Aggiornamenti sulla situazione in Libia di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 06 luglio 2011 Pagina: 4 Autore: Pio Pompa Titolo: «In Libia, dopo mesi di raid Nato, aumentano bombe e rapimenti. Scenari afghani»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 06/07/2011, a pag. 4, l'articolo di Pio Pompa dal titolo " In Libia, dopo mesi di raid Nato, aumentano bombe e rapimenti. Scenari afghani ".
Pio Pompa, Libia
E’ singolare che chi vuole ritirarsi dall’Afghanistan sembri non accorgersi della deriva rischiosa che ha preso la crisi libica, sempre più vicina a scenari di stampo afghano. Sembra una situazione distante perché in Libia, non avendo truppe schierate sul terreno, non c’è una conta dei soldati italiani caduti ad accompagnare la missione. Quello libico, infatti, è un conflitto che la Nato conduce esclusivamente dal cielo, con un’offensiva in cui i danni collaterali riguardano soltanto la popolazione civile – quella che, con tanto di risoluzione delle Nazioni Unite, si voleva difendere con un intervento definito “umanitario”. Le critiche verso il conflitto libico, però, sono destinate ad aumentare ora che ai danni collaterali si andrà a sommare una situazione che si avvicina di molto a un déjà vu di ciò che è successo sul suolo iracheno, prima, e afghano, poi. Mentre l’operazione Unified Protector continua a far volare i suoi aerei, a rifornire di armi ribelli di cui conosce molto poco, a tentare improbabili vie diplomatiche (in realtà mai seriamente perseguite, perché l’Alleanza resta convinta di una rapida vittoria), la guerriglia sul suolo libico si avvia alla sua escalation più letale. I locali destinati all’allestimento di autobombe e dei micidiali ordigni Ied stanno proliferando. Lunedì, un pick-up caricato con quaranta chili di esplosivo, collegati a un detonatore, è stato scoperto di fronte all’hotel Tibesti, vicino al centro città di Bengasi. E’ la quinta autobomba che viene scoperta nella roccaforte dei ribelli libici, da quando è iniziato il conflitto. Esiste un piano, in via di perfezionamento, di attentati suicidi condotti secondo una nuova strategia, che può fare a meno dei “martiri” volontari, facendo piuttosto esplodere i nemici catturati o vittime inconsapevoli. Ci sono squadre di miliziani addestrati per i sequestri, che si accingono ad aprire una stagione di rapimenti – azioni dal sicuro effetto mediatico, che permettono sia di reperire risorse finanziarie, sia di aggiungere un ulteriore elemento destabilizzante nel conflitto. Il tutto in un quadro di estrema incertezza: le divisioni fra i ribelli lasciano presagire futuri scontri tra bande; i mandati di cattura emessi dal Tribunale penale internazionale dell’Aia a carico del colonnello Muammar Gheddafi, del figlio Saif al Islam e dell’attuale capo dei servizi segreti libici hanno levato l’ipocrisia dell’“intervento umanitario” – è una caccia all’uomo, nonostante i tentativi con cui i britannici hanno provato a nascondere di avere affidato il dossier agli specialisti del Sas, con tanto di voce su di una taglia per la cattura del rais, vivo o morto. Questa è la complessa realtà del conflitto libico, a quasi quattro mesi dall’inizio dell’operazione Nato Odyssey Dawn. E’ il triste quadro con cui si devono confrontare i promotori di questo conflitto evitabile, mentre valutano l’ipotesi sempre più probabile di inviare truppe sul campo, preparandosi a rivivere, a breve, i tormenti già visti sul suolo afghano e quello iracheno.
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