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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.06.2011 La rinascita ebraica tra Italia e Israele
intervento di Sergio Itzhak Minerbi

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 giugno 2011
Pagina: 1
Autore: Sergio Itzhak Minerbi
Titolo: «La rinascita ebraica tra Italia e Israele»

La rinascita ebraica tra Italia e Israele
intervento di Sergio Itzhak Minerbi
dal libro a cura di Marco Paganoni
Per costruire e ricostruirsi,
Astorre Mayer
e la rinascita ebraica tra Italia e Israele
Franco Angeli, Milano, 2010


Sergio Itzhak Minerbi

Al momento della fondazione dello Stato d'Israele, nel 1948, il ruolo del Console Onorario non era ancora ben definito presso il ministero degli esteri israeliano. L'ignoranza delle prestazioni di un Console onorario generava talvolta scetticismo al ministero e, per prudenza, invece di incoraggiare la creazione di consolati onorari,  esso aveva la tendenza, piuttosto, di evitarli. Questo atteggiamento non è cambiato molto fino ad oggi e il ministero arrivò persino a chiudere il Consolato onorario di Hong Kong, per le solite ragioni budgetarie, sebbene le spese fossero coperte da Lord Kadoorie, che fu tra i primi ad inserirsi nell'economia della nuova Cina, costruendo una centrale elettrica nucleare del valore di 3 miliardi di dollari. Dopo alcuni anni di interruzione, il ministero israeliano decise di riaprire il consolato e fu sorpreso dalla facilità con la quale fu possibile farlo, proprio perché le autorità britanniche avevano già dato il loro exequatur in passato avendo, approvato il precedente Console onorario.
 La conformazione geografica dell'Italia, nonché la distribuzione delle sue industrie, impongono un contatto continuo con le autorità e gli industriali del nord Italia, che l'Ambasciata, impelagata nella melma nella burocrazia romana, può difficilmente seguire. Per di più, dopo la liberazione nell'Aprile 1945, grazie all'intervento di Raffaele Cantoni, il  prefetto di Milano Riccardo Lombardi e il Clnai (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) concessero alla Comunità ebraica di Milano l'uso di Palazzo Odescalchi, in via Unione 5, che era stato sede del Gruppo Fascista locale "Antonio Sciesa".
 Ebbe così inizio l'epopea di via Unione e, per alcuni anni, quel palazzo nel centro di Milano divenne il cuore pulsante di tutte le attività ebraiche, campo di transito per i profughi, mensa, base per le attività clandestine della Haganà.
 Astorre Mayer ebbe fin dall'inizio un vivo interesse per i sopravvissuti ai campi di sterminio, che affluivano a migliaia in Italia, in transito per Eretz Israel o altri lidi. Essi arrivavano a via Unione dalla frontiera con l'Austria e venivano poi smistati in ville, tenute e campi in varie località. Forse la sensibilità di Astorre Mayer era maggiore poiché suo padre Sally era nato in Germania e, pur avendo fatto fortuna come industriale nella produzione della carta, era rimasto particolarmente legato ai suoi fratelli d'origine. Astorre fu generoso di aiuti, non solo materiali, per l'Aliyà Bet, organizzata dalla Haganà, per trasferire la maggior parte dei profughi affluiti in Italia (circa 30.000), nell'allora Palestina, nonostante i divieti del governo mandatario britannico e il blocco navale imposto dalla flotta britannica.
 Con la creazione dello Stato d'Israele, il 14 Maggio 1948, si effettuò un graduale passaggio degli inviati israeliani in Italia dalle attività clandestine della Haganà a quelle ufficiali dello Stato. La Legazione d'Israele a Roma si rese conto molto presto che avrebbe incontrato non poche difficoltà nel mantenere dei contatti frequenti e fruttuosi con il Nord Italia. Il suo personale era molto scarso, le comunicazioni lunghe e complesse ed era molto difficile inviare un funzionario per alcuni giorni consecutivi al nord. Era evidente che si dovesse aprire un consolato nel maggiore centro industriale del nord, ossia Milano, ma il ministero degli Esteri non aveva i mezzi necessari per farlo. Nacque così l'idea di aprire un Consolato onorario e la scelta evidente e naturale cadde sull'ingegnere Astorre Mayer, noto industriale milanese, certo non privo di mezzi finanziari e con una lunga attività sionistica al suo attivo.
Simultaneamente fu decisa anche l'apertura di un Consolato onorario a Genova, nominando l'Avvocato Lelio Vittorio Valobra come Console. Questi aveva diretto in precedenza la Delasem ("Delegazione Assistenza Ebrei Migranti"),  dalla sua fondazione, il 1 Dicembre 1939, fino al Settembre 1943, quando fu costretto a rifugiarsi in Svizzera.
I due Consolati onorari di Milano e Genova cominciarono ad essere operativi nel Novembre 1950. Negli Archivi di stato israeliani,  abbiamo ritrovato una parte della ricca corrispondenza in proposito.

Le competenze del Console generale

All'epoca, le competenze di un Console Generale onorario non erano ancora ben definite. Il capo della Legazione a Roma, Moshè Ishai, se ne preoccupò già il 25 Marzo 1952. In una sua lettera al dipartimento consolare del ministero degli esteri a Gerusalemme, egli tesseva le lodi di Astorre Mayer scrivendo:

"Non credo che noi abbiamo in una qualsiasi località un Console onorario più capace. La persona (figlio unico) e suo padre sono tra i più abbienti a Milano e senza dubbio fanno parte di un'ottima famiglia, una delle migliori nella Comunità ebraica italiana. Generoso nelle sue offerte, abile militante, legato con tutta la sua anima a Israele. Inoltre, un innovatore coraggioso anche nell'industria, nei suoi rapporti con gli operai. Per esempio, ha aperto una scuola professionale per la produzione della carta, dove opera la sua fabbrica. Nella scuola studiano i figli degli operai e al termine dei loro studi sono assicurati a coloro che hanno terminato i corsi, dei posti di lavoro nella fabbrica stessa. La fabbrica produce carta da imballaggio e carta igienica e rifornisce circa il 50% del mercato italiano. Ora si occupa della creazione di una fabbrica simile in Israele.
La sua generosità nelle nostre questioni gli costa milioni di lire. Il Consolato è arredato con gusto ed egli copre tutte le spese. […] Parlando con lui ho scoperto che egli non ha la competenza di firmare sui visti o di rinnovare i passaporti e che deve traferire a Roma i documenti per ottenervi la firma.Questa dipendenza è non solo del tutto incomprensibile, ma anche scomoda e ferisce la persona e la sua posizione. Perciò chiedo istruzioni e una serie timbri a sua disposizione, da fornire subito con il diritto alla firma sui visti e passaporti. I contatti fra di noi rimarranno molto stretti, noi saremo nei suoi confronti consiglieri e ultima istanza, ma non lo metteremo nella posizione di non poter apporre la sua firma sui visti che egli rilascia ai passanti e ai cittadini israeliani".

