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Il Foglio Rassegna Stampa
07.06.2011 Obama contro Durban III, parata antisemita convocata a NY nel decennale di Ground Zero
commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 07 giugno 2011
Pagina: 6
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il settembre nero dell'Onu»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/06/2011, a pag. II, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Il settembre nero dell'Onu".


Giulio Meotti

Una delle migliori decisioni di Colin Powell come segretario di stato americano fu considerato il boicottaggio della conferenza delle Nazioni Unite a Durban nel 2001, non appena divenne chiaro che l’incontro sul razzismo sarebbe stato trasformato nella prima occasione pubblica, dalla fine della Seconda guerra mondiale, per lanciare nuovi appelli all’odio contro gli ebrei e il “demonio americano”.
E’ su questa scia politica e diplomatica che si colloca la decisione dell’Amministrazione Obama, che ha annunciato che gli Stati Uniti non parteciperanno alla terza conferenza dell’Onu contro il razzismo prevista per il prossimo 21-22 settembre a New York. Anche il Canada e Israele boicotteranno l’iniziativa, ormai conosciuta come “Durban III” e che intende “celebrare” lo spirito della prima edizione della nota conferenza simboleggiata dalla città sudafricana della lotta all’apartheid. Doveva essere un incontro epocale soprattutto in un’era di immigrazioni, rifugiati, grandi conflitti etnici e religiosi. Ma come ha detto l’allora viceministro degli Esteri israeliano, Michael Melchior, “una conferenza riunitasi per combattere la vergogna del razzismo generò, a nome della più grande organizzazione internazionale, la dichiarazione più razzista dal tempo della Seconda guerra mondiale”.
La senatrice democratica Kirsten Gillibrand ieri ha spiegato in questo modo la scelta dell’Amministrazione Obama: “E’ un insulto per l’America che le Nazioni Unite abbiano deciso di tenere la conferenza Durban III a New York City, a pochi giorni dal decimo anniversario degli attacchi dell’11 settembre; abbiamo ascoltato tutti le voci antisemite e antiamericane gridate durante Durban I e Durban II, e dovremmo aspettarci che la stessa cosa accada a Durban III”. Si sa già che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a Durban III terrà banco sul razzismo, impartendo “lezioni di civiltà” all’occidente. La decisione di Obama ha avuto vasta eco, in quanto nella precedente edizione della conferenza a Ginevra, due anni fa, la Casa Bianca aveva assunto un atteggiamento più conciliatorio e perché l’Amministrazione democratica ha sempre cercato di ricucire con gli organismi dell’Onu (Obama era rientrato ad esempio nel già screditato Consiglio dei diritti umani che ha il compito di organizzare questa “Durban III”).
Anche nel 2001 in Sudafrica, dopo gli interventi di Mugabe, Castro e Arafat che maledivano l’occidente colonialista e gli ebrei razzisti, se ne andarono i canadesi, gli americani e gli israeliani. Sotto la pressione dei regimi islamici, dell’Africa nera e dell’America Latina, ma anche delle innumerevoli ong umanitarie presenti, una conferenza che mirava a lottare contro il razzismo fu trasformata in un grande tribunale anti occidentale e anti israeliano, dove furono denunciati il “razzismo sionista” e lo “schiavismo euro-americano”. Anna Bayefsky, politologa canadese fra le massime esperte mondiali di Nazioni Unite, ha raccontato come la conferenza di Durban “fu trasformata in un forum per il razzismo. Numerosi stati hanno tentato di minimizzare o di eliminare ogni riferimento all’Olocausto, di ridefinire o ignorare l’antisemitismo”. Il rappresentante del Kenya propose di rimuovere dal documento l’unica parte positiva per gli ebrei, quella che denunciava l’antisemitismo nel mondo, e la sua mozione venne approvata venti contro uno.
Per l’Onu e le ong riunite nella città sudafricana l’antisemitismo non esisteva affatto. Più avanti, nel 2009, quando l’Onu ripropose una Durban II da tenere a Ginevra, anche il governo Berlusconi lanciò il suo rifiuto assieme ad altri stati europei. La seconda edizione vide protagonista assoluto Mahmoud Ahmadinejad, che ne fece l’occasione per rinnovare la negazione della Shoah e promettere di sterminare gli ebrei. Durante i lavori di Durban II a Ginevra, un membro dell’entourage di Ahmadinejad si avvicinò allo scrittore e sopravvissuto all’Olocausto Elie Wiesel urlandogli “Sio-Nazi”, costringendolo così a uscire dall’aula dei lavori.
La scena, videoregistrata dal Centro SimonWiesenthal, fece il giro del mondo. “L’Onu ha scelto come data il 21 settembre”, dice l’esperta del Palazzo di vetro Claudia Rosett. “Dieci giorni dopo il decimo anniversario degli attacchi dell’11 settembre che hanno buttato giù le Torri gemelle, ucciso quasi tremila persone e trasformato una parte di Manhattan in una zona militare di cenere e macerie”. Il Palazzo di vetro ha già approvato la “A/C.3/65/L.60”, una serie di numeri astrusi dietro cui si cela la piattaforma programmatica di Durban III. E’ stata scritta dallo Yemen, uno dei paesi “non liberi” che guida il blocco islamico e africano. E’ stata l’Organizzazione della Conferenza islamica, un’associazione di sessanta stati impegnati a promuovere la “solidarietà musulmana” – ma che in realtà “vuole distruggere il principio di universalità dei diritti umani e delle libertà alle Nazioni Unite”, come spiega Paul Marshall dell’Hudson Institute –, a scegliere New York come sede per la terza edizione. Per molti anni l’Organizzazione, che ha sede a Gedda in Arabia Saudita, era dominata dai paesi sunniti del Golfo, con l’Iraq di Saddam Hussein in testa. Dal 2003, quando nominò un suo rappresentante nell’organismo, l’Iran è diventato sempre più decisivo nel forum e ha utilizzato Durban come piattaforma di propaganda.
A febbraio gli ayatollah iraniani sono riusciti a far approvare dal parlamentino della Conferenza il “Gaza Day”. I suoi membri votano all’unisono, controllano oltre il trenta per cento dell’Assemblea generale dell’Onu e dominano il Consiglio dei diritti umani (17 su 47 membri). Si sa anche che a Durban III è in allestimento una piattaforma che condannerà Israele come stato dedito alla “apartheid”, tesi che verrà portata al Palazzo di vetro da Mireille Fanon-Mendes, figlia del celebre intellettuale e combattente arabo Franz Fanon e storica militante della causa palestinese in Europa. La bozza della dichiarazione di Durban III, in corso d’opera a New York, recita che la politica israeliana nei confronti dei palestinesi equivale a “una nuova forma di apartheid, un crimine contro l’umanità, una forma di genocidio e una seria minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”.
La bozza prevede anche di castigare “l’escalation di islamofobia”. Nella prima edizione della conferenza, al discorso di chiusura venne pronunciato dal dittatore cubano Fidel Castro e agli intramontabili slogan di “Palestina libera” si accompagnarono quelli più lugubri di “Morte agli ebrei”. Subito dopo Durban ci fu il secondo e il terzo atto: gli attentati dell’11 settembre 2001 e la Seconda Intifada. E i pessimisti dicono appunto che Durban III potrebbe servire a giustificare il lancio di una terza, sanguinosa, Intifada.

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