Ebreo, russo e americano. L’autore di 'Absurdistan' racconta le sue storie strampalate e supertristi Amy Rosenthal intervista Gary Shteyngart
Testata: Il Foglio Data: 11 giugno 2011 Pagina: 13 Autore: Amy Rosenthal Titolo: «Il mondo di Shteyngart»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/06/2011, a pag. IX, l'articolo di Amy Rosenthal dal titolo "Il mondo di Shteyngart".
Gary Shteyngart
Non è da tutti vivere fino a sette anni a Leningrado (oggi tornata San Pietroburgo), in una piazza dominata da una grande statua del padre della Rivoluzione d’ottobre, per poi, nel 1979, a sette anni, emigrare in America, a New York, crescere senza tv e senza riuscire a parlare correttamente il nuovo idioma fino a quattordici anni, e comunque diventare uno dei giovani romanzieri americani più importanti, secondo la rivista Granta. Eppure è la vera storia di Gary Shteyngart, che dopo “Il manuale del debuttante russo” (Mondadori, 2003) e il grandissimo successo di “Absurdistan” (Guanda, 2007), ritorna in libreria con il suo terzo romanzo satirico, “Storia d’amore vera e supertriste” (sempre tradotto da Guanda). Ambientato in un terrificante mondo futuristico nel quale la gente non legge più libri e comunica esclusivamente per mezzo di uno strumento chiamato “apparato” (una specie di avanzatissimo smartphone), con cui si possono scaricare in tempo reale i pensieri e le conversazioni del suo proprietario, ci offre, tra molte altre cose, il quadro di un’America sull’orlo del collasso. In un turbinio di vicende strampalate e incredibili, in puro stile shteyngartiano, i protagonisti del romanzo, il trentanovenne Lenny Abramov e la ventiquattrenne coreana Eunice Park, si lanciano in una storia d’amore che si deteriora con la stessa rapidità con cui si sta guastando, attorno a loro, anche l’America. Il Foglio ha incontrato lo scrittore trentanovenne a Roma, dove è appena arrivato per presentare il suo ultimo libro e partecipare al Festival delle letterature alla basilica di Massenzio, subito dopo una breve tappa in Galles per ritirare il premio Bollinger Everyman Wodehouse per la narrativa umoristica. Nel suo inglese che non ha perduto il pesante accento russo, Shteyngart, con il quale ci siamo seduti a bere un caffè, racconta le radici della propria ispirazione: “Sono cresciuto in Russia, immerso nello humour sovietico ashkenazita – insomma, sporco ebreo fino alla tomba – e l’autorità è sempre stata qualcosa da mettere in ridicolo. Detto questo, i miei genitori, naturalmente, come tutti i buoni russi, si sono innamorati di Ronald Reagan, e anche io mi sono innamorato di lui quando ero ancora un bambino. Siamo passati da Lenin a Reagan con estrema rapidità”, esclama lo scrittore americano assumendo un accento tipicamente newyorchese. “Inoltre, sono cresciuto immerso nel pessimismo – un pessimismo innato su ogni cosa; e il solo modo per convivere con un simile pessimismo è scherzare tutto il tempo”. Shteyngart ha scritto “Absurdistan” mentre viveva a Roma, e anche “Storia d’amore vera e supertriste” inizia e finisce in Italia: “Ho frequentato la Stuyvesant High School, un liceo scientifico di New York. In America, se sei un immigrato, sei addestrato fin dall’inizio a lavorare come un animale fino al giorno della tua morte. Ma qui in Italia, soprattutto a Roma, mi rilasso, perché tutti attorno a me sono rilassati. Nessuno vive come a New York. In Italia l’economia è rimasta stagnante almeno dagli anni Sessanta, vero?”