La questione occupò le cancellerie per alcuni mesi. Il 4 Aprile 1952, a stretto giro di posta, rispondeva Zvi Avnon, direttore del dipartimento consolare, che senza dubbio bisognava concedere la competenza di firmare i visti al sig. Mayer, ma sulle modalità precise si sarebbe espresso in seguito.  Moshè Ishai, da Roma, ribattè che bisognava affrettarsi, tanto più che, in occasione della festa dell'indipendenza, si usa concedere onori ai cittadini meritevoli.  Il 25 Aprile 1952, il ministero telegrafava a Roma per accordare il diritto di firma a Mayer, senza però inviare anche i timbri, che non erano ancora pronti e non lo furono nemmeno il 15 Maggio 1952.  Ma Ishai a Roma riuscì a trovare il modo di consegnare i timbri al signor Mayer in visita a Roma, già il 1 Maggio.
 Queste difficoltà di carattere burocratico, che oggi sembrano futili, illustrano le condizioni nelle quali era costretto a lavorare Astorre Mayer. Non a caso, dal momento che la situazione finanziaria del ministero degli esteri era difficile, le lettere sono spesso dedicate a problemi finanziari concernenti la copertura delle spese consolari.
All'inizio venne discussa anche la questione della creazione di un fondo speciale per coprire le spese del Consolato onorario. Il ministero plenipotenziario a Roma, Moshe Ishai, era contrario a un fondo del genere, e propose invece di fissare nuove regole: a) il Console onorario non aveva diritto né al salario né al rimborso spese; b) Lo Stato avrebbe dovuto coprire, per ogni Consolato, le spese d'ufficio, dell'automobile, della stampa dei moduli, dei timbri, dei telegrammi e del telefono, ovviamente limitate alle attività consolari e ai collegamenti con la Legazione e la Kiryà (Il ministero degli esteri a Tel Aviv); c) Lo Stato non avrebbe coperto le spese per i funzionari supplementari, salvo eccezioni, cioé quando il Console onorario dichiarava di non poter sostenere tali spese. In tal caso, il Console avrebbe dovuto presentare un programma di lavoro e lo Stato avrebbe deciso se accettarlo oppure chiudere il Consolato.

In seguito, dato l'ammontare di lavoro che Mayer doveva sobbarcarsi, venne posta all'attenzione del ministero degli esteri israeliano la questione dell'apertura di nuovi consolati nell'Italia Settentrionale, in particolare a Torino e a Trieste.
Alcuni anni dopo, nel Gennaio 1955, il ministro plenipotenziario Eliahu Sasson scrisse una lettera personale al Direttore Generale del ministero degli esteri, riferendogli una conversazione con Astorre Mayer, il quale gli aveva riferito in modo riservato che il lavoro consolare si andava estendendo e gli pesava molto.
Non solo gli occupa la maggior parte del suo tempo, ma anzi disturba il suo lavoro commerciale e la vita famigliare e lo conduce spesso al nervosismo e ad una grande fatica. Talvolte egli è costretto a veder sfumare delle opportunità, mentre molti sono coloro che bussano alla sua porta per un consiglio, una raccomandazione, una richiesta d'aiuto o d'intervento. Il suo buon cuore e la sua coscienza sionistica non gli permettono di rispondere negativamente".

Sasson commenta che, effettivamente, Mayer è ovunque. Non c'è riunione, pubblica, culturale e sionistica, a Milano e in Italia, alla quale Mayer non sia presente. Alla domanda postagli da Sasson su come l'ambasciata potesse aiutarlo, Mayer aveva proposto due soluzioni: una, che venissero nominati due Consoli onorari a Torino e a Trieste, come richiesto già precedentemente; l'altra, che venisse assunto al Consolato di Milano, oltre al cancelliere Moshe Barak, un altro israeliano, il quale si facesse carico di una serie di mansioni, non solo consolari, ma anche riguardanti questioni sionistiche e israeliane, quindi mantenendo i contatti con le comunità ebraiche e le istituzioni governative italiane, organizzando conferenze e via dicendo.
 Sasson conclude la sua lettera dicendo che la questione è urgente e che non bisogna continuare a rimandarla, soprattutto perché "in ogni nostra conversazione telefonica o incontro, percepisco la stanchezza del signor Mayer e la cosa mi duole, dal momento che non ho ancora incontrato nella golà un ebreo tanto fedele, devoto, delicato, sionista come questo uomo".

I rapporti con la stampa
 
Tra le molte altre attività di cui si occupò, Astorre Mayer si assunse anche il compito di mantenere dei rapporti continuativi con la stampa italiana, tanto più che tutti i quotidiani importanti venivano pubblicati nel nord Italia: ricordiamo a Milano Il Corriere della Sera e Il Giorno e a Torino La Stampa. Lo stesso dicasi di molti settimanali e riviste. In questo contesto egli fu interpellato da Giovanni Lovisetti, redattore del settimanale Relazioni Internazionali per le questioni mediorientali. Grazie all'interessamento dell'ing. Mayer, il primo ministro plenipotenziario d'Israele presso la Repubblica italiana, Shlomo Ginossar, che aveva presentato le credenziali il 13 Luglio 1949, accolse nel novembre 1949 l'invito dell'Istituto per gli Studi Internazionali di tenere una conferenza presso la propria sede, a Milano.
 Nel 1954 Lovisetti fu invitato da Astorre Mayer a visitare Israele ed egli ricorda il colloquio con il ministro degli esteri Moshè Sharett, nel quale "Sharett delineò con parole ammirate la figura di Astorre Mayer e manifestò con calore il suo compiacimento per l'opera profiqua che, quale Console generale, egli svolgeva in favore di Israele".
 Eliezer Halevi, della Legazione israeliana a Roma, scrisse il 30 Settembre 1951 a Mayer per segnalare un articolo apparso sulla rivista Epoca dal titolo: "Avvocati si difendono dai Protocolli di Sion". Poiché la maggioranza di quelli che scrivevano erano di Milano, Mayer fu pregato di condurre un'inchiesta su chi fossero le persone in causa.  Il mese successivo, l'addetto stampa della Legazione a Roma, Jeshajauh Anug, ringraziava per l'invio dell'articolo "Palestina, terra santa", pubblicato sulla rivista Swiss-Italie, chiedendo di mandargli una copia della rivista e di interessarsi per sapere chi erano gli editori.

