Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/06/2011, a pag. 12, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Siria, i carri armati occupano la città ribelle ", a pag. 1-34, l'articolo di Sergio Romano dal titolo " Siria, ormai è guerra civile. L’imbarazzo occidentale ", preceduto dal nsotro commento. Dalla STAMPA, a pag. 13, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " La blogger lesbica? Solo un’invenzione dell’americano Tom ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:
CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Siria, i carri armati occupano la città ribelle "
Siria Bashar al Assad
I rifugiati che non riescono a passare il confine si ammassano tra le montagne verso la Turchia. Mehmet è tra quelli che hanno parenti dall’altra parte, è venuto a chiedere cibo da portare alla moglie e agli undici figli. Sono rimasti indietro in Siria, nascosti nei campi. «Siamo scappati dalla città, quando l’esercito ha cominciato a bombardare con l’artiglieria» , racconta all’agenzia Reuters. Come loro, sono fuggiti quasi tutti i quarantamila abitanti di Jisr al-Shugour. Per difendere le case si sono trincerati poche centinaia di uomini e i soldati che si sarebbero rifiutati di obbedire agli ordini. La Quarta Divisione comandata da Maher, fratello minore del presidente Bashar Assad, ha invaso le strade deserte dopo aver bersagliato i palazzi con le mitragliatrici dagli elicotteri e l’artiglieria. La colonna di duecento blindati si è portata dietro anche qualche reporter locale invitato dallo Stato maggiore. La televisione del regime dà notizia di scontri con «bande armate» . Annuncia la scoperta di una fossa comune davanti alla caserma della polizia: i militari avrebbero trovato dieci cadaveri in uniforme, qualcuno decapitato, altri con un colpo di ascia in fronte. Per il regime sono agenti delle forze di sicurezza uccisi dai «terroristi» , i civili in fuga sostengono che sono i resti dei soldati ammutinati, ammazzati dagli ufficiali fedeli alla famiglia Assad. «Ma quali scontri?» , dice Mustafa, fuggito ieri mattina verso la Turchia. «Ci hanno bombardato dai carri armati. I servizi segreti in Siria sanno tutto: come avremmo potuto nascondere le armi? Ci puniscono perché vogliamo la libertà» . Da Washington, la Casa Bianca accusa Assad «di aver causato una crisi umanitaria» . Il governo italiano condanna «il ricorso inaccettabile alla violenza» e chiede «un accesso immediato e illimitato» per la Croce Rossa. Catherine Ashton, alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione Europea, invoca la liberazione dei dimostranti arrestati dall’inizio della rivolta tre mesi fa (sarebbero oltre diecimila) e di tutti i detenuti politici. Jisr al-Shugour è al centro dell’autostrada che unisce Aleppo al porto di Latakia e da quattro giorni al centro della ribellione contro il clan al potere. «Il regime ha distribuito armi a qualunque maschio alauita in grado di usarle» , raccontano i profughi. «Hanno massacrato tutti i giovani del mio villaggio» , dice un’anziana. Le manifestazioni pro-democrazia si stanno trasformando in una contrapposizione tra la setta minoritaria (11 per cento della popolazione) che controlla lo Stato e la maggioranza sunnita. Nei suoi discorsi, Assad ha provato a spaventare i siriani con la minaccia dello scontro religioso. Una profezia che adesso sembra avverarsi alimentata dalla violenza dei suoi sgherri. Le operazioni delle truppe d’élite comandate dal fratello Maher si sono concentrate nel nord-ovest del Paese, nella provincia di Idlib, che già alla fine degli anni Settanta si era ribellata al padre Hafez. Anche allora Jisr al-Shughour era stata bombardata e i morti sarebbero stati almeno duecento.
CORRIERE della SERA - Sergio Romano : " Siria, ormai è guerra civile. L’imbarazzo occidentale "
Sergio Romano
"Anche se la prospettiva non piacerà a coloro per cui la Turchia è un corpo estraneo all’Europa, Recep Tayyip Erdogan è oggi il migliore dei nostri alleati.". Romano continua a osservare la Turchia attraverso una lente 'rosa' che lo porta a sbagliare clamorosamente la sua analisi su Recep Erdogan il quale sì, ha dichiarato di essere pronto a intervenire in Siria contro Bashar al Assad, ma l'ha fatto in piena campagna elettorale, per dimostrare di essere un leader democratico e filo occidentale. Ma la sua politica estera dimostra il contrario.
