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Molte lodi per Saviano 13/06/2011
Con cortese richiesta di pubblicazione, Vorrei lasciare una dedica allo scrittore e giornalista napoletano Roberto Saviano: sono rimasta così colpita dalle sue belle parole, pronunciate riferendosi alle sue origini ebraiche, che qui sotto riporto, a tal punto di non poter fare a meno di considerarlo un uomo di enorme coraggio e onestà, un uomo che rischia davvero la sua vita, già minacciata, mentre rende pubblici i suoi pensieri. E non solo sulla camorra. Non ho ancora avuto occasione di leggere uno dei libri di Roberto Saviano, ma intendo farlo al più presto, iniziando da ‘’La bellezza e l'inferno’’ Scritti 2004-2009. Vorrei dirgli di continuare così, con il suo coraggio, che lo ha reso noto. Mentre leggo le sue parole per Israele, provo davvero stima, in maniera esponenziale.

Le sue parole sulle sue origini ebraiche, Israele e Gerusalemme sono così solari e sincere, da far venir voglia di condividere i suoi ricordi, stringendogli la mano e abbracciandolo forte, con affetto, come fosse un fratello. Allego qui sotto un trafiletto di suo commento, con riferimento alla sua partecipazione alla Maratona oratoria "Per la verità, per Israele", svoltasi a Roma giovedì 7 ottobre 2010.

Roberto Saviano: ‘Mio nonno mi ripeteva sempre una frase che molti di noi avranno ascoltato: “Se ti dimentico, Gerusalemme, che la mia mano destra si pietrifichi, che la lingua si inchiodi al palato, se non antepongo te al di sopra di ogni pensiero”. Quando ero ragazzino più volte mi dimenticavo di Gerusalemme. Capitava il sabato di accorgermi che per tutta la settimana non avevo anteposto Gerusalemme al di sopra di ogni pensiero. Allora ricordo che nel letto cercavo di capire se si poteva vivere col braccio fermo e con la lingua inchiodata al palato. E pensavo che si poteva vivere lo stesso. E poi c’è un passaggio della biografia di Peres che ricorda di quando, bambino, dei pionieri tornarono nel suo paese freddissimo in Polonia – oggi Bielorussia – e tutti i bambini, curiosi, chiedevano si raccontare come fosse Gerusalemme. Il pioniere tirò fuori dal tascapane un pezzo di carta appallottolato, lo aprì e ne uscì un’arancia. Peres scrive: “Per tutti noi, in questo villaggio, che non avevamo mai visto quel frutto, quello era Israele: un’arancia”.Ecco, la mia verità su Israele che coincide spesso con questi ricordi, con questa immagine, con questo sogno di libertà e accoglienza.’

Grazie a tutte le donne e a tutti gli uomini così coraggiosi, che ci permettono, tramite il loro sapere, di conoscere la bellezza di una terra e del suo popolo.
Con affetto,
Lettrice quotidiana di IC

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