Relazioni con la Santa Sede

Nonostante le difficoltà burocratiche alle quali abbiamo accennato sopra, Mayer svolse un ruolo importante e in un certo senso sorprendente nella questione politica più delicata del momento, quella delle relazioni con la Santa Sede.
Negli anni del suo consolato, Israele non ebbe relazioni diplomatiche con la Santa Sede, poiché tali relazioni furono stabilite solo dopo la stretta di mano del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e del capo dell'Olp Yasser Arafat, avvenuta a Washington il 13 Settembre 1993. Lo scambio di ambasciatori con la Santa Sede  si effettuò solo l'anno successivo, dopo la firma a Gerusalemme dell'Accordo Fondamentale del 30 Dicembre 1993.
Fin dal 1947, agli inizi della lotta di Israele per l'indipendenza, la Santa Sede fu ostile sia per ragioni teologiche sia per la preoccupazione nei confronti dei fedeli della Chiesa nell'allora Palestina, che erano Arabi. Scoppiata la guerra, la Santa Sede si preoccupò per l'incolumità dei Luoghi Santi e per la sorte dei profughi palestinesi il cui esodo vuotava la Terra Santa di gran parte dei suoi abitanti cristiani. Ma sopratutto il Vaticano caldeggiava un regime internazionale per Gerusalemme e dintorni e pare che abbia accettato la partizione approvata dall'Onu il 29 Novembre 1947  solo perché prevedeva un corpus separatum internazionale per Gerusalemme. Su questo punto il Vaticano era in rotta di collisione con Israele, nuovo stato uscito vittorioso dalla guerra di indipendenza. Israele si preoccupò di intraprendere dei contatti col Vaticano ed inviò Yakov Herzog a Roma, ma ben presto fu giocoforza rendersi conto che l'ostilità prevaleva. Il ministero degli esteri israeliano decise perciò  di non cercare più nessun contatto in Vaticano  ed anzi di evitarne. C'erano in effetti due scuole di pensiero nel servizio diplomatico israeliano: una, con Eliahu Sasson in testa, propendeva per sfruttare qualsiasi possibilità di contatti altolocati,  mentre la seconda severamente ammoniva di non abbassarsi a chiedere incontri giudicati inopportuni dal Vaticano. Probabilmente  queste due linee erano legate anche a questioni personali, poiché alcuni funzionari avevano la tendenza a monopolizzare i contatti con il Vaticano e volevano perciò escludere gli altri colleghi.
In un certo senso, avevano ragione entrambe le tendenze, poiché è vero che si sarebbe dovuto sfruttare ogni occasione di contatti, ma senza mettere in evidenza il forte desiderio di Israele di giungere all'apertura di relazioni diplomatiche con la Santa Sede. La politica mediorientale della Santa Sede diretta da Mons. Tardini, era inflessibile nel richiedere l'internazionalizzazione di Gerusalemme, per quanto nel Giugno 1952 lo stesso Mons. Tardini sembrò favorevole a una proposta italiana. Egli avrebbe accettato perfino il riconoscimento dello Stato di Israele in cambio della "partecipazione di quel governo all'attuazione del piano" che prevedeva il riconoscimento di Gerusalemme "Città aperta".  Ma Mons. Tardini tornò indietro alcuni giorni dopo.
 All'interno del ministero degli esteri israeliano  e delle sue ambasciate, si era formato un vuoto attorno al Vaticano, e l'ambasciatore a Roma, Eliahu Sasson, pensò di colmarlo almeno in parte, facendo intervenire il Console Generale a Milano, Astorre Mayer. Sasson giocava evidentemente sull'ambiguità di un industriale milanese che era allo stesso tempo rappresentante di Israele e come tale ricevette da Sasson istruzioni di render visita ai cardinali della sua zona. Per Sasson questo era un metodo per aggirare le istruzioni ricevute e per far fare a Mayer quello che egli non poteva eseguire personalmente, date le istruzioni ricevute dal ministero.
Già il 27 Ottobre 1953, Mayer andò a parlare con il cardinale Giuseppe Roncalli,  che in quell'anno era stato nominato Patriarca di Venezia. Mayer scrive: "Nel seguito della nostra conversazione, egli raccontò di aver conosciuto in vita sua molti ebrei e anche israeliani. Ricordò, ad esempio, Maurice Fischer, quando era ancora ministro plenipotenziario a Parigi ed ebbe con lui relazioni molto buone". Mayer lo informò che Fischer si trovava in quel momento ad Ankara e Roncalli promise di riprendere i contatti con lui. Mayer riteneva che il Cardinale Roncalli avrebbe scritto a Fischer per mezzo di qualche monsignore di Ankara. Alle sue parole su Fischer, il cardinale aggiunse che, quando in passato aveva creduto prossimo il riconoscimento da parte del Vaticano dello Stato d'Israele, aveva invitato Fischer per "smuovere il terreno".
E' questa la prima volta che sentiamo da un'autorità vaticana che la Santa Sede, prima del 1953, aveva soppesato la possibilità di stringere relazioni diplomatiche con Israele.
Dal diario personale di Moshe Sharett, allora primo ministro e ministro degli esteri d'Israele, alla data del 10 Novembre 1953 è scritto: "Non c'è nessun cambiamento nella posizione del Vaticano e, al contrario, diviene più rigida e intransigente".
Dallo stesso diario, qualche giorno dopo, apprendiamo che si era discusso al ministero degli esteri sulla proposta del Brasile di mediare tra Israele e il Vaticano sulla questione di Gerusalemme. Era chiaro a Sharett che il Vaticano non si sarebbe accontentato del controllo internazionale sui Luoghi Santi e avrebbe richiesto la smilitarizzazione di ambo le parti di Gerusalemme, forse come fase preparatoria per l'internazionalizzazione di Gerusalemme e dintorni.
Il 25 Agosto 1954, il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli scrisse da Sotto il Monte (Bergamo) a Mayer: "Dal paesello natio, ove trascorre alcuni giorni di raccoglimento e di lavoro riposante, si onora di riscontrare gli auguri che l'Ill.mo Sig. Console d'Israele, dr. Astorre Mayer, ha voluto inviargli in occasione della sua Messa d'Oro".  Evidentemente, Mayer era sensibile a ricorrenze cattoliche, come quella della Messa d'Oro per un ecclesiastico, sensibilità abbastanza rara fra i funzionari israeliani.
Mayer rispose il 27 settembre 1954 a Roncalli, affermando di essere a sua completa disposizione per proporre un programma di visita in Israele e ricordandogli "che Ella mi manifestò il desiderio di recarsi un giorno in viaggio in Israele".

