venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto Rassegna Stampa
22.06.2011 Tel Aviv si prepara alla guerra
Israele guerrafondaio, ha la mania della difesa

Testata: Il Manifesto
Data: 22 giugno 2011
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Tel Aviv si prepara alla guerra»

Ogni tanto siamo tentati dall'escludere il quotidiano di Rocca Cannuccia dalla mazzetta dei quotidiani che ogni giorno monitoriamo. Si fa una certa fatica, mista alla noia, a ripetere ogni volta le stesse critiche. Michele Giorgio è come un disco rotto, idem chi fa i titoli, sembra di leggere la Pravda dello scomparso Urss o Gramna, il quotidiano di Re Castro ancora imperante.
Poi ci riprende la buona volontà ed eccoci di nuovo oggi, 22/06/2011 a fare la punta a Michele Giorgio, che, sotto ad un titolo decisamente comico " Tel Aviv si prepara alla guerra" ( a pag.8) ci racconta come Israele faccia delle esercitazioni simulate nel caso il paese venisse attaccato.
Giorgio, e con lui il MANIFESTO tutto sull'attenti a pugno alzato, vi vedono una strenua volontà guerrafondaia. Non possiamo nemmeno dire che non conoscono la storia, le guerre che Israele ha dovuto combattere, per difendersi da chi la voleva distruggere. Queste, per i compagnucci di Rocca Cannuccia, sono quisquiglie. "Tel Aviv" - e qui ci facciamo un'altra risata - "si prepara alla guerra". Chissà, forse Michele Giorgio non esiste, è un nickname, non è mai stato in Israele e i suoi pezzi li scriva da Rocca Cannuccia.
Intanto ci siamo cascati un'altra volta, cari lettori, non ci ha fermato neppure l'arrivo dell'estate.
Sorbitevi il pezzo di Giorgio, eccolo:

L’esercitazione «Punto di svolta 5» vivrà il suo momento più drammatico oggi, quando per due volte la popolazione di Israele sarà chiamata a raggiungere i rifugi nel corso di una simulazione di una pioggia di razzi e missili che si «abbatterà» sul paese. Sono le manovre civili più ampie, almeno in questi ultimi 10-15 anni, e nonostante i vertici politico-militari ne abbiano ridimensionato il significato, è fin troppo chiaro che Israele sta preparando la popolazione ad un attacco contro l’Iran o Hezbollah (o entrambi) che vedrebbe l’inevitabile reazione da parte di avversari in grado di colpire lo Stato ebraico. L’ampiezza dell’esercitazione non lascia dubbi sull’importanza che viene assegnata all’addestramento delle «retrovie», a cinque anni di distanza dall’offensiva aerea e, in seguito, anche terrestre in Libano del sud, alla quale Hezbollah rispose lanciando oltre 4.000 «katiusha» contro il nord d’Israele. In quei giorni le vittime civili israeliane furono relativamente poche, alcune decine rispetto ai 1.200 libanesi (e ad un numero imprecisato di combattenti del movimento sciita), ma la caduta di tanti razzi generò panico tra la popolazione. Decine di migliaia di israeliani abbandonarono per giorni le loro case in Galilea e si spostarono verso Tel Aviv. Stavolta però, in caso di una nuova offensiva in Libano, Tel Aviv non verrebbe risparmiata - come il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha minacciato più volte - ed è fin troppo chiaro che le batterie anti-razzi, «Arrow» e «Iron Dome», potranno fermare solo in minima parte la reazione di Hezbollah (o dell’Iran). Per i comandi israeliani l’unica soluzione è preparare i civili al peggio, ossia a uno scenario in cui il centro del paese viene colpito da centinaia di missili al giorno. «Punto di svolta 5» include fra l’altro la simulazione dell’esplosione di un elicottero in un centro abitato della Galilea, un attacco alla Knesset (il parlamento), la mobilitazione di ospedali e ospizi, di tutti i servizi d’emergenza, l’invio di sms alla popolazione, test di resistenza della rete telefonica mobile. Il 60% degli israeliani ha già ricevuto le nuove maschere antigas, gli altri le avranno entro l’anno prossimo. In totale saranno 80 le municipalità coinvolte nelle simulazioni. «I nostri nemici sanno perfettamente che, se ci attaccheranno, noi li colpiremo in modo devastante, madobbiamo prepararci perché (i nemici) hanno la capacità di sparare missili e razzi contro ogni parte del nostro territorio» ha spiegato il vice ministro della difesa Matan Vilnai. Israele parla di difesa, ma nel paese tutti sanno che l’opzione di un raid aereo contro le centrali nucleari iraniane e di un «regolamento di conti» con Hezbollah rimane sul tavolo del primo ministro Netanyahu (e di Barack Obama). E nessuna può metterla in discussione, come ha dimostrato il polverone sollevato dalle dichiarazioni, qualche settimana fa, dell’ex capo del Mossad, Meir Dagan, apertamente contrario ad un attacco «preventivo» all’Iran e, per questo, criticato duramente da governo e opposizione. Di recente la stampa israeliana ha anche ripreso a parlare dell’unità «Shaldag», creata nel 1977 per operare dietro le «linee nemiche». Oggi nella stanza dei bottoni delle Forze Armate israeliane, ci sono diversi ex membri dell’unità «Shaldag», a cominciare dal capo di stato maggiore, generale Benny Gantz. Secondo alcuni questa concentrazione di ex commando ai vertici militari rende più probabili operazioni «audaci» in un Medio Oriente instabile, attraversato da rivolte, con un Egitto più «ostile» verso Israele. Le Forze Armate israeliane, ha rivelato da parte sua il Jerusalem Post, hanno portato da 200 a diverse migliaia l’elenco degli «obiettivi» in Libano del sud e nella Striscia di Gaza, in vista di guerre future. Non a caso il nuovo piano strategico che i comandi presenteranno (forse ad agosto) punta molto sull’acquisto immediato di altri cacciabombardieri F-15 ed F-16 a lungo raggio (gli F-35 Stealth arriveranno solo nel 2017) e sullo sviluppo dell’intelligence. Qualche giorno fa, durante una conferenza, l’ex generale, ora analista strategico, Giora Eiland, ha escluso che Hezbollah, reso più fragile, a suo dire, dalla crisi che sta affrontando l’alleato regime del presidente siriano Bashar Assad, tenti azioni militari contro Israele e ha previsto una situazione calma al confine con il Libano. Ma proprio un Hezbollah apparentemente più isolato e meno protetto potrebbe spingere Israele a scatenare la scintilla di quel «regolamento di conti» con il movimento sciita, che l’establishment politicomilitare ha in mente dal 2006.

Per inviare al Manifesto la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.


redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT