Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/07/2011, a pag. 16, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Esporare clandestini, l'idea di Israele ".


Francesco Battistini
L'idea di far trasferire gli immigrati clandestini eritrei da Israele all'Australia non deriva, contrariamente a quanto scrive Battistini, dal fatto che " il governo Netanyahu eviterebbe (questo il vero scopo della proposta) un aumento dei musulmani nella popolazione d’uno Stato che preferisce ebraico.". Israele è lo Stato ebraico, è nato con questa precisa caratteristica, non si tratta di una 'preferenza', di una 'rotta', impressa dall'attuale governo. Israele è nato come luogo sicuro, pronto ad accogliere qualunque ebreo decida di trasferirvisi. Il fatto che in Israele viva una minoranza araba (che gode degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini ed è rappresentata in Parlamento) non modifica la situazione.
La proposta, definita nelle prime righe del pezzo quasi 'politicamente oscena', è stata presa in considerazione dall'Australia e accettata dai profughi stessi.
Ecco l'articolo:
Cari australiani, vi «comprereste» un po’ dei nostri immigrati? La domanda, a prima vista politicamente oscena, l’altro giorno se la sono sentita porre alcuni deputati di Canberra in visita alla Knesset. Voi avete una densità di 3 abitanti per km quadrato, ha detto loro il presidente del Comitato israeliano per l’immigrazione, noi ci pigiamo a quota 365. Voi avete fame di manodopera mentre da noi, dov’è da mezzo secolo irrisolto il rebus dei profughi palestinesi, via Sinai adesso arrivano pure migliaia di africani in fuga da altre guerre. «Ogni anno il governo australiano accoglie un buon numero di rifugiati— ha buttato lì Danny Danon, deputato della maggioranza Likud —, perché non c’infilate i 22mila eritrei e gli 8mila sudanesi che vivono qui?» . I deputati ospiti, all’inizio, hanno strabuzzato gli occhi. Poi ci hanno pensato. E il capodelegazione Michael Danby, buon amico d’Israele, ha promesso che sottoporrà la questione al suo premier: biglietto di sola andata per la Terra dei canguri, passaporto e lavoro garantiti, rispetto degli standard Onu, nessuna deportazione forzata, l’occasione per i disperati del Terzo mondo di rifarsi una vita dall’altra parte del globo. Molti interessi coincidono, hanno concordato Danon e Danby: accettando gli africani, gli australiani incasserebbero cooperazione tecnico-scientifica con Israele e intanto scanserebbero l’obbligo umanitario d’ospitare i profughi asiatici, dall’Afghanistan o da Timor Est, che in passato si sono rivelati più problematici; il governo Netanyahu eviterebbe (questo il vero scopo della proposta) un aumento dei musulmani nella popolazione d’uno Stato che preferisce ebraico. A sorpresa, o neanche tanto, a caldeggiare l’accordo sono gli stessi profughi: «Qui non abbiamo un’identità— ha implorato lo scrittore Isaac Kidane, loro portavoce —, preferiamo andare in un Paese più grande e più sicuro. Per favore, firmate l’accordo!» . La Via dei Canti australiana meglio d’un foglio di via dai campi (profughi): cinismo o pragmatismo? «Creatività umanitaria» , potremmo chiamarla. Per un dramma che altrove (non) viene risolto se non a slogan.
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