Pochi giorni dopo, Roncalli rispose a Mayer con un biglietto nel quale scriveva: "Gratissimo del buon ricordo, ringrazia vivamente l'Ill.mo Sig. Mayer: ed assicura che non mancherà – all'occasione – di approfittare della di Lui gentile profferta".  Lo stesso mese, l'ambasciatore Elyiahu Sasson rispose a Mayer circa la possibile visita di Roncalli in Israele e notò che, secondo l'Osservatore Romano dello stesso giorno, Roncalli era partito il giorno prima per Beirut, come rappresentante personale del Pontefice, per presiedere la "Commissione Nazionale Libanese", che si riuniva colà. Col Cardinale partiva una delegazione dei sei persone, tra i quali tre cardinali e il capo dell'Azione Cattolica di Venezia.
 Il mese successivo, Mayer scriveva al segretario del patriarca di Venezia, Loris Capovilla:  "La ringrazio vivamente della sua cortesia durante il colloquio telefonico odierno così disturbato, e mi permetto di confermarle che verrò a Venezia il 23 Novembre alle ore 11:00 per rendere visita a Sua Eminenza ed esporgli una questione di carattere personale".  Si può supporre che il "carattere personale" fosse un eufemismo per richiedere una conversazione a quattr'occhi.
 Il 13 novembre, Capovilla rispondeva a stretto giro di posta, confermando che il patriarca attendeva Mayer per il 23 corrente e terminava: "Che Ella sia il benvenuto!".  L'incontro ebbe luogo come previsto e ne abbiamo la conferma dalle agende personali di Roncalli, nelle quali risulta un incontro il 23 novembre 1954, sotto la rubrica "udienze" egli scrisse: "Console Mayer di Israele per il Lombardo-Veneto".  Ma, nell'Archivio di stato israeliano, al posto del resoconto di Mayer sull'incontro con Roncalli e della lettera di risposta dell'ambasciatore Sasson, c'è una scheda verde che avvisa che il documento è stato rimosso e non è a disposizione del pubblico.  Generalmente un provvedimento del genere è preso solo quando ci sono ragioni attinenti alla sicurezza nazionale; ma, in mancanza del resoconto di Mayer e della risposta di Sasson, non possiamo che fare congetture ed ipotesi. Possiamo immaginare che Mayer avesse sollevato la questione delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Il fatto che anche una lettera dell'8 Dicembre 1954 di Yaakov Herzog, che era da anni preposto alle relazioni col Vaticano, sia stata tolta dalla filza normale, ci induce ad arrivare alle stesse conclusioni.

Qualche mese dopo, in seguito alla vendita di armi dalla Cecoslovacchia all'Egitto, Israele fece degli sforzi per persuadere il Vaticano di riconoscere Israele come un elemento essenziale nel proteggere gli interessi occidentali contro l'espansionismo sovietico. Il 26 Ottobre 1955, Sharett notò nel suo diario che Eliyahu Sasson aveva sentito da una fonte affidabile che il Papa, pur senza cambiare la sua posizione su Gerusalemme, sarebbe pronto a stabilire delle relazioni diplomatiche con Israele. Sharett aggiungeva che Sasson avrebbe verificato la questione attraverso il vescovo di Milano, Giovanni Battista Montini.  Ricordiamo che i contatti con l'arcivescovo di Milano erano tenuti da Astorre Mayer, e ciò significava che il ministero degli esteri a Gerusalemme considerava Astorre Mayer un ottimo tramite per avvicinare le alte cariche vaticane.
La paziente e continua pressione che Sasson esercitava sul ministero degli esteri italiano dette i suoi frutti. Come scrive la Tremolada, il 16 gennaio1956  "una cerimonia ufficiale conferì il grado di ambasciata alle vecchie legazioni".
Passarono alcuni mesi e di nuovo troviamo il resoconto di una visita a Roncalli. Il 28 Febbraio 1956, Astorre Mayer inviava un rapporto dettagliato in ebraico a Eliyahu Sasson, l'ambasciatore d'Israele a Roma, sull'incontro con il cardinale Roncalli a Venezia. Mayer scrive che il cardinale lo ha ricevuto molto bene e la conversazione era durata circa mezz'ora. Roncalli gli disse che, nella sua prossima visita a Milano, gli avrebbe reso la visita, poiché a Milano "mi sento un uomo libero".  Roncalli parlò subito dell'arcivescovo di Milano, Montini (che divenne in seguito Papa Paolo VI) e disse a Mayer che Montini era molto preoccupato per la questione degli operai e gli chiese la sua opinione. Mayer rispose che, al giorno d'oggi, non ci sono molti disoccupati a Milano e il problema concerne piuttosto l'educazione professionale, poiché solamente coloro che sono privi di un mestiere soffrono per la disoccupazione. Roncalli era d'accordo ed aggiunse che egli desiderava costruire a Venezia una istituzione educativa in occasione del centenario della nomina di un cardinale patriarca a Venezia, e questa istituzione avrebbe dovuto dare un'educazione professionale legata al turismo. Roncalli disse anche che era sua intenzione creare questa istituzione nel centro della città e per questo si era opposto ad un altro progetto in base al quale volevano costruire nel centro della città delle case popolari per i lavoratori. Mayer commenta: "Mi sembra che egli desideri dimostrare così che, mentre altri cardinali abbondano di parole su vari progetti, egli invece farà qualche cosa di più concreto".
 Il cardinale si disse dispiaciuto di essere in quei giorni lontano dal lavoro politico e diplomatico, ma ciò nonostante era lieto di conversare con Mayer sui problemi di Israele e sulle relazioni tra Italia e Israele. In merito, Roncalli disse di annettere grande importanza al fatto che le legazioni d'Israele e d'Italia erano state elevate al rango di ambasciate. Roncalli aggiunse che era sua intenzione pensare al problema delle relazioni fra il Vaticano e Israele. Mayer ebbe l'impressione che il cardinale sarebbe stato lieto di ricevere la visita dell'ambasciatore e aveva detto che il suo nome gli era noto.
 Mayer aggiunge di avere l'impressione che il cardinale oggi voglia limitare il suo lavoro solo alla sua comunità, senza toccare problemi più ampi e ciò in preparazione alla possibilità di elezioni di un nuovo Papa alla morte di quello attuale (Pio XII): ed in questo modo, e senza farsi propaganda, non si farà dei nemici. Roncalli aggiunse che, a suo tempo, aveva sentito da Shumann, quando era ministro degli esteri francese  che egli non voleva approfondire le questioni della grande politica fino a che queste non gli sarebbero cadute addosso.
 In conclusione Mayer pensa di poter affermare che nello stesso sentimento vivono tutti i grandi della Chiesa, fuori dalle mura del Vaticano e di Roma, e forse sarebbe opportuno farseli amici adesso; è probabile che, nello stesso tempo, si possano iniziare contatti con i dipartimenti tecnici, ossia gli uffici interni del Vaticano, persino i piccoli tra di loro.
 Pochi giorni dopo, l'Ambasciatore Sasson rispose alla lettera di Mayer, rallegrandosi di non essersi sbagliato quando gli aveva suggerito questo incontro e di sforzarsi per stringere i legami di amicizia con le personalità ecclesiastiche  a Milano, Venezia e Bologna.
"Fin tanto che Israele non ha relazioni ufficiali con il Vaticano, è molto importante mantenere i Suoi legami personali ed amichevoli con i rappresentanti del Vaticano nella zona di competenza del Suo Consolato. Magari potesse allargare questa zona ed estendere i suoi contatti, poiché le sue conversazioni personali con i cardinali non sono solo un'azione per il futuro, ma sono molto di più: sono azioni che spiegano, educano e preparano il terreno e seminano oggi per mietere domani."
 Secondo Sasson, Roncalli spera di arrivare al rango di Santo Padre e di ereditare il posto del Papa attuale, i cui giorni sono ormai contati.
 "Il fatto che egli abbia sottolineato, nella sua conversazione con Lei, l'importanza dell'elevazione di grado delle rappresentanze diplomatiche in Italia e in Israele al rango di ambasciate, dimostra che egli segue con interesse quanto avviene nelle relazioni estere e  cristallizza una sua posizione e un'opinione".
 Si ricorderà che il 29 ottobre 1956 Israele sferrò l'operazione Qadesh nel Sinai(crisi di Suez), in evidente accordo con Francia e Gran Bretagna. L'alleanza con i due paesi occidentali crollò quasi subito e Israele dovette affrontare quasi subito le pressioni americane del Presidente Eisenhower nonché quelle russe del presidente Krushchev, il quale minacciò di usare "tutti i tipi di armi", chiaro monito nucleare. Israele fu quindi costretto ad evacuare il Sinai nel marzo 1957.
Il 15 gennaio 1957  arrivò a Roma in visita Maurice Fischer, che nel frattempo era diventato uno dei vice direttori generali del ministero degli esteri a Gerusalemme, il quale, incaricato dei rapporti con il Vaticano, si incontrò con una dozzina di alti prelati a Roma e ne ebbe un'impressione positiva. Ma, nell'agosto 1967, lo stesso Fischer fu costretto ad ammettere di essersi sbagliato quando sperava che la posizione del Vaticano fosse cambiata in meglio.

