I legami tra le banche svizzere con il nazismo prima, con il terrorismo arabo-palestinese poi, non sono mai stati oggetto di una vera indagine storica. Un fatto abbastanza comprensibile quando sulle banche svizzere valeva il segreto più totale. Meno dopo l' 11 settembre, quando gli Usa rivelarono i nomi dei banchieri svizzeri coinvolti nel terrorismo.
Ben vengano le ricerche sui banchieri collaboratori, il cui odio contro gli ebrei è marcato da una ovvia continuità, da Hitler all'islam anti-israeliano, come racconta Vito Punzi su LIBERO di oggi, 19/06/2011 a pag.33, in un articolo dal titolo " Il banchiere che amava Hitler e i terroristi" :
Per decenni molti servizi segreti si sono rotti il capo attorno alla figura di François Genoud (1915-1996). Il banchiere svizzero, «tirato e nervoso, dai capelli neri e dai tratti del viso mediterranei» lo descrisse George Weidenfeld nel 1952, è stato uno spettacolo continuo di ambivalenza. Solo la sua convinzione politica, il suo amore per il nazionalsocialismo, per Hitler, Goebbels e Bormann, sono stati sempre limpidi e costanti e lui stesso non ha mai avuto difficoltà a manifestarli di fronte a chiunque (pagò tra l’altro la difesa nei processi contro Adolf Eichmann e Klaus Barbier, il “boia di Lione”). La scandalosa storia personale di Genoud viene ora ricostruita brillantemente dal giornalista e traduttore tedesco Willi Winkler, che con una nuova biografia (L’uomo ombra. Da Goebbels a Carlos: la misteriosa vita di François Genoud) appena uscita in Germania integra i precedenti lavori di Karl Laske e di Pierre Péan, entrambi del 1996, pochi mesi prima del suicidio di Genoud. Stregato dal Führer La devozione dello svizzero per la causa nazista iniziò già nel 1932, a Bad Godesberg, quando all’allora studente 17enne venne presentato Adolf Hitler in persona («Un grande del nostro tempo, un uomo tollerante», l’avrebbe definito più tardi). L’innamoramento fu tale che, tra l’altro, Genoud divenne un fervente collezionista di autografi e ricordi del Führer e dei suoi gerarchi. Da quel momento si fece militante delle formazioni para-naziste elvetiche e tuttavia non risulta essersi mai insanguinato le mani, tanto che, come sostiene Winkler, più che un criminale, lo si potrebbe definire «un libero professionista del nazismo ». Genoud è stato un uomo spregiudicato, ha vissuto di intrallazzi e di traffici illeciti. Il libro, oltre che sullo svizzero, si sofferma in realtà su un’intera serie di “uomini ombra”, come per esempio Hans-Joachim Rechenberg, la spia partner di Genoud, o Paul Dickopf, ex SA e SS,diventato nel dopoguerra presidente della BKA, la polizia criminale della Germania federale. In realtà, oltre che per il nazionalsocialismo, Genoud visse una lunga e forte infatuazione per la causa araba, con una forte sottolineatura antiebraica (del resto è stato anche un convinto negatore dell’Olocausto). Dopo aver conosciuto negli anni Trenta Amin al-Husseini, il Gran Muftì di Gerusalemme, dalla fine della Seconda guerra mondiale i paesi arabi, in particolare quelli compresi tra l’Egitto e il Marocco, divennero il suo principale ambito d’attività: in quel contesto non gli fu difficile trovare supporti importanti al suo antisemitismo e al suo romanticismo rivoluzionario. I suoi viaggi verso nord Africa e Medio Oriente si fecero sempre più frequenti. Al Cairo divenne amico di Ben Bella e degli altri leader del Fronte di Liberazione Nazionale algerino ed è allora che ebbe iniziò la sua carriera di banchiere. Oltre a costituire compagnie di import-export, come la Arabo-Afrika, che fu una copertura per la propaganda antiebraica, Genoud aprì presso la Swiss Bank conti intestati agli eserciti di liberazione del Marocco, Tunisia e Algeria. In partnership con la Siria, fondò a Ginevra la Arab Commercial Bank e nel 1962 divenne direttore dell’Arab People’s Bank, in Algeria. Oltre a continuare a coltivare irapporti con al-Husseini, lo svizzero stabilì nel dopoguerra una serie di contatti con vari capi del nazionalismo arabo, in particolare con Wadi Haddad, il responsabile delle “operazioni segrete” (leggi azioni terroristiche) del Fronte popolare di liberazione della Palestina. Genoud gioiva senza pudore delle azioni violente, ma non vi partecipava, era una specie di voyeur del terrore, dunque si guardò benedal farsi beccare nelle vicinanze di un attentato. Solo in un caso ha avuto un ruolo attivo: quando recapitò la rivendicazione del dirottamento di un aereo della Lufthansa, che fruttò al FplP un riscatto di cinque milioni di dollari. Quando c’era da difendere un terrorista, poi, Genoud era sempre presente. E così è stato anche con Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos, altro suo grande amico, che andò a visitare in prigione, in Francia, nel 1994: «Ognuno ha il proprio hobby», queste le parole di commento dello svizzero, riferite allo “Sciacallo”. Contatti coi servizi Da chi fosse finanziato Genoud nei suoi fervidi traffici è stato e resta tuttora un mistero. Di certo, sostiene Winkler, poteva contare su contatti importanti con vari servizi segreti. Inoltre, la sua attività è stata sempre generalmente in linea con la politica svizzera, che nei decenni postbellici prevedeva la raccolta di quanto più denaro possibile proveniente dai grandi potentati arabi. Quest’interpretazione spiegherebbe anche il suo essere stato sempre in prima fila, tra gli anni Cinquanta e Settanta, laddove si manifestava, più o meno violentemente, il nazionalismo arabo. Non è un caso dunque se uno dei capitoli più interessanti del libro di Winkler è quello che analizza il ruolo di Genoud nella rivoluzione algerina (1954-1962). Curiosamente, ma non troppo, il nazista svizzero si ritrovò lì a sostenere il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) insieme al socialdemocratico Hans-Jürgen Wischinewski. In fondo, il maggior merito di questa nuova biografia di Winkler è proprio questo: rendere evidente, attraverso la vita esemplare dell’“uomo ombra” Ge - noud, la prossimità, nel XX secolo, degli estremismi cosiddetti “di destra” e “di sinistra”.
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