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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.06.2011 La Flotilla raccontata dal Corriere
Articoli di Francesco Battistini, Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 giugno 2011
Pagina: 14
Autore: Francesco Battistini-Viviana Mazza
Titolo: «Parte la flotta per Gaza, duro monito ai reporter-Vogliono dipingere lo Stato ebraico come forza di tenebra-No n vedrò Hamas, porto la speranza ai bimbi palestinesi»

Sul CORRIERE della SERA di oggi,27/06/2011. la pa.14 è dedicata allaFlotilla in partenza. Sono tre servizi, che riprendiamo, preceduti da un nostro commento.
Cliccando sul link sottostante si apre la pagina di oggi di Ugo Volli su IC di oggi,
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=40328

Francesco Battistini: " Parte la flotta per Gaza, duro monito ai reporter"


Gaza City, ma non raccontavano che era una fogna a cielo aperto ?

Battistini è a Gaza, evidentemente preoccupato per le sorti della libertà di stampa minacciata da Israele. Lo preoccupa poco il ricordo dei pacifinti imbarcati sulla Flotilla n°1 dello scorso anno. Ci sarà, come annunciato, anche Viviana Mazza del Corriere ? e in che veste, inviata o volontaria ?
Che poi il blocco navale sia una misura riconosciuta legale in tutto il mondo, anche questo aspetto non secondario non trova spazio nel pezzo di Battistini.

DAL NOSTRO INVIATO GAZA — Nella hall del più nuovo e lussuoso albergo di Gaza, «Al Mathaf» , Il Museo, fra antiche ancore e capitelli bizantini ripescati nel mare qui davanti, da qualche settimana è spuntato il modellino d'una nave in polistirolo. Bianca e nera. Con una bandiera turca a poppa. Con un elicottero che la sorvola. Coi soldatini israeliani che si calano e i turchi che li respingono. «Bella, vero?» , la mostra orgoglioso Jawdat Khoudary, ricco fratello d'un maggiorente di Hamas: «La fa un artista che abita qui dietro. È la Mavi Marmara, quella della strage...» . A qualche centinaio di metri dall'albergo, su una rotonda assolata, i bambini dei campi profughi giocano intorno a una lapide di marmo coi nomi turchi dei «martiri» e una scritta a imperituro ricordo: «Sarete sempre con noi» . Rieccoli. Saranno di nuovo con loro. Da stasera, quando la Flottiglia 2 del movimento Free Gaza salperà dal Pireo ateniese verso le acque della Striscia. Dieci navi. Cinquecento attivisti. Uno scopo: «Rompere l'illegale blocco israeliano e consegnare aiuti umanitari alla popolazione palestinese» . Una flotta determinata ad andare fino in fondo, nonostante l'avvertimento a non entrare nelle acque territoriali. «È un atto provocatorio che potrebbe avere conseguenze pericolose» , è stato l'ultimo monito dell'ambasciatore israeliano all'Onu, Ron Prosor. «Ci aspettiamo d'essere accerchiati e fermati — è l'ultima replica della portavoce italiana, Maria Elena Delia —, ma non intendiamo retrocedere, né reagire» . Nelle ultime settimane di preparativi, la Flottiglia 2 ha perso pezzi e ne ha guadagnati altri. Ci saranno l'italiana «Stefano Chiarini» (dal nome d'un giornalista del manifesto: sette attivisti, tra cui il vignettista Vauro), la francese «Dignité» già salpata dalla Corsica, l'americana «The Audacity of Hope» (titolo d'un libro di Obama: 36 persone, compresi ebrei newyorkesi e gli scrittori Alice Walker, Henning Mankell, Amira Hass), più navi irlandesi, spagnole, greche, svedesi, norvegesi, un cargo con bandiera palestinese... I turchi, no. Non ci saranno. L'anno scorso ne morirono nove, nella sparatoria sul ponte della «Marmara» . Ma dietro la scusa dei «danni subìti» dalla nave, il movimento islamico Ihh stavolta ha obbedito alla Realpolitik: c'è stata la primavera araba, c'è il vulcano della Siria, e con buona pace dei «martiri» Ankara s'è imposta un approccio più morbido con Israele, ha appena ricevuto con gli onori del caso il generale Amos Gilad e, l'altra settimana, il premier Erdogan ha accolto con enfasi perfino un banale telegramma di congratulazioni, spedito dal collega israeliano Netanyahu per la rielezione. Quest'assenza turca non tranquillizza, comunque. Gerusalemme preme da mesi sulle capitali occidentali perché tengano a terra i loro pacifisti. Dalla Clinton alla Farnesina, passando per il segretario dell'Onu, Ban Ki-Moon, tutte le diplomazie ci hanno provato: inutilmente. I corpi speciali israeliani, ora, si preparano a un intervento per stoppare la Flottiglia 2, così come fecero nel sanguinoso blitz dell'anno scorso: stavolta s'useranno soprattutto idranti e dissuasori, promettono i militari, ma un nuovo ricorso alla forza di fronte a gesti d'aggressione non è escluso. Ieri, il governo Netanyahu ha avvertito anche i giornalisti stranieri che saranno imbarcati sulla Flottiglia: «Per i prossimi dieci anni, sarà loro vietato d'entrare in Israele» , ha scritto in una lettera aperta il ministero per l'Informazione. «È un messaggio agghiacciante ai media internazionali — gli ha risposto dura l'Associazione della stampa estera a Gerusalemme — e solleva serie domande sull'impegno d'Israele nel garantire la libertà di stampa. Ai giornalisti dev'essere consentito di lavorare senza minacce, né intimidazioni»