Durante una vacanza estiva, nel Luglio 1957 a Venezia, Astorre Mayer fece una visita di cortesia al cardinale Roncalli, che, secondo Pinchas Lapid, "nutre da molti anni dei sentimenti di simpatia per noi". Tra l'altro, Mayer ricordò l'opportunità di un pellegrinaggio organizzato sia da parte del cardinale stesso che da parte dei vescovi della zona di sua competenza. Questa sua proposta era rimasta fino a quel momento senza una reazione precisa, ma forse se ne sarebbe potuto discutere nell'anno del decennale di Israele. Il cardinale chiese di trasmettere i suoi saluti cordiali al rabbino capo d'Israele, Itzhak Herzog,  che aveva conosciuto anni prima. Lapid pregò perciò il Dott. Colbi, del ministero dei culti a Gerusalemme, di trasmettere i saluti e di invitare Herzog a rispondere e forse anche  ad aggiungere  un invito a visitare Israele per il decennale. 

Il 6 Giugno 1958, l'Ambasciatore Sasson scriveva a Fischer:

"Il Vaticano crede che gli stati arabi siano filo-sovietici per tutto ciò che concerne la loro indipendenza e sovranità, ma anticomunisti nella loro vita privata ed individuale. Ciò spiega, per esempio, perché Abd-ul-Nasser sta cercando un riavvicinamento con il Cremlino, ma all'interno della sua repubblica si opponga fortemente al comunismo. Per queste ragioni, il Vaticano è convinto di poter avere un ampio raggio di azione nel Medio Oriente e nei continenti asiatico e africano, se solo saprà adattarsi alle aspirazioni e ai nuovi stili di vita di questi continenti".
 "Il Vaticano ha deciso, non spontanemente e non in base ad una valutazione seria e attenta, di evitare qualsiasi incidente fra le comunità cattoliche o gli ecclesiastici cattolici e i loro vicini arabi e islamici nei paesi arabi e islamici. Il Vaticano ha verificato e ha trovato che non ha alternativa. Se vuole conservare la presenza che ha in questi paesi, esso deve andare secondo la corrente. Altrimenti i paesi arabi e islamici potrebbero chiudere le loro porte di fronte al Vaticano, come hanno fatto contro forze ben più potenti".

