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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.06.2011 Joe Biden: siamo contrari alla proclamazione unilaterale dello Stato palestinese
La violenza di Hamas è un ostacolo al raggiungimento di un accordo

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 giugno 2011
Pagina: 25
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «L’Italia deve essere orgogliosa del suo contributo alla democrazia»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/06/2011, a pag. 25, l'intervista di Paolo Valentino a Joe Biden dal titolo "L’Italia deve essere orgogliosa del suo contributo alla democrazia".


Joe Biden

Ecco le dichiarazioni di Joe Biden circa la situazione fra Israele e palestinesi : " siamo contrari ad alternative come cercar di proclamare l’indipendenza della Palestina all’Onu. Apprezziamo la dichiarazione del governo italiano che respinge quella opzione. Per quanto riguarda la riconciliazione tra Fatah e Hamas, i palestinesi dovranno risolvere il problema del non riconoscimento di Israele da parte di Hamas e la sua mancata rinuncia alla violenza". Persino Joe Biden vede nella linea di Hamas il principale ostacolo alla buona riuscita dei negoziati. L'accordo tra Hamas e Fatah non comporterà la fine del conflitto.
Ecco l'intervista:

«Sono venuto su invito di uno stimato statista, il Presidente Napolitano, a esprimere l’apprezzamento del mio Paese per la cooperazione che esiste tra di noi. Nella sua proclamazione, in occasione dei 150 anni dell’Italia unita, il Presidente Obama ci ha ricordato che la campagna di Giuseppe Garibaldi avvenne mentre la nostra nazione lottava per preservare la sua unione. Gli sforzi per unificare l’Italia ispirarono noi americani. Oggi Italia e Stati Uniti sono partner in molti campi, compresi i legami commerciali, l’alleanza nella Nato, lo stretto coordinamento e la collaborazione per proteggere il popolo della Libia e favorire una transizione democratica. Capisco perché gli italiani sono così fieri della loro storia e perché gli italo-americani sono così fieri della loro eredità. Ma credo che dovrebbero essere orgogliosi anche dei contributi che l’Italia sta dando all’espansione della democrazia e al rispetto dei diritti umani, alla fine della proliferazione nucleare in Iran e alla stabilizzazione dell’Afghanistan. Per tutto questo e molto altro ancora, porto i migliori auguri del popolo americano in questo storico anniversario» . Il Vice-Presidente degli Stati Uniti Joseph Biden è da ieri a Roma per prendere parte alle celebrazioni del 2 giugno. «Prima di tutto— dice nell’intervista esclusiva concessa al Corriere — vorrei esprimere il nostro apprezzamento per il loro coraggio e sacrificio a tutti i militari italiani che hanno servito nelle missioni internazionali di pace e alle loro famiglie. Sappiamo dalla nostra esperienza com’è difficile avere soldati in zone di guerra, ma crediamo che gli sforzi dei vostri uomini e donne aiutino a promuovere sicurezza e stabilità nel mondo. I nostri pensieri e preghiere vanno ai soldati italiani feriti in questi giorni in Libano e in Afghanistan e ai loro parenti» . Signor Vice-Presidente, la «primavera araba» ha cambiato radicalmente il paesaggio politico e sociale del Nord Africa e del Medio Oriente. Il Presidente Obama ha delineato un nuovo approccio per la regione: sostenere la democrazia, favorire la rinascita economica, stimolare le riforme. Cosa si aspettano gli Usa dagli alleati europei? «Questo è un periodo decisivo non solo per la storia del Medio Oriente e del Nord Africa ma anche per la storia del mondo Come ha detto il Presidente Obama lo scorso 19 maggio, la transizione in corso porta con sé grandi promesse per società cui troppo a lungo sono stati negati diritti fondamentali, dignità e opportunità che spettano a tutti. Ma contiene anche l’enorme promessa per gli Stati Uniti e alleati come l’Italia di riformulare lo schema, che per troppo tempo ha definito i nostri rapporti con quell’area. Le transizioni relativamente pacifiche di Tunisia ed Egitto ripudiano completamente la visione del mondo di Al Qaeda e altri estremisti, cioè che il cambiamento può prodursi solo attraverso violenza e terrore. Insieme ai nostri alleati dobbiamo rafforzare queste transizioni, sollecitando riforme significative in Paesi dove la pressione sale ma il cambiamento è incerto e sostenendo lo sviluppo di processi democratici e istituzioni, che stanno appena germogliando in Paesi come Tunisia ed Egitto. E poiché politica ed economia devono procedere mano nella mano, sosteniamo anche la visione di un futuro economico per l’area, caratterizzato da miglior gestione, stabilità finanziaria, un settore privato ampio e attivo, crescente integrazione con i Paesi vicini e il mondo. Nel perseguimento di questa visione, gli Usa intendono lavorare al fianco degli alleati europei» . Come Paesi Nato all’interno di una più ampia coalizione, siamo impegnati in Libia contro un regime moribondo ma ancora pericoloso. Qual è l’obiettivo, come definiamo il successo, quanto durerà la missione? «Gli Stati Uniti e i Paesi della Nato, Italia compresa, sono stati