dell’Anp, Abu Mazen, potrebbe avere i numeri per chiedere all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il riconoscimento dello stato palestinese, strategia volta ad aumentare la posta in gioco dei negoziati e a fare pressione sul governo di Gerusalemme per riprendere le trattative. Martin Indyk, due volte ambasciatore americano in Israele e direttore del programma Affari esteri dell’istituto Brookings, descrive al Foglio la traiettoria degli accordi tra Israele e Palestina come quella di “un treno che ha perso il controllo” e ammonisce: “Bisogna assolutamente evitare l’impattto finale”. Secondo Gidi Grinstein, direttore dell’istituto Reut, un think tank apolitico e no profit con base a Tel Aviv, “con l’avvicinarsi di settembre, le opzioni sul tavolo delle trattative continuano a diminuire”. Indyk e Grinstein concordano che lo stallo delle trattative è causato dalle recenti scelte americane e israeliane: secondo Grinstein il governo israeliano è consapevole che “dati i cambiamenti nel mondo arabo non è il momento per portare avanti iniziative di qualunque tipo ed è quindi meglio aspettare”. Situazione simile a Washington dove, secondo Grinstein, “non giunge alcun segnale dell’esistenza di un piano alternativo ai negoziati: Obama continua ad avere una visione del mondo obsoleta, in cui Israele e i palestinesi possono raggiungere un accordo permanente in grado di risolvere i problemi, di istituire uno stato palestinese e far cessare il conflitto”. I due analisti sono d’accordo anche nel giudicare gli sforzi di Obama insufficienti e le incognite sul futuro di Israele numerosissime: in Egitto è probabile, anche se la data delle elezioni non è ancora state decisa, che dopo l’azione palestinese si svolgeranno le presidenziali egiziane. Se i negoziati tra israeliani e palestinesi non si sbloccassero le tensioni in Egitto, a cui si aggiunge l’incertezza delle politiche regionali, avranno un’influenza inevitabile: “In Cisgiordania e lungo il confine israeliano con la Siria la tensione è altissima e – continua Indyk – non è difficile immaginare decine di migliaia di palestinesi manifestare davanti a posti di blocco israeliani mentre i nuovi parlamentari egiziani spingono per abrogare il trattato di pace con Israele”. Per evitare un simile scenario Indyk crede che “ricominciare i negoziati sia l’unico meccanismo possibile per sbloccare l’impasse”. L’ex ambasciatore americano condivide con il Foglio una possibile soluzione: “Obama dovrebbe annunciare quest’estate che sta invitando le due parti a riprendere i negoziati e che un accordo sarà raggiunto entro l’Assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2012”. Secondo Grinstein, se America, Israele e i palestinesi non presenteranno una soluzione a breve si andrà incontro a una situazione a “somma zero” in cui giungere a un accordo e a un compromesso tra le parti sarebbe impossibile. Spiega Grinstein: “La sfida all’Anp potrebbe giungere dai palestinesi stessi, al momento ispirati, dopo la primavera araba, a partecipare al processo di ‘state building’, umore che potrebbe costringere l’Autorità palestinese a ingaggiare seriamente la lotta al terrorismo e a costruire istituzioni proprie. Le aspirazioni dei palestinesi rischiano di fare aumentare il divario tra i desideri della popolazione e la volontà delle élite di Ramallah e Gaza. E’ un momento – spiega Grinstein – in cui i palestinesi sono convinti di poter ‘fare la differenza’ con azioni di protesta e disobbedienza civile. Se sfideranno i loro leader è più che probabile che scoppi un conflitto interno e violento, situazione rischiosa sia per l’Anp sia per Israele: l’Anp – continua Grinstein – sarà inevitabilmente la prima vittima e c’è il rischio che in una situazione di forte scontento sia sopraffatta da forze populiste. Rischia anche il governo israeliano che potrebbe trovarsi costretto a intervenire in Cisgiordania per ripristinare il controllo sulla popolazione palestinese”, operazione che scontenterebbe la comunità internazionale e renderebbe più difficile, se non impossibile, un futuro dialogo con l’Anp. Per Grinstein è questo il momento a somma zero ma, per i due analisti, la situazione potrebbe, anche se con poche probabilità, trovare una soluzione. Con parole diverse concedono che “se la situazione è affrontata nella giusta maniera, se l’atto unilaterale palestinese all’Onu sarà portato avanti coordinato con Israele e con un approccio in cui anche Gerusalemme potrà beneficiare dall’iniziativa palestinese, allora si creerà l’opportunità per formulare un accordo sui futuri due stati, senza dubbio un momento storico”, concludono i due analisti.

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