In mancanza di relazioni diplomatiche normali, dopo la morte di Pio XII, avvenuta il 9 ottobre 1958, e l'elezione, il 28 ottobre seguente, di Angelo Giuseppe Roncalli, che divenne Papa Giovanni XXIII, qualcuno al ministero degli esteri israeliano pensò di organizzare un'udienza privata fra Giovanni XXIII e il suo amico dai tempi di Venezia, il console onorario generale a Milano Astorre Mayer.  Il ministero degli esteri israeliano fece intervenire varie personalità e in questo contesto si rivolse anche ad Astorre Mayer.
In merito, il 20 novembre 1958 l'ambasciatore d'Israele a Roma Eliyahu Sasson scriveva a Maurice Fischer di aver letto con interesse la lettera di Fischer diretta al cardinale Tisserant.  Appena ricevuta questa lettera, Sasson chiese un incontro con il cardinale Tisserant, che gli venne fissato per l'indomani, il 21 novembre. Sasson esprimeva la speranza che il cardinale leggesse la lettera di Fischer in sua presenza e desse subito una risposta soddisfacente.
 Sasson era lieto che il ministero avesse approvato la sua proposta di inviare un telegramma di congratulazioni a monsignor Tardini per la sua nomina a segretario di stato del Vaticano. L'Ambasciatore aveva chiesto l'autorizzazione non per eccessivo amore verso la persona di Tardini, ma nell'intenzione di ammorbidire il suo atteggiamento ostile verso Israele e suscitare l'impressione che Israele lo stimassee fosse soddisfatto della sua nomina. Sasson riteneva che fosse necessario avvicinarsi a Tardini dal momento che, dopo la sua nomina a cardinale e a segretario di stato, la sua opinione e i suoi consigli sarebbero stati maggiormente ascoltati e avrebbero avuto più peso nelle relazioni estere del Vaticano. Sasson aggiungeva che, quando ricevette la lettera di Fischer, Astorre Mayer si trovava per combinazione a Roma. Sia Mayer che Sasson erano d'accordo sull'atteggiamento del ministero secondo il quale il primo approccio di Mayer con Roncalli, ormai divenuto Papa, si dovesse fare solo dopo aver ricevuto la reazione di Tisserant alla lettera di Fischer. Inoltre, Mayer avrebbe dovuto essere istruito nel modo più completo possibile per evitare malintesi e per poter cogliere i frutti del suo intervento. Anche Sasson era dell'opinione che fosse opportuno che Fischer desse le sue istruzioni a voce a Mayer prima dell'incontro con il Papa.
 Mayer valutava molto positivamente il legame con Tisserant, ma riteneva che Israele dovesse stringere rapporti anche con altri cardinali e che si dovesse tentare ogni via per migliorare le relazioni con Tardini e guadagnarne la simpatia, sopratutto ora che era arrivato ad una posizione chiave nelle relazioni estere del Vaticano. Secondo me, fu questo un modo diplomatico di  Astorre Mayer per tentare di distogliere gli israeliani dalla loro idea fissa di trattare solo con l'unico cardinale che avesse sempre manifestato simpatia per Israele, Tisserant.
Mayer riteneva fosse molto opportuno pensare di piantare un bosco in Israele a nome del nuovo Papa, come riconoscimento per il grande aiuto che aveva dato agli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Secondo Mayer, un atto del genere avrebbe potuto risvegliare un'eco favorevole a Israele in Vaticano e nella Chiesa Cattolica in tutto il mondo. L'idea fu ben accetta da Sasson, il quale pregava il ministero di esaminarla seriamente. Egli riteneva che si potessero raccogliere dei fondi a questo scopo non solo dagli ebrei, ma anche dai cristiani ed organizzare una cerimonia con molti partecipanti per la posa della prima pietra. Inoltre, forse il ministro degli esteri Golda Meir sarebbe potuta venire a Roma di persona per porgere al Papa il documento relativo al bosco e per tenere conversazioni importanti con lui, con il segretario di stato e altri cardinali.
Anche dopo l'elezione di Roncalli a Papa Giovanni XXIII, Mayer cercò di mantenere i contatti con lui o indirettamente con i suoi collaboratori. Il 7 gennaio 1959, egli scriveva di aver inviato un libro sul decennale di Israele in omaggio a Capovilla, segretario privato del Papa. Questi gli rispose: "Mio caro sig. Console, grazie, grazie cordiali del suo pensiero e del suo dono. Il volume che narra dieci anni di storia d'Israele mi piace, e dà letizia e delicia [sic] agli occhi. Ricambio gli auguri di buon anno, prospero e benedetto. Suo, A. Loris Capovilla (31.12.1958)". Mayer aveva inviato una copia dello stesso libro anche al cardinal Tardini, segretario di stato, ma da lui non ricevette alcuna risposta.
Il 4 febbraio 1959, Fischer arrivò nuovamente a Roma per essere ricevuto cinque giorni dopo in udienza dal neo-eletto Papa, grazie alla mediazione del cardinale Tisserant e nonostante l'opposizione del segretario di stato Tardini. Il Papa parlò soprattutto della comprensione tra cristiani ed ebrei, mentre Fischer sollevava il problema della mancanza di relazioni diplomatiche tra il Vaticano ed Israele. Il Papa lo congedò dicendo: "Avreste ricevuto immediata soddisfazione se potessi ascoltare solo il mio cuore".

La visita al Cardinale Urbani

Il 20 aprile 1959, Astorre Mayer rese visita al cardinal Giovanni Urbani  a Venezia, che era succeduto a Roncalli come patriarca di Venezia. Il patriarca ricevette Mayer tra due gruppi di pellegrini alla Basilica di S. Marco, dove era stata trasferita la salma di Pio X.  Mayer ebbe una conversazione di circa mezz'ora con il patriarca, che si dimostrò molto cordiale e ospitale. Il patriarca gli raccontò dell'aiuto che egli aveva prestato agli ebrei di Venezia durante le persecuzioni e di come fosse in contatto con alcuni ebrei fra i maggiorenti della comunità di Venezia quando era ancora prete. Il patriarca espresse il desiderio di compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme, anche per poter incontrare degli ecclesiastici suoi vecchi amici. Mayer si disse pronto ad aiutarlo in ogni modo per realizzare la sua visita in Israele. Il patriarca raccontò anche di aver imparato l'ebraico e di aver insegnato ai suoi studenti l'ebraico e il Tanach [Bibbia ebraica] mentre era professore al seminario. In seguito il patriarca espresse la propria soddisfazione in merito alla decisione di Papa Giovanni XXIII che cancellava le parole "perfidi giudei" dalle preghiere del Venerdì Santo che precede la Pasqua. Tra l'altro, la parola "perfidi" ha assunto un'accezione dispregiativa esprimendo il significato di "malvagio" (mentre in origine significava solo "trasgressori della fede"). Mayer passò ad argomenti politici e percepì l'interesse del patriarca di essere al corrente di tali questioni. Il patriarca raccontò di aver sentito molto sullo Stato d'Israele e sarebbe stato lieto di visitarlo e vederne le realizzazioni. Mayer promise di mandargli del materiale scritto e il patriarca accettò la proposta. Il patriarca si lamentò che tutte le volte, quando la Chiesa compie un passo di avvicinamento a Israele, subito gli arabi si lamentano. Alla domanda di Mayer quando fosse successo un caso simile, il patriarca non rispose, ma volle invece sapere quale fosse la situazione politica d'Israele e la sua posizione per una soluzione del conflitto con gli arabi. Nella sua risposta, Mayer ricordò le parole del ministro degli esteri Golda Meir alla Knesset, la quale aveva detto che, sebbene la pace fosse ancora lontana, le prospettive di arrivarci erano maggiori che in passato. Mayer aggiunse che da parte israeliana c'era buona volontà per giungere finalmente alla pace e non c'erano ostacoli né politici né economici. Il console onorario spiegò al patriarca che con l'Egitto non c'era concorrenza in nessun campo né ragioni fondamentali per l'atteggiamento ostile dei paesi arabi nei riguardi d'Israele. Mayer aggiunse che l'argomento secondo il quale Israele causa il frazionamento del mondo arabo, è privo di fondamento, poiché il mondo arabo è solo un concetto teorico e non una realtà esistente.
"In conclusione – scrive Mayer – ho trovato che il patriarca è un tipico uomo di Venezia. Non è al corrente delle questioni politiche ed ha raggiunto la sua carica salendo nella gerarchia ecclesiastica e non per ragioni politiche. Non è uomo del grande mondo, ma piuttosto un uomo locale".