chiari sin dall’inizio: scopo della missione era proteggere il popolo libico da un dittatore assassino che minacciava di schiacciare i suoi oppositori casa per casa. La nostra coalizione è impegnata a far applicare la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza e chiamare Gheddafi a rispondere dei suoi spietati attacchi contro la popolazione. C’è ampio consenso internazionale che Gheddafi abbia perso la sua legittimità e debba andarsene. L’opposizione affronta una serie di sfide militari. Ma il Cnt (Consiglio nazionale di transizione, ndr) ha dimostrato di essere credibile e legittimo e si è impegnato a perseguire una transizione politica ampia e democratica. La missione della coalizione ha impedito non solo una catastrofe umanitaria, ma ha anche evitato che l’instabilità della Libia tracimasse verso Egitto e Tunisia. Mentre gli Stati Uniti hanno guidato lo sforzo iniziale per costruire la coalizione e continuano a fornire capacità uniche, i nostri alleati stanno ora assumendo un ruolo di guida, appoggiati da partner regionali come Qatar ed Emirati Arabi. Questa è divisione dei compiti nell’azione, essenziale per affrontare le sfide globali» . Il Presidente Obama ha confermato l’impegno Usa per la soluzione di due Stati, Israele e Palestina, «basata sulle linee del 1967 con scambi necessari mutualmente concordati» . Ma quanto sono reali le prospettive di riaprire il processo di pace? «Dobbiamo cambiare dinamica tra israeliani e palestinesi e, per questo, il Presidente ha delineato i principi su cui il negoziato dovrebbe basarsi. Per avere un solido fondamento sul quale lanciare trattative di successo, dobbiamo far sì che i palestinesi abbiano fiducia di vedere soddisfatte le loro esigenze territoriali di base e gli israeliani esauditi i loro requisiti essenziali di sicurezza. Questo non succederà in una notte. Noi ci auspichiamo che succeda presto. Certo i nodi di Gerusalemme e dei rifugiati dovranno essere affrontati. Ma come ha detto di recente il Presidente Obama, se facciamo progressi nel delineare il profilo dei due Stati futuri, diventerà più facile per entrambi fare concessioni per risolvere anche quelli. Dobbiamo consultarci con le parti su come riprendere i colloqui, per essere certi che saranno credibili e possano far progressi. Ma siamo contrari ad alternative come cercar di proclamare l’indipendenza della Palestina all’Onu. Apprezziamo la dichiarazione del governo italiano che respinge quella opzione. Per quanto riguarda la riconciliazione tra Fatah e Hamas, i palestinesi dovranno risolvere il problema del non riconoscimento di Israele da parte di Hamas e la sua mancata rinuncia alla violenza» . Entro l’estate gli Stati Uniti dovrebbero cominciare a ritirarsi dall'Afghanistan. Anche qui, come definiamo il successo? Cosa chiederete agli alleati come l'Italia? Quanto tempo ancora dovremo rimanere laggiù? «In Afghanistan noi rimaniamo concentrati su tre aspetti: sforzo militare per indebolire i talebani e addestrare le forze afghane in modo che possano assumersi la responsabilità diretta; sforzi civili per promuovere buona amministrazione e sviluppo; cooperazione regionale specialmente col Pakistan, poiché la nostra strategia deve aver successo su ambedue i lati del confine. Lo scopo essenziale non è sconfiggere ogni residuo pericolo per la sicurezza del Paese, poiché in ultima analisi questo spetta agli afghani. E non è la ricostruzione nazionale, poiché sono gli afghani che devono costruire la loro nazione. Noi siamo intenti a distruggere, smantellare e sconfiggere Al Qaeda in Afghanistan e Pakistan e impedire che minacci l’America e gli alleati in futuro. Al vertice Nato di Lisbona gli alleati hanno concordato il passaggio a una nuova fase, la transizione verso un sistema di sicurezza sotto la piena responsabilità afghana, che comincerà quest’anno e sarà completato nel 2014. Gli Usa inizieranno a ridurre le forze aggiuntive in luglio, mentre quelle afghane subentrano progressivamente nel garantire la sicurezza. Ma anche mentre l’Afghanistan si rimette in piedi, non sarà solo. Così come la Nato e il governo afghano hanno concordato una cooperazione che continuerà oltre la fine della transizione, così gli Stati Uniti manterranno una partnership oltre la data del 2014. Noi, insieme agli alleati atlantici, dobbiamo mantenere un impegno di lungo periodo nell’addestrare e assistere le forze di sicurezza afghane» . Chrysler ha rimborsato i prestiti governativi, con 6 anni d’anticipo. Un’azienda italiana ha svolto un ruolo decisivo nella rinascita. E’ un modello per il futuro? «Il rimborso di Chrysler è indicativo di ciò che sta accadendo nell’industria automobilistica americana. Ho parlato con Sergio Marchionne la scorsa settimana per congratularmi. Ho anche parlato con un operaio della Chrysler e so che la rinascita dell’azienda ha fatto una vera differenza nella vita delle persone, creando occupazione e restituendo loro dignità. Fiat e il suo management hanno dato un forte contributo a questa svolta. Chrysler e Fiat sono da encomiare per il ritorno al profitto e la creazione di nuovi posti» .

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