F.Bat: " Vogliono dipingere lo Stato ebraico come forza di tenebra"

Cerca e ricerca, Battistini intervista Alon Hilu, scrittore 'liberal', che però ha buon gusto, dopo aver fatto anche affermazioni condivisibili, di dire che fa lo scrittore e non il politico. Ma è mai possibile che Battistini non riesca a trovare altro che critici di Israele ? Hilu è ancora fra i meno peggio, ma il senso unico non è un buon indice di professionalità per chi lo pratica.


Alon Hilu

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME — «Dinanzi a me, sul mare piatto, il futuro si dipana come un mercantile in rotta verso lidi lontani...» (Alon Hilu, La tenuta Rajani, Einaudi). Sul mare, davanti agli occhi di Alon Hilu, discusso scrittore israeliano di Jaffa, in queste ore si dipana il futuro brevissimo della flottiglia pacifista che muove verso Gaza. «È solo una provocazione» , la liquida Hilu, uno che non ha ancora 40 anni, ha scritto pagine sulla Nakba e sull’odio («un libro straordinario» , disse Shimon Peres), uno che passa per liberal ma non teme d’inimicarsi il mondo che frequenta: «Dietro questa Flottiglia 2, vedo il disegno di chi vuole mostrare al mondo un Israele come una forza delle tenebre» . Non è legittimo rompere il blocco intorno a Gaza e far sentire a quei palestinesi la solidarietà dell’Occidente? «Belle parole. Ma a chi sale sulle navi, vorrei chiedere: c’è solo Gaza? Nel mondo ci sono altre situazioni umanitarie molto gravi, eppure non ho mai visto una nave muoversi per testimoniare solidarietà. Non ho mai sentito d’una flottiglia in rotta sulla Siria, per andare a interrompere i massacri che il regime di Assad sta consumando» . Ma Israele non poteva evitare questo cancàn mediatico facendo passare le navi? «Si tratta d’una provocazione, è chiaro che sarebbe interesse d’Israele sminuirne il più possibile l’importanza. Le dieci navi sono un trucco mediatico che non ha alcun valore umanitario autentico. Io avrei fatto come il premier israeliano Ehud Olmert, anni fa: lasciarli andare tranquillamente a Gaza. Sarebbe stato più saggio: avrebbero portato i loro aiuti, nessuno ne avrebbe parlato. Ormai, però, mi pare troppo tardi per tornare indietro» . Finisce nel sangue? «Quando sentii della strage, un anno fa, rimasi scioccato. Spero che stavolta Netanyahu si sia preparato meglio: anche se l’iniziativa di questi pacifisti è irritante, l’obbiettivo primo dev’essere d’evitare anche un solo ferito» . L’anno scorso i soldati furono aggrediti: se diventa inevitabile sparare? «Sparare non è mai inevitabile. E non fu giusto farlo nemmeno l’anno scorso. Ci sono mezzi molto più efficaci, e meno violenti, per raggiungere lo stesso scopo» . La flottiglia arriva nel quinto anniversario del rapimento di Shalit. Se Hamas liberasse il soldato israeliano, avrebbe il diritto di chiedere la fine del blocco? «La situazione è più complessa. E Shalit non è l’unica ragione del blocco. C’è anche il lancio dei razzi sulle città israeliane del Sud. Ormai non se ne parla più, ma i razzi li lanciano sempre. C’è questo crimine della paura inflitta da Hamas a cittadini che non hanno altra colpa se non d’abitare lì. Lo sanno, quelli delle navi, che non è Israele l’unico responsabile del blocco di Gaza?» . Il governo ha posto un aut aut ai giornalisti stranieri: chi va su quelle navi, non metterà più piede in Israele. Non è un abuso? «È sbagliato. E prima che ingiusto, è sciocco. Una lettera di questo tipo trascina Israele in un vortice mediatico che non ha nessun senso. Più che inutile, è una cosa dannosa. Io non l’avrei fatta. Forse è anche per questo che faccio lo scrittore, non il politico»