 Pochi giorni dopo, l'ambasciatore Eliyahu Sasson rispose alla lettera di Mayer del 21 aprile complimentandosi per la sua iniziativa, auspicata ed importante. Il fatto che il cardinale avesse ricevuto Mayer nonostante le sue occupazioni a causa dei due pellegrinaggi dimostrava il suo grande apprezzamento per la visita e il suo atteggiamento caloroso nei confronti degli ebrei.
 "La prego- scriveve l’ambasciatore- di continuare a prendersi cura del cardinale come ha fatto col suo predecessore e di mandargli regolarmente, come ha promesso, del materiale sullo sviluppo d'Israele e sulle relazioni corrette con la comunità cattolica e con le minoranze in genere. Verso personalità di questo tipo, siamo obbligati ad agire secondo il principio di lavorare per il futuro. Sarebbe per esempio desiderabile inviargli il libro edito da "Il Ponte" su Israele,  che è molto serio ed è importante che si trovi nella sua biblioteca, sia per l'uso del patriarca che dei suoi collaboratori".

I contatti con Montini

Il 7 gennaio 1959, Astorre Mayer scriveva all'ambasciatore d'Israele a Roma, Eliyahu Sasson, attirando l'attenzione su due ricevimenti offerti dal nuovo cardinale di Milano, Giovanni Battista Montini. Il primo ebbe luogo all'Arcivescovato, verso la fine di dicembre 1958, mentre il secondo fu organizzato dall'avvocato Adrio Casati, presidente dell'Unione regionale delle province lombarde. L'avvocato Casati salutò il cardinale Montini a nome di un pubblico di cinquecento invitati, tra i quali le autorità della  città e della provincia. La risposta del cardinale Montini fu molto cordiale e, tra l'altro, disse che la sua nomina da parte del Papa dava onore a tutta la Lombardia e non solo alla sua persona. Nominandolo cardinale, il Papa lo incaricava dell'amministrazione di tutta la regione.
 Mayer deduceva da queste parole l'intenzione di Montini di gestire tutta la vita lombarda, sia dal punto di vista religioso che laico. Questa impressione era sottolineata anche dal fatto che, tra i rappresentanti delle varie province, nessun altro prese la parola.
 Nei due ricevimenti, Mayer ebbe l'occasione di parlare con il cardinale Montini e si congratulò con lui a nome d'Israele rinnovandogli il precedente invito a venire in visita in Israele. Il cardinale Montini fu molto cordiale, ma non rispose direttamente all'invito.
 L'avvocato Casati si era rallegrato di quest'invito a Montini. Mayer contava di poter incontrare di nuovo l'avvocato Casati e il 7 gennaio 1959 scriveva a Sasson se fosse il caso di chiedere a Casati di tastare il terreno presso Montini sull'invito in Israele. Mayer aveva scelto Casati a questo scopo sia perché aveva presenziato alla sua conversazione con il cardinal Montini, sia perché era tornato entusiasta da Israele e ricordava la propria visita in ogni occasione.
 L'ambasciatore rispose a Mayer complimentandosi per aver rinnovato l'invito al cardinale Montini a visitare Israele come ospite d'onore del governo israeliano e  scriveva:
"E' opportuno che egli ricordi sempre che Israele lo stima molto e desidera la sua amicizia; anche se i suoi sforzi sono rivolti al futuro, essi non mancano di vantaggi. La nomina di Montini a cardinale ne aumentò molto l'influenza, nella sua regione e in Vaticano. Egli è divenuto uno dei primi e più importanti candidati al pontificato, dopo il Papa attuale".
 Sasson non riteneva opportuno richiedere all'avvocato Adrio Casati di parlare con Montini sull'invito in Israele. In generale, le personalità vaticane non amano       rendere partecipi degli estranei dei  loro segreti. Nel caso in cui Montini avesse l'intenzione di visitare Israele o se la cosa sarà possibile, gli sarà più facile dirlo a Mayer direttamente, piuttosto che per mezzo di una terza persona. L'ambasciatore riteneva invece che si potesse richiedere all'avvocato Casati, in un suo prossimo incontro con il cardinale Montini, di esporgli ciò che aveva visto personalmente durante la sua visita in Israele. Se Casati avesse accettato, sarebbe stato opportuno chiedergli di ampliare il discorso sull'atteggiamento corretto d'Israele nei confronti della Chiesa Cattolica e sul suo vivo desiderio di arrivare alle relazioni diplomatiche con il Vaticano. Casati avrebbe forse potuto aggiungere che, per quanto gli consta, il mondo cristiano accoglierebbe con gioia un simile passo.
Era quindi particolarmente importante, durante il consolato di Astorre Mayer, qualsiasi canale che potesse aprirsi con la Santa Sede. Giovanni Battista Montini era stato per alcuni anni arcivescovo di Milano e in quella carica ebbe frequenti contatti con Astorre Mayer. Secondo monsignor Pasquale Macchi, Paolo VI "ha sempre nutrito una profonda, continua, vivissima stima per l'ingegner  Mayer".
Mayer continuava a mantenere i suoi contatti con il cardinale Montini e, il 29 dicembre 1959, andò a visitarlo per porgergli gli auguri di buon anno, anche a nome dell'ambasciatore d'Israele. Nella conversazione di circa mezz'ora, parlarono soprattutto della ricostruzione d'Israele e Mayer invitò il cardinale a visitare il Paese. Montini rispose che era intenzionato a visitarlo, ma non per un giorno, bensì per un periodo più lungo di tre settimane circa. Montini fece notare che era vivo il suo desiderio di sentire l'atmosfera particolare d'Israele e di vedere coi propri occhi il suo sviluppo. Mayer scrive di aver avuto l'impressione ch'egli parlasse più liberamente della sua amicizia verso Israele e che il desiderio di visitarlo fosse venuto dall'accordo di principio da parte dei circoli "dell'alta politica".
L'ingegner Mayer invitò il cardinale a visitare la sua Cartiera di Cairate il 14 Maggio 1960 e questi fu accolto con vivissima cordialità. Qualche mese dopo, il cardinale si recò a Cairate per la consacrazione della nuova chiesa, della quale l'ingegner Mayer era stato benefattore. Nel Marzo 1963 ci fu ancora un incontro in casa del parroco in occasione della visita pastorale di Cairate.
Montini fu eletto Papa il 21 Giugno 1963 e scelse il nome di Paolo VI. Quando  il cardinale divenne Papa, scrive Macchi, il loro rapporto di profonda stima e di sincera amicizia si consolidò. Astorre Mayer fu tra i primi a esprimere la sua gioia, appena fu annunciata la visita di Paolo VI in Israele, effettuata nel gennaio 1964.
Il 7 maggio 1964, Paolo VI espresse l'intento di ridare in Vaticano una presenza agli artisti contemporanei. L'ingegnere Mayer apprezzò il desiderio di Paolo VI e si impegnò non solo con consigli, ma anche offrendo in dono tre opere: di Chagall, Dalì e Rubin.
Appena eletto Papa, Paolo VI dovette prendere una serie di decisioni concernenti il Concilio Vaticano II, che era stato indetto dal suo predecessore Giovanni XXIII. Tra l'altro, era in discussione la dichiarazione conciliare "Nostra Aetate"  riguardante il popolo ebraico, che fu approvata nel 1965.  La dichiarazione Nostra Aetate  voluta da Giovanni XXIII e attuata dal suo successore, rimane fino ad oggi la sola rivoluzione teologica compiuta dalla Chiesa cattolica in favore degli Ebrei.

