Sul SOLE24ORE di oggi, 26/06/2011, a pag.11, due servizi di Ugo Tramballi, che danno dell'Egitto un'immagine di tipo svizzero. Se corrisponderà al vero, lo sapremo nel prossimo futuro. Ad oggi, le analisi degli esperti dicono l'opposto. Tramballi, che ha sempre capito molto poco del conflitto mediorientale, adesso assolve i Fratelli musulmani. Ci è tornata in mente la natura 'economica' del giornale sul quale scrive. Che c'entri qualcosa ?A pensar male si fa peccato, ma si imbrocca quasi sempre, diceva quell'anima nobile di Andreotti.
Ecco i due articoli:
Ugo Tramballi: " L'Egitto riparte dai partiti laici"
«Oggi dobbiamo andare a intervistare quel tipo. È interessante», diceva Ayman, prezioso collaboratore locale, iniziando la giornata a un tavolino del vecchio Caffè Groppi, in Talaat Harb, davanti a una tazzina e un pacco di quotidiani freschi. D'improvviso in Egitto i giornali sono pieni di notizie. Anche il giorno prima Ayman aveva proposto d'intervistare un altro «tipo interessante» e lo avrebbe ripetuto nei successivi. Perché interessante? Ogni volta la risposta era la stessa: «Ha fondato un partito».
Ecco, è questa la swinging Cairo uscita da piazza Tahrir, in marcia confusa, problematica ma davvero entusiasmante, verso le elezioni parlamentari di fine settembre. Raccogli 3mila firme in almeno 10 dei 28 governatorati del Paese, eviti di scegliere nomi d'ispirazione religiosa o militare e garantisci trasparenza dei fondi. Aspetti 30 giorni perché la Corte costituzionale si esprima e il partito è fatto. Chi vuole correre per le presidenziali, forse a fine anno, di firme ne deve raccogliere 30mila.
Qualcosa sfugge anche all'attento Ayman. Il volto allegro di Hassan Ibrahim Samalusi riempie i muri della zona del Tribunale nel quale è consigliere. «Si candida alle presidenziali», dice Ayman, leggendo i manifesti. «Mai sentito». Il carneade Samalusi annuncia agli eventuali elettori di essere su Facebook e lascia il numero di cellulare: 0104493247. Nessuno tiene il conto dei candidati. Una quindicina di giorni fa i partiti ammessi erano 13 ma dopo Ramadan, a fine agosto quando terminerà il mese del digiuno e incomincerà la vera campagna, saranno molti di più. Ne ha fatto uno anche Naguib Sawiris, copto, Orascom e Wind, uno dei più ricchi d'Egitto. Lo ha chiamato Egiziani Liberi.
«In queste prime elezioni democratiche noi pensiamo a un'Assemblea costituente: una sola lista per seggio. Poi fra cinque anni i partiti correranno da soli», dice Mohammad Ader, portavoce del Movimento 6 Aprile. «Se non riusciremo a convincere tutti, torniamo in strada e nel web da dove siamo venuti, per denunciare gli interessi personali». Ader ha 23 anni, più o meno l'età di capi e attivisti del 6 Aprile, fondato da Ahmed Maher e Amre Ezz. Per statuto non possono avere più di 30 anni. Sono loro che hanno iniziato la protesta in piazza Tahrir ma ora non guidano la transizione. È una generazione troppo giovane per esprimere capi: è come se la loro occasione storica fosse arrivata troppo presto.
La pletora dei partiti laici organizza assemblee quotidiane, ribadisce il comune sentire, la medesima volontà di creare un Egitto democratico e non religiosamente settario. Poi, al momento della sintesi, ognuno continua per la sua strada. «Se i laici non formano un fronte politico e non lavorano duro, perderanno tutto», ammonisce il vecchio George Ishak, un monumento della protesta al regime di Mubarak. Fu lui a fondare nel 2005 il movimento Kefaya, "Adesso basta". Ora Ishak propone di creare Egitto Moderno, un super partito unificante. Ma è ascoltato come i ragazzi del 6 Aprile che, vittime delle luci della ribalta, si sono già divisi. Nella zona di Dokki c'è il quartier generale di Ahmed Maher, in centro quello di Amre Ezz.