Viviana Mazza: " Non vedrò Hamas, porto la speranza ai bimbi palestinesi"

Allora non è più la figlia di Alice Walker a imbarcarsi sulla Flottilla, ma la madre, che nell'intervista di Viviana Mazza (partirà, non partirà ?) ci regala un bignami delle più scontate menzogne, bufale, ipocrisie che circolano nei circoli intellettuali frequentati dalle Walker di tutto il mondo. Gaza non  è quella che lei descrive, Israele non è quello che lei descrive, vada piuttosto a Sderot, si becchi qualche missile sulla testa, capirà il profumo amaro dell'essenza del terrorismo.


Alece Walker

La scrittrice americana Alice Walker, 67 anni, premio Pulitzer per il romanzo Il colore viola, sarà a bordo della nave «L’Audacia della speranza» , una delle imbarcazioni della flottiglia che mira a rompere l’embargo navale imposto da Israele su Gaza, trasportando «lettere di solidarietà per gli abitanti» , spiega. Walker paragona i passeggeri della flottiglia ai «freedom riders» (viaggiatori della libertà), i neri e bianchi americani che durante il movimento dei diritti civili negli Usa salivano insieme sui bus interstatali sfidando la segregazione nel Sud. «Ci vuole lo stesso coraggio di allora in questa missione» , dice al telefono. «Tutti i grandi cambiamenti richiedono coraggio» . Perché ha deciso di partecipare alla flottiglia? «Come madre e nonna, sento che è una mia responsabilità essere vicina ai bambini palestinesi, che sono terrorizzati, che sono stati uccisi o mutilati nei bombardamenti delle loro case e scuole. Come scrittrice, ho da offrire la mia testimonianza: essere presente per capire quello che accade. Lo scopo è di portare l’attenzione del mondo sulla gravità della situazione a Gaza. Noi americani finanziamo questa sofferenza. Tre miliardi di dollari l’anno dei contribuenti vanno al governo di Israele, che spesso li usa per spese militari» . La barca prende il nome dal libro di Obama, ma la Casa Bianca dice che la flottiglia non è «né utile né necessaria» per aiutare Gaza e creerà tensioni. «Amerò sempre Obama e la sua famiglia per il coraggio che ha avuto a correre per la presidenza, ma quando ha parlato all’Aipac (lobby pro-Israele, ndr) non ha considerato le sofferenze dei bambini palestinesi, ma solo quelle dei bambini israeliani. Noi seguiamo anche altre vie, ma Israele non ha il diritto di fermarci in acque internazionali, non entreremo nelle sue acque» . Israele ha appena permesso il passaggio dai valichi di materiali per costruire 1200 case. «Non credo a queste promesse. E non potranno mai restituire a Gaza quello che hanno portato via. In oltre 60 anni non è stato fatto nulla per creare uno stile di vita dignitoso» . Le autorità israeliane dicono che la flottiglia fa il gioco di Hamas che è al potere a Gaza e non riconosce lo Stato ebraico. «Sono stata spesso a Washington senza incontrare il presidente. Vado a Gaza per vedere bambini e madri, non i funzionari di Hamas. Israele sta illegalmente tenendo un milione e mezzo di persone imprigionate. Farebbero di tutto per farci apparire come gente che aiuta i terroristi. Ma molti di noi sono sessantenni non violenti» . Al tempo della Guerra dei Sei giorni lei appoggiava Israele. «Come molti americani, io e il mio ex marito, che è ebreo, vivevamo nel mito creato da Hollywood con il film Exodus, che insegna che quella terra è stata data da Dio agli ebrei, ma non dice che c’erano già i palestinesi. Al centro di questo conflitto c’è la terra, non la religione» . Nove morti sulla «flottiglia 1» l’anno scorso. Ha paura? «Certo che ho paura. Ma questa paura ci avvicina a quello che provano sempre i palestinesi, che soffrono assai più di noi»

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