La missione archeologica a Cesarea marittima

Le difficoltà non influirono minimamente sullo zelo di Mayer che, tra l'altro, si dedicò ad ispirare una missione archeologica milanese per gli scavi di Cesarea Marittima. L'illustre magistrato Adolfo Beria D'Argentine ricorda  come Mayer avesse organizzato la visita in Israele del primo presidente della Corte d'Appello di Milano, Manlio Borrelli. Egli visitò, tra l'altro, Cesarea Marittima, che, dopo la distruzione di Gerusalemme, divenne la capitale romana in Palestina. Nella parte marittima operava una missione archeologica americana. Nella parte coperta dalla sabbia, erano state ritrovate, nel corso di lavori agricoli, due statue, un grande mosaico e alcune strutture architettoniche romane. L'ambasciatore d'Italia a Tel Aviv, Benedetto Capomazza di Campolattaro, invitò gli ospiti a trovare a Milano le sovvenzioni necessarie per gli scavi di Cesarea. Tornati in Italia, Borrelli e Beria D'Argentine ne parlarono con Astorre Mayer, che ne fu subito entusiasta. Si concordò la visita in Israele del sindaco Virgilio Ferrari, dell'On. Achille Marazza e di Giordano Dell'Amore, presidente della Cassa di Risparmio delle Provinice Lombarde.
Nel Maggio 1957, si riunì a Milano, sotto la presidenza di Dell'Amore, un Comitato Promotore al quale aderirono il Comune e la Provincia di Milano. Dopo l'invio di una missione esplorativa, nel 1958 il Comitato decise di eseguire una prima campagna di scavi, nei primi mesi del 1959. I lavori furono diretti dal prof. Antonio Frova, assisitito dal prof. Luigi Crema, che collaborò al restauro del teatro romano. L'impegno finanziario fu sostenuto dalla Cassa di Risparmio, dal Comune, dalla Provincia di Milano, dall'Associazione Industriale Lombarla, dal dott. Andrea Shapira e dall'Ing. Astorre Mayer. Mayer riuscì ad ottenere anche la collaborazione di alcune imprese che fornirono attrezzature e materiale. Anche il governo israeliano, sollecitato da Mayer, favorì la missione, fornendo la manodopera locale e assicurando all'Italia interessante materiale archeologico. Il teatro erodiano ha conservato le sue doti acustiche e personalmente ricordo un concerto di Pablo Casals, che ascoltai dai gradini di quel teatro nei primi anni Settanta. Per uno di questi gradini fu utilizzata una lastra marmorea con il nome di Ponzio Pilato, unica testimonianza epigrafica del genere.

Per l'Università di Gerusalemme

Astorre Mayer fondò l'Associazione degli Amici dell'Università Ebraica di Gerusalemme e dimostrò sempre un profondo interesse verso questa università. Per molti anni fu membro del suo Consiglio di amministrazione e, il 3 Luglio 1972, gli fu conferita la Laura Honoris Causa in Filosofia. Avraham Harman, che fu presidente dell'Università Ebraica di Gerusalemme, scrisse a questo proposito: "Questo gesto era l'espressione della nostra profonda ammirazione per le qualità di un uomo che, conscio dei suoi doveri verso la collettività, alla collettività prima che a sè stesso dedicava in ogni momento tempo ed energia".

Conclusione

Da questo breve riassunto di alcune attività svolte dal console generale Astorre Mayer, possiamo farci un'idea dei molteplici campi nei quali questi operò. Se ho privilegiato le relazioni con la Santa Sede, l'ho fatto per dimostrare che ben aldilà delle mansioni normali di un console, egli era pregato di intervenire anche in questioni squisitamente politiche, come appunto le relazioni con il Vaticano. Col suo tatto, la sua conoscenza della mentalità italiana e le sue possibilità, egli diede un contributo eccezionale che merita certamente di essere ancora approfondito.
 Ciò che colpisce particolarmente quando si sfogliano le carte del console generale Astorre Mayer, è la sua grande ed intensa attività nei campi più disparati. A titolo di esempio, nell'anno 1952 Mayer scrisse al ministero le sue impressioni sul discorso dell'allora ministro del tesoro, Giuseppe Pella,  sul partito liberale, sull'arrivo di un nuovo console della Jugoslavia e su una visita di industriali italiani negli Stati Uniti. Per quantità di lettere e varietà di argomenti trattati, l'attività di Mayer fu certamente non inferiore a quella di un'ambasciata.


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