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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Benny Barbash, Il piccolo Big Bang 13/06/2011

Il piccolo Big Bang                Benny Barbash
Traduzione di Shulim Vogelmann
Giuntina                                  Euro12 

Chi frequenta la letteratura israeliana si sarà accorto che non è solo la Shoah o il conflitto israelo-palestinese a far capolino nelle pagine che ci arrivano da Israele.
Se la complessa realtà politica e sociale dello Stato ebraico costituisce spesso lo sfondo di molti romanzi non è raro scoprire trame di puro “divertissement” dove lo scrittore attingendo a piene mani da quel serbatoio inesauribile che è l’umorismo e l’ironia ebraica regala al lettore momenti di piacevole svago e buonumore.
E’ il caso dell’ultimo romanzo di Benny Barbash che la casa editrice Giuntina manda in libreria in queste settimane nella prestigiosa collana “Israeliana” con il titolo “Il piccolo Big Bang”, una storia esilarante e surreale di un papà in sovrappeso che per perdere qualche chilo affronta le diete più incredibili. Il tutto narrato con simpatia e lieve umorismo dal figlio dodicenne.
L’autore, che è nato a Beer Sheva nel 1951 e attualmente vive a Tel Aviv, ha prestato servizio nell’esercito israeliano per 11 anni con il grado di tenente colonnello rimanendo ferito nella guerra dello Yom Kippur. Negli anni Ottanta è stato uno dei fondatori del movimento Peace Now, scrittore di romanzi e sceneggiature ha lavorato anche per la televisione. Uno dei suoi film “Beyond the Walls” ha ottenuto la nomination agli Oscar come migliore film straniero vincendo il premio della critica al festival di Venezia nel 1984.
Il pubblico italiano ha conosciuto Benny Barbash nel 2005 quando è venuto in Italia a presentare il suo primo romanzo, “Il mio primo Sony”, edito da Giuntina  vincitore nel 2006 del Premio letterario Adei Wizo: è il racconto esilarante di Yotam, un bambino di dieci anni, che registra sistematicamente la vita degli adulti che lo circondano narrandoci con toni commoventi non solo la storia della sua famiglia ma anche quella di Israele, con le sue contraddizioni e il suo inesauribile fascino.
Agli studenti ai quali insegna sceneggiatura, Barbash spiega che nella scrittura esistono tre problemi fondamentali. Il primo, come iniziare; il secondo, come finire; il terzo, forse il più delicato, “con cosa accidenti riempire lo spazio tra l’inizio e la fine. Se hai ben risposto a queste tre domande allora hai un buon racconto…”
E l’ultimo romanzo dello scrittore israeliano, Il piccolo Big Bang, è innegabilmente un buon racconto che come ha spiegato in un’intervista trae spunto da un episodio
accaduto durante uno Shabbat.
In occasione di una forzata immobilità causata da un incidente di motocicletta mentre consumava la colazione festiva piluccando senza appetito delle olive, all’improvviso un nocciolo gli si è piantato in gola e senza l’immediato intervento della sua compagna, che battendogli con forza sulla schiena lo ha aiutato a espellere il nocciolo, sarebbe soffocato. “Quella stessa notte – racconta Barbash – mi svegliai per la gioia della scoperta e avvicinandomi allo scrittoio cominciai a occuparmi delle differenti ipotesi relative alle possibilità nascoste in un nocciolo di oliva piantato nella gola. Dove si può nascondere nel corpo se non scende nello stomaco e non viene espulso attraverso la bocca?”
Chissà…forse da questo episodio è spuntato il libro proprio come il nocciolo d’oliva ha fatto germogliare l’albero nell’orecchio del papà di Assaf, il bambino di tredici anni protagonista del romanzo.
Dopo aver sperimentato ogni tipo di dieta, di cavolfiori, di patate, di carote assumendo con quest’ultima un inquietante colorito giallognolo, il papà grasso di Assaf decide di affidarsi alle cura di un’esperta nutrizionista che gli consiglia una dieta a base di olive.
