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La Stampa Rassegna Stampa
17.06.2011 Libia: Obama cerca di convincere il Congresso che l'intervento è legale
Cronaca di Francesco Semprini, intervista all'ambasciatore libico in Italia di Guido Ruotolo

Testata: La Stampa
Data: 17 giugno 2011
Pagina: 17
Autore: Francesco Semprini - Guido Ruotolo
Titolo: «Obama: in Libia non è vera guerra - A Roma la Costituente per gettare le basi della nuova nazione»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 17/06/2011, a pag. 17, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo " Obama: in Libia non è vera guerra ", l'intervista di Guido Ruotolo ad Hafed Gaddur, ambasciatore della Libia in Italia, dal titolo "A Roma la Costituente per gettare le basi della nuova nazione". Ecco i pezzi:

Francesco Semprini : " Obama: in Libia non è vera guerra "


Barack Obama

1 La manifestazione per i diritti umani diventa la scintilla

La Casa Bianca sostiene la legalità della partecipazione Usa all’intervento militare in Libia ma per lo «speaker» della Camera, il repubblicano John Boehner, le spiegazioni fornite da Barack Obama non bastano. E minaccia di sospendere i finanziamenti alla missione. Le motivazioni addotte dal presidente Usa «non hanno superato il test» della Camera, spiega Boehner ai giornalisti. «I nostri droni sono impiegati per condurre attacchi e spendiamo dieci milioni al giorno per bombardare le basi di Gheddafi, mi sembra proprio che l’America si trovi nel bel mezzo di operazioni belliche».

Le obiezioni giungono a meno di 24 ore di distanza dalla pubblicazione della Casa Bianca di un documento di 32 pagine nelle quali sono forniti dettagli tecnici ed economici sulla partecipazione alle operazioni militari. Queste «non prevedono combattimenti sostenuti e ingaggi diretti con le forze ostili e non prevedono l’intervento di forze di terra - spiega Obama -. Per questo non ci sono seri rischi di perdite umane e non ci sono presupposti per una escalation del conflitto». Il presidente spiega che gli Usa si sono uniti agli sforzi della comunità internazionale in Libia per prevenire il massacro di civili da parte 17 marzo La risoluzione 1973

2 L’Onu istituisce la no fly zone Scattano i raid

delle forze fedeli al raiss di Tripoli, come prevede la risoluzione Onu 1973, ed evitare destabilizzazioni per la regione. E che quello in corso non è un vero conflitto. «Il 21 marzo - scrive Obama - le forze armate americane hanno cominciato il loro intervento su richiesta della Lega araba e previa autorizzazione dal Consiglio di sicurezza dell’Onu». Poi dal 4 aprile hanno trasferito il comando alla Nato che ha dato inizio alle operazioni «Unified Protector», in cui l’America ha svolto un ruolo di «supporto». Sebbene abbiano un ruolo più defilato rispetto ai partner europei, gli Usa mettono però 31 marzo «Unified Protector»

3 La gestione delle operazioni passa alla Nato

a disposizione droni, apparecchiature per la sorveglianza, radar, munizioni e attività di intelligence. Il tutto per un costo di 715 milioni di dollari spesi sino al 3 giugno scorso, secondo il dossier della Casa Bianca che fissa a circa 1,1 miliardi di dollari la spesa stimata sino a settembre.

Cifre che contano in un Paese alle prese con deficit e debito pubblico in veloce ascesa. La battaglia tra Camera e governo sulla Libia rientra nel braccio di ferro fra Casa Bianca e repubblicani sull’innalzamento del tetto di debito. Per Obama il basso profilo voluto da Washington nel Mediterraneo giustifica il fatto che l’amministrazione non abbia previsto il via libera del Congresso per il conflitto come prevede War Power Act, la legge promulgata nel 1973 per impedire un nuovo conflitto come quello del Vietnam e che definisce i poteri del Presidente in caso di interventi in conflitti bellici. La norma prevede che debba essere il Congresso, informato dalla Casa Bianca entro 48 ore, a varare una risoluzione per ratificare l’intervento militare. Senza il disco verde di Capitol Hill le forze armate non possono restare in territorio straniero oltre 60 giorni. Obama pur informando sena- 16 giugno La mediazione russa

4 Mikhail Margelov incontra i vertici del regime

tori e deputati con 30 briefing e dieci audizioni, non ha mai chiesto l’autorizzazione formale. Per questo la Camera ha votato un atto di richiamo nei confronti del presidente minacciando il blocco dei fondi nel caso non saranno fornite entro oggi dettagli sulla missione, i presupposti legali, i costi e le ricadute su Afghanistan e Iraq. A rendere il clima più rovente è arrivata poi la denuncia nei confronti di Obama presentata da un gruppo bipartisan guidato dal deputato democratico Dennis Kucinich e dal collega repubblicano Walter Jones, a un tribunale federale di Washington.

