Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/06/2011, a pag. 49, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Fratellanza musulmana, due criteri di giudizio ".
Sergio Romano, Fratelli Musulmani
Sergio Romano cerca di mascherare la confusione che regna nelle sue dichiarazioni contradditorie circa i Fratelli Musulmani (prima descritti in maniera positiva, poi per ciò che sono realmente, ossia un pericolo per la democrazia), ma non ci riesce. Nella sua risposta si arrampica sugli specchi ed elude la domanda del lettore. Prendiamo per buona la sua ultima dichiarazione sui Fratelli Musulmani : " i laici hanno buone ragioni per battersi contro la sua strategia elettorale ed evitare che conquisti troppo potere. La sua evoluzione, in questi ultimi tempi, è stata incoraggiante, ma la sua componente radicale è ancora forte. ". Sergio Romano sa quali sono i rischi connessi all'ascesa al potere della Fratellanza, ma è troppo islamicamente corretto per scriverlo apertamente.
Ecco lettera e risposta:
Il 5 febbraio, in risposta a una mia lettera, lei affermava che le differenze tra la crisi iraniana del 1979 e quella egiziana del 2011 sono più importanti delle analogie e gettava acqua sul fuoco. In particolare, scriveva: «In Egitto la Fratellanza musulmana mi sembra molto meno bellicosa del passato e non ha un leader carismatico a cui affidare le proprie fortune» . Sul Corriere del 6 giugno, invece, in un suo articolo, lei paventa per l’Egitto il rischio di una restaurazione gestita dall’asse esercito-Fratelli musulmani, e definisce questi ultimi «il solo partito che abbia quadri, attivisti, radicamento territoriale e una forte coesione» . Lo sviluppo degli eventi le sta forse facendo cambiare idea?
Stefano Nitoglia
studio.nitoglia@yahoo.it
Caro Nitoglia,
Rispondo anche ad altri lettori che hanno fatto la stessa osservazione. Fra la risposta alla sua lettera e l’articolo dal Cairo vi è una differenza. Nella prima ho espresso un’opinione, nella seconda ho cercato di descrivere uno scontro politico tra la Fratellanza musulmana e i partiti laici che si stanno organizzando in Egitto dopo la «rivoluzione del 25 gennaio» . Ho dato l’impressione di provare simpatia per quella parte della società politica egiziana che sta cercando di opporsi ai progetti elettorali della Fratellanza musulmana? È probabile. Ma l’organizzazione islamista può essere giudicata su due diversi piani. Il primo è quello della sua legittima presenza nella politica egiziana, il secondo è quello della sua possibile conquista del potere. Sul primo la mia opinione resta quella della risposta alla sua prima lettera. Come Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina, la Fratellanza ha avuto per molti anni due volti: quello dell’organizzazione radicale, decisa a creare una società totalmente ispirata ai principi dell’ortodossia musulmana, e quello dell’associazione sociale capace di dare una risposta ai bisogni dei ceti più umili e derelitti. Grazie al suo secondo volto, la Fratellanza ha conquistato un consenso politico che nessuna democrazia può ignorare. Ma ha dovuto contemporaneamente affrontare situazioni concrete, adattarsi alle circostanze, misurare le resistenze di coloro che diffidavano del suo programma politico-religioso. È diventata in altre parole un partito, con tutti i tatticismi, le ambiguità e i compromessi che caratterizzano una formazione secolare. Non vedo perché dovremmo esserne sorpresi. Anche l’Italia ha avuto cattolici intransigenti che potevano riprovare pubblicamente una donna «indecentemente» vestita (una vicenda di cui fu protagonista, negli anni Cinquanta, un futuro presidente della Repubblica). Ma questo non le ha impedito di produrre una Democrazia cristiana che ha presieduto, volente o nolente, alle grandi trasformazioni della società italiana, dal divorzio all’aborto. Nel caso della Fratellanza musulmana, in particolare, è possibile che questa evoluzione sia dovuta anche al successo in Turchia dell’Akp, un partito che un tempo considerava i minareti «le nostre baionette» e ha adattato oggi i suoi programmi alla natura di un Paese fortemente segnato dall’impronta laica di Kemal Atatürk. Non è tutto. La Fratellanza si muove con una certa prudenza anche perché sa di avere avuto, nella caduta del regime di Mubarak, un ruolo marginale. Il regime è crollato grazie alla protesta di un movimento sociale di cui i Fratelli si sono accorti all’ultimo momento. Per queste ragioni la Fratellanza può e deve stare nella politica egiziana. Ma i laici hanno buone ragioni per battersi contro la sua strategia elettorale ed evitare che conquisti troppo potere. La sua evoluzione, in questi ultimi tempi, è stata incoraggiante, ma la sua componente radicale è ancora forte. E la sua alleanza con i militari collocherebbe al vertice dello Stato due forze che possono agire democraticamente, ma non saranno mai liberali.
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