. Beh, non proprio, c’è stato un secondo boom economico negli anni Ottanta. Shteyngart scoppia a ridere ed esclama: “Ok, me lo sono perso. Comunque, a parte questo, non accade nient’altro. Ogni volta che torno a Roma e mi faccio una passeggiata, tutto è rimasto esattamente come era la volta precedente. Forse a Milano o a Torino è diverso, ma qui a Roma tutto appare sempre uguale; invece, ogni volta che torno a New York, magari dopo appena una settimana, c’è un’intera serie di nuovi negozi, ristoranti e chissà che altro. Ah, e mi piace anche il fatto che l’Italia sia un paese di edonisti. Qui la gente prende molto sul serio il proprio piacere. A New York si lavora senza posa per una minuscola quantità di piacere, e anche questo è del tutto effimero perché, dovunque vai, hai sempre con te l’iPhone e passi tutto il tempo a digitare sulla sua tastiera. In Italia ho partecipato a pranzi che sono durati cinque ore. E’ fantastico. Quando scrivevo ‘Absurdistan’, che parla di un uomo grasso al quale piace mangiare e avere storie d’amore romantiche, l’Italia è stata una grande fonte d’ispirazione. E’ stato meraviglioso scrivere qui quel libro! Gli italiani sembrano persone estremamente umane – dice ancora Shteyngart – ma la struttura della società che si sono costruiti è davvero bizzarra. di Amy Rosenthal Perché bisogna perdere quattro ore per pagare una bolletta del gas? Perché ci sono due prezzi diversi per un cappuccino al banco e un caffè macchiato al tavolo? Ci sono un mucchio di piccole seccature, ma il vero problema credo sia la dipendenza eccessiva dalla famiglia. Tutti vivono con i propri genitori. Non conosco nessuno che non viva con i propri genitori”. Gli americani, effettivamente, non vedono l’ora di scappare lontano dai loro genitori… “Sì, tutto quel che si fa in America è proprio cercare di allontanarsi dai propri genitori, e questa è una cosa meravigliosa. E’ proprio questo ciò che mi lascia perplesso sugli italiani, come anche il loro strano campanilismo: verso la propria cittadina, il proprio comune, ecc. Perché Lucca e Firenze si detestano a vicenda? Non riesco a capirlo, ma suppongo che sia il retaggio di una cultura antichissima. Io, invece, non mi sento molto antico”. Da immigrato russo, Shteyngart ha un punto di vista molto peculiare sull’America: “Beh, potremmo parlare di politica, ma la verità è che nulla dura per sempre e che nessun paese può restare sempre in ascesa. L’ascesa dell’America è stata stupefacente. Quale altro paese ha raggiunto un simile dominio globale così rapidamente? L’impero romano ci è riuscito in un modo diverso, con la conquista di nuovi territori; l’America, invece, ci è riuscita non soltanto con metodi offensivi ma anche in modi del tutto passivi che hanno contribuito a rafforzare il senso di autostima degli americani. Ma, lo ripeto ancora una volta, nulla dura per sempre. Dopo un po’, qualcuno diventa più ambizioso di te. Quando ero alla Stuyvesant High School, dove tutti gli studenti erano asiatici, si poteva facilmente riconoscere quali erano i più ambiziosi, i più desiderosi di salire in alto. Quando vado in Corea, vedo persone che lavorano come bestie. Esci fuori a cena con loro e la prima cosa che ti dicono è: ‘Ah, ho paura che al lavoro mi vogliano mettere in seconda squadra e non in prima squadra’. Un incubo”. Tornando all’America, Shteyngart dice di “amarla sinceramente. Nel libro racconto una storia d’amore che non è solo quella tra un uomo e una donna, ma anche la storia dell’amore di un uomo per la sua città e per il suo paese. Ho cominciato a preoccuparmi di ciò che avveniva al di là del fiume Hudson soltanto quando le cose hanno iniziato a mettersi davvero male. Quando ho iniziato a scrivere questo libro, nel 2006, la mia idea iniziale era questa: oh, mio Dio, cosa accadrà se la Lehman Brothers e l’industria automobilistica falliscono? L’ironia, naturalmente, è che, appena due anni dopo, tutto questo è veramente accaduto. Questo spiega perché ho dovuto rendere nel libro la situazione sempre peggiore, fino a toccare la completa follia. Alla fine del