Guido Ruotolo : " A Roma la Costituente per gettare le basi della nuova nazione"


Hafed Gaddur

La cricca di Muammar Gheddafi deve farsi da parte, consegnandosi al popolo libico. E invece prende tempo, pensa di essere più intelligente degli altri». L’ambasciatore a Roma, Hafed Gaddur, oggi rappresentante del popolo libico, risponde a stretto giro di posta al figlio del raiss Seif Al Islam. E annuncia che a Roma si terrà dal 25 al 27 giugno un’assemblea nazionale costituente per gettare le basi della nuova Libia.

Ambasciatore, Seif Al Islam vuole elezioni entro tre mesi e dice che le vincerà...

«È un arrogante presuntuoso che prende in giro il popolo libico. Con tutti i martiri che piange, nel futuro della Libia non c’è spazio per i suoi carnefici, per la famiglia Gheddafi».

E dire che la rivolta era nata per chiedere di poter manifestare in modo pacifico per le riforme, come hanno fatto in Tunisia e in Egitto.

«Tutti noi abbiamo sottovalutato quello che si muoveva nella società. Dal primo giorno il regime ha perso legittimità. Se solo avesse accettato le richieste di una nuova Costituzione o della libertà di stampa, forse la situazione sarebbe stata diversa».

Il figlio del raiss dice che i due milioni di tripolini e i bengasini sono con loro...

«Dove sono questi due milioni di tripolini? Noi vediamo in televisione immagini di poche decine di persone che manifestano per il regime. Che mobiliti pure due milioni di persona in piazza, ma la verità è che il regime controlla la città con la forza. E a Tripoli si combatte ogni notte».

Il Consiglio nazionale transitorio avrebbe accettato la condizione di nessun esilio per Gheddafi in cambio del suo pensionamento?

«I familiari dei martiri di Bengasi, Misurata, Adjabia, delle Montagne occidentali, di Zawiah, di Tripoli stessa non potrebbero mai accettare una soluzione del genere. Specialmente oggi che siamo arrivati vicini al traguardo, alla libertà conquistata con il sangue».

Molti, in Italia come negli Stati Uniti, si chiedono se valga ancora la pena combattere contro Gheddafi.

«Già oggi è nata la Nuova Libia, dove libertà e democrazia sono diventate parole sacre. Mai più un dittatore potrà governare il Paese. Dispiace che qualcuno soffra di mal di pancia. Noi saremo sempre grati a chi ha garantito l’attuazione della risoluzione 1973 dell’Onu proteggendo il popolo libico. Se non ci fossero stati i bombardamenti Nato, quante altre migliaia di morti piangeremmo?».

Qualcuno teme per l’Eni.

«L’Eni gode di grande fiducia e stima da parte della Noc e della Libia. Ha lavorato sempre bene e pertanto sarà sempre la benvoluta dalla Libia e dal suo popolo».

Ormai è questione di ore: la Corte dell’Aja spiccherà il mandato di cattura per i Gheddafi.

«Gheddafi ha due problemi irrisolvibili: il popolo libico che non è disposto a lasciarlo libero, vivo; e, se andrà all’estero, il mandato di cattura internazionale. Politicamente è finito e il tempo per negoziare è scaduto».

Perché avete scelto Roma per la vostra assemblea? E questa a cosa servirà?

«L’Italia è un Paese amico. Noi e voi abbiamo voluto un trattato d’amicizia che va ben oltre chi materialmente l’ha sottoscritto, Gheddafi e Berlusconi. D’intesa con il Cnt abbiamo convocato a Roma tutti i rappresentanti della Libia. Si discuterà e si presenteranno e voteranno mozioni su tutti i temi d’attualità: dal petrolio all’economia, dalla riconciliazione alla politica estera; dalla nuova Costituzione alle infrastrutture. Ci saranno le donne, i sindacati, le grandi correnti politiche che troveranno spazio nei partiti che stanno per nascere. E rappresentanti di città e territori già liberi e quelli da liberare».

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