Ma, pitom!, come direbbero gli israeliani all’improvviso qualcosa di inimmaginabile interviene a cambiargli la vita e la questione “peso” diviene di secondaria importanza quando un nocciolo di oliva si conficca nella gola e germoglia facendo spuntare rametti d’ulivo dal suo orecchio.
Ciò che accade in seguito acquista toni surreali ma diviene oggetto di accurate disquisizioni e valutazioni filosofiche da parte di tutta la famiglia che - a cominciare dal nonno “scienziato” - è coinvolta nel tentativo di trovare una soluzione ad un problema che appare insolubile!
Con l’ineguagliabile arte ebraica di dissertare su qualsiasi argomento i componenti della famiglia ponderano, valutano, riflettono sulle possibilità che si offrono allo sventurato capofamiglia per venire a capo di questa intricata matassa: il tutto condito da un lieve umorismo che infiltrandosi fra una riga e l’altra rende ancor più gradevole e divertente la lettura.
Se il medico curante e l’otorinolaringoiatra non sono in grado di aiutare il papà di Assaf (“il dottor Kovaliov ci pensò un sacco di tempo e poi disse che…forse bisognava ammettere la sconfitta della medicina convenzionale e prendere una strada diversa che potesse affrontare meglio questo fenomeno di carattere botanico..”), nemmeno il medico alternativo Yakovlevich riesce ad aiutare il papà grasso. “Ora tutti gli esperti erano d’accordo nello stabilire che la situazione era irreversibile e che non era più possibile un’operazione per sradicare l’albero dall’orecchio”.
L’umore di Roy, ormai inconsolabile e senza speranza, pare risollevarsi dopo il consiglio di un neurologo arabo che gli propone di recarsi da un suo zio che vive nei territori palestinesi ed  è “un grande esperto di coltivazione di olivi, anzi il maggiore esperto di tutto il Medio Oriente”.
Le pagine che seguono sono un crescendo di situazioni grottesche e surreali dove ogni nuovo accadimento, discusso e analizzato fin nei minimi dettagli, regala al lettore grazie ad un finale un po’ drammatico che rimane in sospeso, il piacere ineguagliabile di immaginare il significato più o meno verosimile del racconto.
Geniale osservatore di una quotidianità alla ricerca di un orizzonte di senso più vasto, Benny Barbash attraverso la figura del piccolo Assaf coglie l’occasione per riflettere sui problemi mediorientali offrendo un’attenta analisi della moderna società israeliana che ogni giorno si confronta con l’intolleranza e la rabbia degli arabi (“…..hanno sempre la sensazione che qualcuno li voglia fregare e per questo sono sospettosi e non credono a nessuno…e in cima alla preferenza degli odiati ci sono sempre gli ebrei e due clan che magari sono in lotta da secoli farebbero volentieri una tregua per unirsi e far fuori un ebreo…”), con la realtà degli insediamenti ebraici (“… quella era l’ultima occasione di sradicare la cosa prima che diventasse un insediamento illegale, che è la cosa più difficile al mondo da sradicare..”) e con la memoria dei sopravvissuti alla Shoah come la nonna di Assaf le cui ferite la rendono diffidente  “…perché lei ha una lunga lista sempre a portata di mano di promesse non mantenute dagli arabi dal 1948 fino ad oggi”. E naturalmente, come per l’albero di ulivo cresciuto nell’orecchio del papà di Assaf, la soluzione che ogni tanto si intravede all’orizzonte è ancora lontana a venire!
Un libro divertente, di piacevole lettura grazie ad un ritmo narrativo scorrevole, Il piccolo Big Bang regala momenti di puro divertissement pur intrecciando la complessa realtà israeliana e si impone come un nuovo prezioso contributo che ci arriva dal variegato panorama della letteratura israeliana.

Giorgia Greco


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