libro, l’intero paese viene comprato a prezzo di svendita da un hedge fund norvegese”. Non è un po’ azzardato ipotizzare il fallimento dell’America? “Sarà che sono nato in Unione Sovietica, un impero fallito. E sia gli Stati Uniti sia la Russia sono pervasi da questa idea – una specie di fede messianica – che Dio abbia loro affidato il mondo. Ci credono tanto i russi quanto gli americani. Ma cosa accade quando la situazione concreta non conferma la propria condizione di numero uno? E’ un terribile colpo psicologico”. In Europa i politici di sinistra continuano a ripetere che “l’America e la potenza americana sono in declino”. Shteyngart, laureato in Scienze politiche all’Oberlin College, in Ohio, dice che “se si cerca un esempio perfetto della situazione mondiale basta salire su un aereo all’aeroporto di Newark e scendere all’aeroporto di Pechino. Quello di Newark è uno dei più brutti del mondo e quello di Pechino uno dei più belli e futuristici. Oppure, provate prima a prendere un treno che vada dall’areoporto JFK fino a Manhattan e poi andate a Shangai e prendete il treno che vi porta nel centro della città. O ancora, andate a Shenzhen, che negli anni Settanta era un villaggio di pescatori e ora ha un grattacielo più alto dell’Empire State Building”. Scuote la testa e continua: “Il punto è che non stiamo più creando e sviluppando le infrastrutture. In secondo luogo, il resto del mondo ha saputo emularci. I cinesi hanno imparato a farlo benissimo pur essendo un paese capitalista autoritario. Entro il 2030, se non prima, l’economia cinese avrà un volume maggiore di quella americana. Sarà la prima volta, fin dai tempi della fine dell’impero britannico, che l’America non avrà l’economia più grande del mondo. E questo cambierà tutto. Non si può sfuggire a questi numeri. La sola cosa che può ostacolare un paese come la Cina è che si tratta di una società monolitica sul piano etnico. La società è dominata dai cinesi di etnia han. Non sanno cosa significa avere una società pienamente integrata. Questo può essere un problema”. In “Storia d’amore vera e supertriste”, Israele è dominato da una Knesset super ortodossa. Perché? Teme forse che Israele possa diventare uno stato teocratico? “In verità non mi interessa”. Come? Che pessimo ebreo! Shteyngart ride: “E’ proprio questo il punto: ormai credo in una politica di assoluta non interferenza. Lasciamo che gli israeliani abbiano la società che desiderano. Si dice che sia una democrazia, giusto? Bene, allora lasciamo che gli israeliani facciano ciò che vogliono. Gli ebrei americani discutono continuamente su ciò che dovremmo fare in Israrele, sostenendo ora questo ora quello e facendo tante chiacchiere. Detto questo, quando vado in Israele mi rendo conto di non essere israeliano. E’ una società completamente diversa. Certo, siamo tutti ebrei, ma il mondo in cui loro vivono non ha nulla a che fare con quello in cui vivo io”. Cioè? “Io sono un piccolo mammifero dal pelo morbido e setoso che va dallo psicoanalista quattro volte alla settimana, mentre loro sono dei gentleman dai peli ispidi e armati di pistole convinti di quel che fanno. E questo va benissimo”. Shteyngart evidentemente non considera l’ipotesi che anche loro vadano dallo psichiatra? “No, vanno dalle loro madri. Il punto è che gli ebrei come me non fanno spesso figli, e quando li fanno di solito è con donne non ebree. Ci saranno sempre meno ebrei non religiosi, mentre gli ebrei religiosi fanno molti figli, proprio come gli ebrei sefarditi. Il futuro è loro e perciò dobbiamo lasciare che siano loro a occuparsi di tutto. Vogliono bombardare l’Iran? Buona Fortuna. Divertitevi. Perché me ne dovrei occupare? Abbiamo già i nostri problemi in America. Quando scrivevo questo libro, più andavo avanti e più mi sentivo