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Ugo Volli
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Questioni di statuti - e di guerra 01/06/2011

Questioni di statuti - e di guerra

Cari amici, avete certamente  letto tutti quanti che l'Autorità Palestinese punta a essere riconosciuta come stato indipendente membro dell'Onu nella prossima sessione che si apre a settembre. Molti paesi, naturalmente arabi ma anche sudamericani, hanno promesso il loro appoggio. In Europa si sta dando da fare la Spagna del socialista Zapatero, giustamente, perché molti sondaggi hanno chiarito che si tratta del paese più antisemita del continente. Vogliamo scommettere che a breve seguiranno Norvegia e Svezia? Nel frattempo, i solerti sostenitori della Palestina vogliono raccogliere dieci milioni di firme per ottenere questo riconoscimento.

Bene, bravi. Come cantava Giorgio Gaber la libertà è partecipazione e la mamma di firmatori di petizioni è sempre incinta.  Ma sanno quello che fanno? Hanno presente le conseguenze legali? Badate, non sto parlando degli ostacoli procedurali, per cui l'assemblea non può proprio ammettere uno stato che non sia stato candidato dal consiglio di sicurezza (e Obama è capace di tutto, ma ha promesso formalmente che lo impedirà col veto). No, ci sono aspetti più sostanziali. Per esempio gli statuti. Quello dell'Onu, fra l'altro, recita:

"Articolo 2, comma 3. Tutti gli Stati Membri dirimeranno le proprie controversie internazionali con mezzi pacifici in modo che la pace, la sicurezza internazionale e la giustizia non siano messe in pericolo. Comma 4. Nelle rispettive relazioni internazionali gli Stati Membri dovranno astenersi dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato." "Articolo 4 comma 1. Possono diventare membri delle Nazioni Unite tutti gli Stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente Statuto e che a giudizio dell’Organizzazione, abbiano la capacità e la volontà di adempiere tali obblighi." (http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/statuti/statuto_onu.htm).
C'è poi anche risoluzione 1377 (2001) adottata il 12 novembre 2001 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella quale esso «[s]ottolinea che gli atti di terrorismo internazionale sono contrari alle finalità e ai principi enunciati nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e che il finanziamento, la pianificazione e la preparazione degli atti di terrorismo internazionale, come tutte le altre forme di sostegno a tal fine, sono del pari contrari alle finalità e ai principi in essa enunciati». (citazione in http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/novembre/sent-corte-giust-c-57-09.html) .

Tutto bene, dite voi? Siete d'accordo o quasi? Mah, ci sarebbe in gioco un altro statuto, quello dell'OLP, di cui l'Autorità Palestinese è espressione. Sapete cosa dice all'art. 2? Ecco: "La Palestina è un'unica indivisibile entità territoriale coi confini del Mandato britannico" che naturalmente "è proprietà del popolo palestinese" (art. 3), il quale è composto solo da arabi (art. 5) o al massimo "degli ebrei che vivevano in palestina prima dell'inizio dell'invasione sionista", cioè del 1910 circa, possiamo immaginare (art.6). Con il che Israele è sistemata, alla faccia dell'articolo 2 dell'Onu. L'articolo 9, invece sempre alla faccia dello statuto dell'Onu dice che "La lotta armata è la sola via per liberare la Palestina. E' la strategia generale non solamente una fase tattica." Vi risparmio il resto, che trovate qui (http://avalon.law.yale.edu/20th_century/plocov.asp) .  A un certo momento l'Olp aveva ceduto alle pressioni e annunciato una revisione del suo statuto per eliminarne le parti più aggressive. Ma poi non ha mai pubblicato il nuovo statuto – resta solo questa simpatica versione.

Quanto allo statuto di Hamas, altro componente del governo palestinese da riconoscere, all'art. 7 dice "Il Profeta – le preghiere e la pace di Allah siano con Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei” (citato da al-Bukhari e da Muslim)." Carino, non vi pare? E molto nonviolento. All'art. 15, invece: "Quando i nemici usurpano un pezzo di terra musulmana, il jihad diventa un obbligo individuale per ogni musulmano. Di fronte all’usurpazione della Palestina da parte degli ebrei, dobbiamo innalzare la bandiera del jihad. Questo richiede la propagazione di una coscienza islamica tra il popolo a livello locale, arabo e islamico. È necessario diffondere lo spirito del jihad all’interno della umma, scontrarsi con i nemici, e unirsi ai ranghi dei combattenti." Abbastanza chiaro, no? E profondamente condiviso dal povero popolo palestinese, come mostrano i sondaggi. Il jihad qui non è la lotta interiore contro il peccato, come ogni tanto ci raccontano dei buontemponi, ma la buona vecchia guerra. Con le pallottole o più probabilmente con i razzi. Come la mettiamo allora con i "mezzi pacifici" per "dirimere le controversie"?

Insomma o l'Onu è sicuro che i palestinesi siano d'improvviso diventati "amanti della pace" e che abbiano "la capacità e la volontà di adempiere tali obblighi" e allora forse ci sarà qualcuno dalle parti di Gaza e di Ramallah cui – come dire – pruderà il fucile. O, più facilmente, lo statuto dell'Onu è carta straccia e la pace e tutta questa storia solo è un pretesto per stabilire che "uccidere gli ebrei non è reato". La famosa eccezione ebraica, con relativa soluzione finale. Dell'Onu non mi sono mai fidato, ma la sua trasformazione in organo delle SS sarebbe una novità degna di nota.

Ugo Volli


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