Riportiamo da SHALOM di giugno, a pag. 9, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo "Pace e territori, una questione di buona volontà ?".
Angelo Pezzana
Chi cerca la pace, non mi sto riferendo ovviamente agli auto-nominatisi pacifisti, antepone abitualmente ad ogni altra considerazione una frase ad effetto, ‘ la pace si fa con il nemico’, sulla quale nessuno oserebbe dissentire. Con chi si dovrebbe fare, se non con il nemico ? Peccato però che dopo la condivisa affermazione seguano molto raramente le indagini sulle intenzioni reali del nemico con il quale si vorrebbe fare la pace, partendo, per esempio, dalla domanda se il nemico cerca veramente un accordo con noi oppure dietro alle belle e rassicuranti parole non nasconda l’obiettivo per il quale ha iniziato a fare guerre, attentati, lanciato missili e via attaccando.
Israele, quando si è trattato di fare la pace, sul serio, può dimostrare la propria buona fede, si veda il trattato con Egitto e Giordania, ma aggiungerei anche l’uscita da Gaza, voluta dal ‘falco’ Sharon, in realtà la prova che anche un falco può mirare alla pace, persino in una occasione nella quale ha restituito un territorio senza trattative preliminari, senza condizioni di sorta. Oggi quella scelta viene criticata anche dai cosidetti pacifisti, ai quali non par vero di poter addebitare a Sharon un atto che sei anni fa fu giudicato invece una dimostrazione di buona volontà, consegnare un territorio privo di israeliani nel quale poter instaurare le basi di uno stato palestinese. In quell’anno, Sharon ne discusse con diversi esperti, di ogni parte politica, in molti credemmo che quel passo poteva essere coronato da successo ed essere seguito poi da accordi condivisi per quanto riguardava la Cisgiordania. Ricordo quanto Sharon fosse stato coivolto dai consigli del prof.Sergio Della Pergola sulla possibilità di trovare la soluzione del conflitto attraverso lo scambio di territori, norma applicata nella maggior parte dei conflitti senza che nessuna istituzione internazionale trovasse nulla da dire. Anzi, fu attraverso quel compromesso che molte paci furono firmate. Per Israele no, nessuna Onu, nessuna UE che ne richieda l'attuazione,chissà come mai questa proposta non è mai riuscita a diventare oggetto neppure di pubblica discussione, anche se quella dello scambio dei territori è sempre stata una delle proposte che invano il Governo israeliano ha cercato di affrontare con l’Autorità palestinese, da quell’orecchio non ci hanno mai sentito. Abu Mazen ha fatto di tutto per evitare di trovarsi a tu per tu con Netanyahu per discuterne, anche se aveva attenuto il congelamento delle costruzioni per dieci mesi, un tempo nel quale però doveva essere talmente indaffarato se non ha incontrato la controparte nemmeno una volta. Ma gli stati fiancheggiatori dei palestinesi non l’hanno neppure notato, tanto erano presi dal ‘problema delle colonie’, non si sono accorti che la soluzione, quella sì pacifica e definitiva, sarebbe potuta arrivare proprio dallo scambio dei territori, ebrei di qua, arabi di là, niente più linea d’armistizio. Che non si tratti di disattenzione è provato, se ancora ce ne fosse bisogno, dal constatare la successione di avvenimenti dell’ultimo mese: anniversario della cosidetta Naqba, tentativo successivo di entrare in Israele da parte di masse di manifestanti ai confini nord e sud, il consiglio a Washington di Barack Obama a Bibi Netanyahu di ritornare alla linea verde del ’67, tregua tra Hamas e Anp, da leggersi come resa della seconda alla prima, premessa per l’autoproclamazione di uno stato palestinese da costruirsi nello stile Gaza, con l’aggiunta di una ‘primavera araba’ dalle caratteristiche sempre più proccupanti. Ebbene, nessuno, fra i commentatori dei nostri giornaloni sempre pronti a vivizesionare Israele, ha avuto l’onestà intellettuale di ricordare che se il conflitto non è ancora finito, ciò è dovuto al rifiuto arabo della partizione Onu del novembre 1947 della Palestina britannica in due stati, uno ebraico e uno arabo. Fu quel primo no all’esistenza dello Stato ebraico, al quale seguirono guerre che costarono la vita a ventitremila giovani soldati di Israele, morti nella difesa del proprio paese, a causare quel conflitto la cui responsabilità viene da decenni attribuita a Israele. Le parti si invertono, Golia riveste i panni dell’oppresso, mentre Davide è l’aggressore. A (dis)informare su quanto accade sono quasi sempre le stesse fonti, fra i tanti ricordiamo Rainews 24, Rai 3, RadioRai 1, Radiorai 3, Repubblica, Unità, Manifesto, ai quali si aggiungono non saltuariamente Il Sole24Ore, Corriere della Sera, Messaggero,Avvenire, gran parte dei siti internet dei giornaloni, in gara fra loro a chi è più sbilanciato nelle titolazioni e nella scelta delle immagini.
E’ esagerato affermare che si tratta di un vero e proprio assalto a Israele ?
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