Inverno arabo, altro che 'Primavera' Benny Morris intervistato da Alessandro Carlini
Testata: Libero Data: 15 giugno 2011 Pagina: 21 Autore: Alessandro Carlini Titolo: «La primavera farà gli arabi peggiori»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 15/06/2011, a pag. 21, l'intervista di Alessandro Carlini a Benny Morris dal titolo "La primavera farà gli arabi peggiori". Benny Morris è uno degli sorici israeliani più importanti, lontanissimo dalle posizioni dei post-sionisti, così come i suoi libri sulla storia del conflitto sono da lodare per l'equilibrio con il quale Morris racconta la storia del Medio Oriente. Proviene dalla sinistra pacifista, ma se ne allontanò allo scoppio della seconda intifada. Raccontò il suo percorso politico in una intervista ad Angelo Pezzana, uscita nel 2001 su LIBERO. Ecco l'intervista
Benny Morris
Ma quale «primavera araba» della democrazia, qui si rischia di piombare nell’«epo - ca buia» del Medioriente. Sono parole forti quelle che ha pronunciato Benny Morris nel corso di un’intervista rilasciata dopo una conferenza dell’In - ternational Institute of Strategic Studies di Londra. Il famoso storico israeliano è noto soprattutto per le sue posizioni critiche nei confronti dello Stato ebraico ed è autore di molti libri sulle guerre di Israele scritti da una prospettiva favorevole ai palestinesi, come sostengono i suoi critici da destra. Ma sembra invece molto spaventato dalle rivolte che stanno sconvolgendo l’Africa e il Medioriente, dalla Tunisia, all’Egitto, alla Libia, fino alla Siria. Mentre l’Occidente continua a guardarle come la nuova caduta di un blocco, simile alla fine del comunismo nell’Europa dell’Est, Morris pensa alle conseguenze sulla sicurezza di Israele e del resto del mondo. Il rischio è che i nuovi regimi siano peggiori di quelli vecchi, a partire dalla Libia. Professor Morris, i rappresentanti dei maggiori Paesi, negli ultimi giorni perfino gli inviati di Cina e Russia, sono corsi a Bengasi per stringere relazioni diplomatiche con il governo provvisorio. Ma questi ribelli sono credibili? «Non sappiamo con chi abbiamo a che fare e questo dovrebbe tenerci sempre in guardia. Non sappiamo ad esempio che cosa emergerà dal dopo Gheddafi, che tipo di regime ci sarà. Nonostante gli sforzi diplomatici, potrebbe avere una forte componente islamica e anche fondamentalista». È possibile, come teme qualcuno in Italia, che in Libia si instauri un regime che lasci campo libero ad Al Qaeda, come accaduto in Afghanistan, Yemen e Somalia? «Al momento non sembra che ci siano i presupposti per questo ma la situazione è così in mutamento, in quella parte di mondo, che potrebbe accadere di tutto, soprattutto nelle fasi di instabilità». Quindi, la guerra in Libia si può definire “giusta” o no? «Se la vogliamo vedere dal punto di vista etico, come ha fatto la comunità internazionale, è sicuramente una buona idea liberarsi di Muammar Gheddafi, per tutto quello che ha fatto in passato. Ma ci sono comunque una serie di dubbi su questo conflitto. Che riguardano il dopo ma anche la conduzione delle operazioni. La Nato sta impiegando un numero ridotto di unità. Così rischiano di andare avanti molto a lungo e la situazione sul campo rischia di diventare sempre più complessa». Il centro della “primavera araba” è stato sicuramente l’Egit - to, in quel Paese avremo un cambiamento in positivo o no? «I manifestanti che abbiamo visto a piazza Tahrir, mi riferisco ai giovani educati nelle università straniere che parlano l’inglese, non rappresentano di certo la grande maggioranza degli egiziani. Molto meno aperta all’Occidente e più ostile nei confronti di Israele. Non parlano nemmeno l’in - glese. L’Occidente, invece, continua a vedere commentatori arabi ben istruiti che parlano in televisione. La realtà in quei Paesi, ripeto, è ben diversa ». Quindi c’è il rischio che in Egitto si instauri un regime islamico, guidato ad esempio dai Fratelli Musulmani? «Assolutamente sì, il rischio è molto alto e sarebbe destabilizzante per tutta l’area. Vedremo nel corso delle prossime elezioni che cosa succederà, se gli egiziani sceglieranno un presidente moderato o un sostenitore della lotta contro Israele, espressione dei Fratelli Musulmani. Temo molto la seconda opzione e mi sembra sempre più probabile. E in quel caso sarebbe inevitabile un conflitto». Per Israele quindi la primavera araba potrebbe diventare un inverno? «Nonostante le rivolte, la percezione di Israele come uno Stato illegittimo è rimasta nel mondo arabo, da questo punto di vista non c’è stato un cambiamento di mentalità. E questo potrebbe essere alla base di una nuova guerra».
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