Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Israele, la proposta di introdurre il weekend lungo, dopo shabbat riposo anche la domenica Cronaca di Francesco Battistini
Testata: Corriere della Sera Data: 07 luglio 2011 Pagina: 18 Autore: Francesco Battistini Titolo: «Israele vuole il weekend 'vero'. Dopo shabbat, domenica a casa»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/07/2011, a pag. 18, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Israele vuole il weekend 'vero'. Dopo shabbat, domenica a casa ".
Bibi Netanyahu
In un film anni Settanta, «Scusi, dov’è il West?» , c’è Gene Wilder sgangherato rabbino che scappa inseguito dai cattivi. Va a piedi, tirandosi dietro il cavallo. «Perché non saltiamo in sella e fuggiamo?» , gli chiede Harrison Ford, il pistolero. «Perché è sabato e finché non tramonta il sole dietro la montagna, è proibito andare a cavallo» . Il pistolero, allora, si mette a camminare piegato sulle ginocchia: più s’abbassa, prima vedrà il sole calare oltre il monte... È la scena che fa ridere uno dei grandi esponenti della comunità ebraica mondiale, Moshe Ronen. E gli fa dire che l’ultima idea del governo di Bibi Netanyahu sul riposo del sabato dovrà essere rivista da tante prospettive, prima di diventare legge. Perché è una proposta che in Israele ha del rivoluzionario: dilatare il tradizionale riposo ebraico del finesettimana, dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato, e introdurre invece il classico weekend com’è in (quasi) tutto il mondo. Domenica è sempre domenica, dunque. Ma che fare del venerdì? E come disegnare un weekend che vada bene a tutti, nella capitale delle grandi religioni monoteiste? «La questione è delicata sotto vari aspetti economici, sociali, culturali e religiosi» , riconosce Netanyahu. Il premier ha incaricato un economista, Eugene Kandel, presidente del Cnel israeliano, di risolvere il rebus: come introdurre la domenica festiva, che in Israele è da sempre giorno lavorativo, mentre le attività principali si fermano il venerdì per i musulmani e il sabato per gli ebrei? La soluzione sarebbe di ridurre la settimana a quattro giorni e mezzo chiudere gli uffici il venerdì pomeriggio, per riaprirli il lunedì mattina. A ogni giorno lavorativo sarebbe aggiunta mezz’ora, le scuole prolungherebbero l’orario pomeridiano. «Il 75%dei Paesi— dice il ministro Silvan Shalom — ha il weekend all’americana. Si sono adeguati anche l’India, la Cina, il Giappone, nazioni musulmane come il Marocco, la Turchia, la Tunisia. Perché non dovremmo farlo noi?» . Ne guadagnerebbero, dicono i sostenitori, i commerci, la Borsa, l'industria turistica. Perfino le manifestazioni sportive, spesso bloccate di sabato dai veti religiosi. Weekend o non weekend? È già un muro di proteste. Il primo a dire no è il ministro dell'Interno, Eli Yishai, che rappresenta gli ultrareligiosi del partito Shas: «Prolungare il riposo alla domenica è contro l’ebraismo» . A infuriarsi di più sono però gli arabi, un quinto della popolazione, che secondo la proposta si troverebbero a lavorare di venerdì fino all’ora della preghiera. È già nato l’immancabile gruppo Facebook — titolo: «Io non voglio lavorare di venerdì» — che raccoglie la protesta: «È il nostro giorno sacro, non permetteremo al governo di danneggiare la religione musulmana» (un’insegnante di Nazareth); «scenderemo in piazza, faremo sciopero!» (un imam di Gerusalemme); «fermarsi anche la domenica, tre giorni, per noi sarebbe un danno economico» (anonimo). La proposta non dispiace naturalmente alla minoranza cristiana, per lo più araba, ma la piazza palestinese la considera uno schiaffo: «Qualche volta ci dimentichiamo di non essere solo uno Stato ebraico— — dice Moshe Ronen—: siamo anche uno Stato democratico che tutela le sue minoranze. Il venerdì è il giorno in cui un israeliano su cinque prega» . Tanti anni fa, l’idea della settimana di quattro giorni e mezzo fu sottoposta a un altro premier israeliano, Levi Eshkol. Che l’esaminò. E la scartò con una battuta: «Prima, mi accontenterei che almeno un paio di giorni la settimana ce l’avessero tutti, un lavoro» .
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