non semplicemente un newyorchese ma un cittadino americano preoccupato per i seri problemi che il suo paese deve affrontare. Infatti, un paese in declino è molto diverso da un paese in ascesa. Stiamo producendo una vasta letteratura su questo tema, ma la cosa interessante è che gran parte di essa è televisiva. Credo che i più importanti prodotti culturali degli ultimi dieci anni siano i serial ‘Wire’ e ‘I Soprano’. Il primo, in particolare, mostra la vera natura della sottoclasse urbana. Mostra la natura disfunzionale di un governo cittadino. E’ magnifico. C’è tutto quello che bisogna sapere. Non riesco a trovare un solo libro che abbia saputo cogliere altrettanto profondamente la situazione presente”. Shteyngart sembra avere un rapporto di amore-odio con gli ebrei e il giudaismo: “A New York tutti sono ebrei. Tutti i miei amici sono ebrei. Vai a una festa e tutti fanno battute yiddish, persino i giapponesi. Va tutto benissimo. Il contributo culturale è straordinario, ma io non sono una persona religiosa e non ho legami particolarmente forti con Israele. Ho molti amici in Israele, ma semplicemente non mi importa nulla del resto. Sono contento che gli ebrei americani accettino di buon grado questo, a parte i più rigidamente ortodossi”. Shteyngart fa un gesto teatrale con le mani ed esclama: “Leggetevi ‘Herzog’ di Saul Bellow e passate una buona giornata! La maggior parte degli ebrei non si dà pensiero dell’ambiguità che nei miei libri mostro verso il giudaismo. Insomma, c’è qualche vecchio stravagante che mi scrive furiose lettere il cui senso è: ‘Devi morire!’, ma accade di rado. Invece, se prendo in giro gli ebrei o il giudaismo in Russia è tutt’altra musica: ho avuto recensioni terribili in questo paese. Mi hanno definito traditore. Tutto quel che posso dire è che si capisce immediatamente quando una comunità è sicura di se stessa”. Essendo stata menzionata la Russia, chiediamo a Shteyngart cosa rimanga ancora di russo in lui. “Ci torno ogni anno. E quest’estate ci porterò i miei genitori per la prima volta dopo trentuno anni. Mi mostreranno un sacco di posti e mi faranno vedere tutti i punti dove hanno subito le angherie dell’antisemitismo: ‘Qui mi hanno chiamato Yid, qua mi hanno dato dello sporco ebreo’”. Sono ancora traumatizzati dalle esperienze sofferte in Unione Sovietica? “Penso di sì. Diversamente da loro, a me piace tornare in Russia ed essere chiamato Yid. Perlomeno, la gente è più onesta”. Se domani potesse svegliarsi ed essere un altro celebre scrittore, chi vorrebbe essere? “Credo che vorrei essere David Chase, il creatore dei ‘Soprano’. Proprio ora sto scrivendo una sceneggiatura per Hbo”. Shteyngart fa una risata e aggiunge: “In questi tempi essere uno scrittore, persino se si è Shakespeare, è difficile. Si è più che altro un fornitore di contenuti. Non sono giorni facili per la letteratura e gli scrittori. Fare questo mestiere è per certi versi inquietante. Ho sempre voluto essere connesso a un pubblico e temo che questo pubblico si ridurrà praticamente a zero nel corso dei prossimi venti o trent’anni, fino al punto che i romanzi faranno la stessa fine della poesia, letta quasi esclusivamente dalle stesse persone che la scrivono”. Cosa direbbe agli italiani per convincerli a leggere “Storia d’amore vera e supertriste”? Shteyngart fa un largo sorriso e proclama: “E’ come un bunga bunga senza la malattia sociale”. A questo punto non possiamo fare a meno di domandargli cosa pensi di Berlusconi. Shteyngart si illumina: “Oh, è un grande!”. Allora non è vero che gli americani ne sono scandalizzati, come sostengono i suoi detrattori qui in Italia? “No, non se ne cura nessuno. Ah, un momento, i lettori del New Yorker probabilmente sì”.
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