Ecco l'articolo:
Nella crisi siriana, a giudicare dall’intervento delle forze armate nella città settentrionale di Jisr al-Shugour, il quadro è cambiato. Questa non è più la repressione poliziesca di un diffuso moto popolare, come nei giorni in cui Mubarak sperava ancora di sopraffare con la forza le manifestazioni di piazza Tahrir. In Siria i dimostranti sono decisi a resistere, hanno armi di cui intendono servirsi, possono contare sull’aiuto di alcuni transfughi passati dall’esercito alla rivolta, e assomigliano sempre di più ai ribelli di Bengasi quando cominciarono a organizzarsi militarmente. Il rischio, oggi, è quello di una guerra civile che non verrebbe combattuta, come quella libica, fra due territori separati, ma avrebbe piuttosto, come quella spagnola del 1936, molti focolai diffusi in buona parte del territorio nazionale. Sulle ragioni di questo brusco peggioramento della situazione possiamo fare soltanto alcune ipotesi. Le buone intenzioni del presidente Bashar al Assad (sempre che esistessero) sono state ignorate e scartate da un blocco di potere che comprende la minoranza alauita (poco meno del 15%della popolazione), un numero consistente di ufficiali delle forze armate, i servizi di sicurezza, le milizie paramilitari, l’apparato del partito unico e forse l’interessata simpatia di minoranze religiose (fra cui i cristiani) che nel regime laico degli Assad hanno potuto contare sulla benevolenza del potere. Inasprito dalle repressioni delle scorse settimane, lo scontro, ormai, non è più di quelli che possono risolversi con un compromesso. È una guerra civile in cui chi vince prenderà tutto e chi perde sarà trattato alla stregua di un nemico da eliminare. Conflitti di questo genere si alimentano del sangue versato, diventano lungo la strada sempre più feroci, tendono a contagiare l’intera regione e sono, per la diplomazia internazionale, inafferrabili. Se queste sono le prospettive è più facile comprendere il dilemma degli europei e degli americani. Sono preoccupati perché sanno che la Siria è un Paese cerniera, un pezzo cruciale dei precari equilibri medio-orientali. Non possono tacere perché il rispetto dei diritti umani è ormai parte integrante della loro filosofia ed è stato in molte occasioni la giustificazione della loro politica internazionale. Possono parlare e lo fanno invocando l’intervento dell’Onu e l’apertura di corridoi umanitari. Ma non possono agire perché sono già impegnati in una guerra civile che ha dato sinora risultati diversi da quelli previsti e sperati. Dopo le esperienze degli ultimi decenni, dalla Somalia alla Libia passando per l’Iraq e l’Afghanistan, la pacificazione con la forza è ormai una soluzione improponibile; e le sanzioni, quando due nemici si combattono per il diritto di sopravvivere, non avrebbero alcuna efficacia. Temo che l’unica politica possibile, in questo frangente, sia quella del «cordone sanitario» . Se non possiamo convincere le parti a deporre le armi, possiamo almeno fare del nostro meglio per isolare la Siria e impedire che altri (Israele, Libano, Iran) vengano coinvolti nel conflitto. Ma abbiamo qualche possibilità di riuscirci soltanto se sapremo parlare a tutti con la necessaria fermezza e soprattutto se potremo contare sulla collaborazione dei turchi. Anche se la prospettiva non piacerà a coloro per cui la Turchia è un corpo estraneo all’Europa, Recep Tayyip Erdogan è oggi il migliore dei nostri alleati.
La STAMPA - Maurizio Molinari : " La blogger lesbica? Solo un’invenzione dell’americano Tom "
Tom MacMaster
Quale insegnamento trarre da questa vicenda?
Bisogna guardarsi sia dai commentatori ufficiale che omettono il pericolo del fondamentalismo islamico, sia dai mitomani che non servono alla causa della libertà attraverso iniziative come quella raccontata nell'articolo che segue perchè ne diminuiscono l'importanza.
Non a caso Tom MacMaster era un 'paladino pro palestinese', non proprio una posizione attenta alla difesa dei diritti umani e della libertà di parola.
Ecco l'articolo:
La giovane siriana Amina Araff, titolare del blog «A Gay Girl in Damascus», in realtà è un americano di 40 anni, originario della Georgia, che di nome fa Tom MacMaster ed è un militante pacifista: andò a Baghdad nel 1991 per opporsi all’attacco contro Saddam, ha fondato un gruppo filopalestinese ed ha trovato nell’«Intifada su Internet» la sua ultima vocazione.
A svelare l’inganno, andato avanti per anni, è stato ieri lo stesso autore, scrivendo sul proprio blog: «La voce che narrava i fatti era una finzione, ma i fatti raccontati sono veri, riflettono fedelmente la situazione in Siria, non credo di aver fatto del male a nessuno, ho solo creato una voce importante per sollevare questioni nelle quali credo fermamente».
In realtà il boomerang del bluff investe una delle voci di maggior spicco che negli ultimi tempi avevano narrato la repressione in Siria, perché Amina aveva attirato l’attenzione sulla «Primavera araba» e quando, martedì scorso, sul suo blog un presunto cugino aveva messo la notizia che era stata arrestata, lo scalpore si è rivelato tale da spingere il Dipartimento di Stato ad aprire un’inchiesta.
La vicenda pone dei seri interrogativi sulla veridicità delle informazioni che circolano sul web in merito al Medio Oriente, perché MacMaster si definisce un «militante per la pace in Medio Oriente» intenzionato ad affiancare gli studi all’Università di Edimburgo, in Scozia, con la gestione di un blog teso ad attirare l’attenzione del grande pubblico in Occidente. È stato il colpo di teatro finale a tradirlo, perché quando ha simulato l’arresto dell’inesistente blogger le migliaia di fan che aveva accumulato online si sono gettate alla vana ricerca di notizie sulla donna, riuscendo a rintracciare l’origine del blog a Edimburgo.
Il blogger Andy Carvin può vantare il merito di essere stato fra i primi a intuire la truffa. A rintracciare MacMaster è stato il «Washington Post», ma per 72 ore l’uomo ha continuato a negare. Inventando Amina l’intraprendente pacifista ha attinto alla sua biografia: la ragazza dava indirizzi uguali ai suoi in Georgia, discuteva sui Visigoti che lui aveva studiato e si definiva «metà siriana e metà americana, cresciuta nella Shenandoah Valley in Virginia», luogo d’origine della famiglia mennonita del suo inventore. MacMaster è figlio di una donna-pastore con la passione per la Turchia ed è stato membro di un club di «storie artificiali», lasciando supporre che creando Amina abbia fatto coincidere identità e valori con una passione politica concretizzata nella creazione di «Atlanta PalestineSolidarity», in memoria di una vittima del conflitto israelo-palestineso. Durante la prima guerra del Golfo andò a Baghdad con gli «studenti pacifisti» per opporsi all’attacco a Saddam, mentre la passione per la Siria sembra essere frutto del matrimonio con Britta Froelicher.
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