Missione Nato in Libia, un fallimento Commento di Carlo Panella
Testata: Libero Data: 15 giugno 2011 Pagina: 21 Autore: Carlo Panella Titolo: «Gheddafi è forte, i ribelli no. La Nato ha sbagliato su tutto»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 15/06/2011, a pag. 21, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Gheddafi è forte, i ribelli no. La Nato ha sbagliato su tutto ".
Carlo Panella Nato
La controffensiva delle milizie fedeli a Gheddafi, dopo 100 giorni di guerra e più di 10.000 missioni aree Nato, continua a dispiegarsi: le migliaia di miliziani fedeli al raìs che l’8 giugno sono andati all’assalto di Misurata, Zuwaya e Zintan, in Tripolitania, continuano a tenere sotto pressione i ribelli. In Cirenaica, continua il contrattacco su Brega e Ajdabiya, città strategiche per il controllo degli oleodotti. È chiaro dunque che qualcosa di molto grave non sta funzionando in questa guerra in cui il raìs, che è stato dato per «spacciato tra pochi giorni» da tutti i premier dei Paesi Nato, non solo mantiene intatto il controllo sulla strategica Tripoli, con le buone o con le cattive, con il consenso o con la repressione – come testimoniano tutti i corrispondenti –maha ancora tanta forza politica, quindi militare, tanti combattenti, quindi non mercenari, da essere in grado di lanciare importantissime controffensive. È insomma sempre più evidente che l’intera strategia Nato fa acqua. La Nato non prevedeva impopolari e impraticabili azioni di terra, perché ipotizzava una discreta capacità offensiva dei ribelli del Cnt, ma alla prova del fuoco questi si sono dimostrati meno che una Armata Brancaleone. Ipotizzava una spaccatura verticale del regime, ma questa non c’è stata: sono scappati singoli esponenti (ieri il ministro del Lavoro), ma Gheddafi mantiene il controllo del quadro di comando. Falliti questi presupposti strategici, la Nato si è scatenata nella «caccia al cinghiale», tentando di uccidere Gheddafi, ma non riesce, tanto che anche ieri il raìs è apparso in televisione, annunciando che non lascerà mai Tripoli né il combattimento. Gheddafi doveva infine essere abbandonato dai Paesi africani, ma ieri il presidente dell’Unione Africana e del Sudafrica, Zuma (che è a capo di una reale democrazia), si è invece schierato sulle sue posizioni e si è scagliato contro la Nato, annunciando che chiederà all’Onu una soluzione non militare del conflitto: «Crediamofermamente chevengafatto cattivo uso della risoluzione Onu, finalizzata oggi a un cambiamento di regime, assassinii politici e un’occupazione militare straniera». Come se non bastasse, una commissione internazionale di esperti di terrorismo del Centro francese di ricerca sull’Intelligence, dopo un inchiesta in Libia di 3 settimane ha lanciato l’allarme sul rafforzamento di al Qaeda in Cirenaica e scritto parole di fuoco sulla nulla affidabilità del governo di Bengasi: «All’interno del Consiglio di transizione i veri democratici sono una minoranza e devono coabitare con ex fiancheggiatori del raìs, monarchici e fautori dell’instaurazione di un Islam radicale». Un quadro caotico che si ritorce contro gli stessi vertici militari Nato. Ieri, il comandante della Royal Navy, l’ammiraglio Mark Stanhope, che ha dichiarato al Guardian che «un impegno militare prolungato in Libia è insostenibile per la Gran Bretagna, sì che il governo britannico dovrà riesaminare le priorità se il conflitto andrà avanti ancora per più di 90 giorni». Ma Stanhope è stato subito seccamente smentito dal comandante in capo delle Forze Armati inglesi, generale sir David Richards che, tramite Bbc, ha replicato: «Le operazioni britanniche possono continuare in Libia per quanto sarà necessario: possiamo sostenerle per tutto il periodo che vorremo». Un conflitto sul budget, che in realtà nasconde una frattura tutta politica.
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