Chi probabilmente vincerà tutto, decidendo quanto e quando vincere grazie a un'organizzazione e una disciplina quasi militari, sono i Fratelli musulmani. Hanno creato Giustizia e libertà, il loro partito privo di riferimenti religiosi come prescrive la legge; e senza aspettare Ramadan, sono in campagna elettorale praticamente da quando è finita la protesta di piazza Tahrir. Socialisti, comunisti, nasseriani, liberali e partiti borghesi moderati sono terrorizzati.
«In Egitto la religione è importante ma è sempre stata all'interno di un sistema laico», dice Nabil Abdel Fattah, il presidente dell'Istituto di studi strategici al Ahram. «La fratellanza cercherà di cambiare questo. Vuole conoscere la loro vera agenda?», chiede Fattah senza riuscire a dissimulare un senso di panico nel tono della voce. «Andranno in Parlamento con il blocco più forte, legittimati come attori politici. Sosterranno un governo di coalizione, poi saranno i protagonisti nella trattativa sul nuovo presidente. Non sarà uno dei loro ma nessuno lo diventerà senza essere scelto da loro. Non sappiamo quale sia la loro politica estera e quella economica, la posizione sulle donne e le minoranze religiose. Hanno sempre dato risposte ambigue».
Ieri mattina al Groppi, davanti ai giornali freschi di stampa, Ayman ha fatto un grande annuncio: «Mi candido anch'io. Da indipendente». Prima di decidere aveva verificato che nel suo quartiere non si presentassero Fratelli musulmani. Si iscrive anche lui al partito che non esiste: quello della generazione giovane, educata ma dal lavoro precario quando c'è, borghese ma povera, curiosa di democrazia, individualmente religiosa e collettivamente laica. Lo stesso partito di Alì Mohamed, 25 anni, tecnico sanitario che vuole andare in America a prendere un master e tornare. «Fra 10 anni avrò una famiglia e chi verrà al mio ospedale troverà quello di cui ha bisogno». È questo il tuo sogno? «No, è ciò che accadrà», aveva risposto quasi offeso. Ma se chiedete ad Ali, Ayman, ai vecchi e ai nuovi partiti, nessuno parlerà di soluzioni economiche. Anche se è l'economia il problema e la chiave dei sogni di tutti. Preoccupati dagli squilibri sociali ereditati dal vecchio regime, i Fratelli musulmani pur così organizzati, non hanno saputo che proporre una elemosina collettiva degli egiziani ricchi a favore di quelli poveri, come prescrive il Corano.
U.T.- I Fratelli musulmani ? La nuova Dc
Issam El Erian, la nuova DC ?
«Non è vero! Gli egiziani sono nuovi egiziani, sarà faticoso convincerli. Noi non cerchiamo di conquistare la maggioranza, è l'inizio di un nuovo sistema, tutti i partiti saranno in Parlamento con lo stesso potere». Issam el Erian, vicepresidente di Giustizia e libertà, il nuovo soggetto politico dei Fratelli musulmani non l'aveva presa molto bene. La domanda che sembrava una constatazione - «Sarete voi i vincitori alle elezioni?» - non gli era piaciuta.
La parola d'ordine è moderazione: tranquillizzare chi teme, partecipare, mostrare tolleranza. Tutto quello che il movimento islamico ha fatto dopo la grande rivolta di febbraio, è dare l'idea di trasformarsi nell'equivalente di una grande Democrazia cristiana europea: basta con le manifestazioni, massima collaborazione con i militari, un nuovo partito, la candidatura «a non più del 45-50% dei seggi», annunciato in una shura, l'assemblea consultiva del movimento, da convention democratica. «Questo vuol dire che non ne conquisteremo più del 30%», aveva precisato el Erian. Quanto basta per diventare comunque partito di maggioranza relativa.
L'idea che passa, per il momento più come rassicurazione collettiva, è che i Fratelli musulmani diventeranno come il Partito turco per la giustizia e lo sviluppo. «Neanche per idea, il nostro è un modello egiziano», aveva rivendicato Issam el Erian, onestamente ignorando le paure degli altri. «Non ha senso avere paura di noi. Gli altri partiti devono essere fiduciosi, devono lavorare come noi fra la gente, rappresentare il sentimento dei cittadini. Chi ci riuscirà vincerà. Ma, ripeto, alle prossime elezioni non vincerà nessuno tranne l'Egitto».
Issam el Erian non ha torto. Nell'effervescenza politica di oggi anche loro hanno già perso qualche pezzo importante della vecchia fratellanza.
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