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Il Giornale Rassegna Stampa
07.07.2011 Egitto post Mubarak tra islamismo e teorie complottiste
cronaca di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 07 luglio 2011
Pagina: 16
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Ecco le idee del nuovo Egitto dopo-Mubarak: Gli attentati dell'11 settembre voluti dalla Cia»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 07/07/2011, a pag. 16, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo "Ecco le idee del nuovo Egitto dopo-Mubarak: Gli attentati dell'11 settembre voluti dalla Cia".


Fratelli Musulmani

Forse si stava meglio quando si stava peggio. Anche se il peggio si chiamava Mubarak. In Egitto il dubbio circola già da mesi. Qui da noi le anime belle, paladine della cosiddetta rivoluzione figlia d’internet e Facebook, incominciano a porselo solo ora. Ma le sconcertanti tesi di Ahmed Ezz El Arab, leader di uno dei pochi partiti laici in grado di contrapporsi ai Fratelli Musulmani, rischiano di minare anche le ultime residue certezze. Tutta colpa di un’intervista al Washington Times in cui El Arab, vice segretario del partito Wafd, esprime le sue idee sull’11 settembre, sulla guerra in Irak, sull’Olocausto e sui Diari di Anna Frank. Idee più simili a quelle di un seguace del presidente iraniano Ahmadinejad che non a quelle di un campione della democrazia.
Sull’11 settembre il signor Ezz Al Arab non ha dubbi. L’attacco alle Torri Gemelle è soltanto un piano made in Usa organizzato dalla Cia e dal Mossad con l’approvazione del «complesso militare industriale americano». A dar retta ad Ezz Al Arab lo stesso «complesso militare industriale» ha deciso la guerra in Irak. Una guerra combattuta per consentire a speciali unità di soldati ebrei, con nazionalità israeliana e americana, di trafugare da Babilonia alcuni reperti archeologici utili allo Stato ebraico. «Le antichità rubate a Babilonia non erano per il mercato nero...volevano seppellirle sotto la Moschea di Al Aqsa per dimostrare che lì sorgeva il Tempio ebraico». Le strambe tesi di Ezz El Arab diventano assai più chiare non appena l’esponente del Wafd inizia a discettare di ebrei ed Olocausto. «L’Olocausto è una balla - sancisce nell’intervista rilasciata a Budapest dove partecipa ad una conferenza sui diritti umani -. Gli ebrei sotto l’occupazione tedesca erano 2 milioni e 400mila. Se li hanno sterminati da dove sono arrivati i 3 milioni 600mila che avanzavano?».
Forte dei suoi calcoli matematici El Arab ammette l’uccisione di qualche centinaio di migliaia di deportati, ma liquida come leggenda tutto il resto: «Le camere a gas e le favole sugli ebrei? Sono tutte storie immaginarie». Nel capitolo fantasie viene archiviato anche il Diario di Anna Frank. «Posso giurare che si tratta di un falso... la ragazza probabilmente esisteva, ma quelle memorie – spiega El Arab - sono un’invenzione». Le tesi di El Arab suonano ancor più preoccupanti se si considera che il suo partito era considerato - a torto o ragione - il più importante catalizzatore di voti laici e liberali. Il ruolo del Wafd, risorto dalle ceneri di un gruppo liberale fondato nel 1920, era sembrato ambiguo già qualche settimana fa quando il suo gruppo dirigente aveva annunciato un’alleanza elettorale con i Fratelli Musulmani. L’innaturale accordo con la principale formazione islamista suona come una campana a morto per i piccoli gruppi progressisti animatori della protesta di piazza Tahrir. Molti di quei gruppuscoli erano convinti di poter dar vita ad una solida piattaforma laica e anti fondamentalista alleandosi proprio con i vecchi liberali del Wafd.
Il tradimento di Al Arab e compagni minaccia di trasformare il voto del prossimo settembre in una gara senza storia. Una gara in cui i Fratelli Musulmani si spartiranno cariche e poltrone con i vecchi rivali del Wafd e lasceranno ben poco spazio agli altri protagonisti della Rivoluzione anti Mubarak. E così mentre in Egitto si riaccendono i disordini provocati dai rivoluzionari delusi e in Italia e in Europa la “primavera araba” continua a venir considerata un passo fondamentale verso libertà e la democrazia molti dei suoi protagonisti incominciano a temere esattamente l’opposto.
Per molti laici egiziani, animatori della rivolta anti Mubarak, le elezioni del prossimo settembre rischiano di rivelarsi un salto nel buio baratro dell’islamismo e dell’oscurantismo.

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