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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.05.2011 Rafah, aperta la frontiera con l'Egitto. Sottovalutati i pericoli
Articoli di Francesco Battistini, Antonio Ferrari

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 maggio 2011
Pagina: 15
Autore: Francesco Battistini-Antonio Ferrari
Titolo: «Il nuovo Egitto riapre Rafah, fiume di palestinesi al valico-Cosa vuol dire per Gaza e per Israele la riapertura del valico di Rafah»

Sulla apertura di Rafah, la frontiera di Gaza verso l'Egitto, escono oggi, 29/05/2011, servizi su molti giornali, dai toni spesso simili.
Prendiamo a mo'di campione il pezzo di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA a pag.15, dal titolo  trionfalistico " Il nuovo Egitto riapre Rafah, fiume di palestinesi al valico ", un inno alla ritrovata possibilità di viaggiare (ma non era una popolazione che moriva di fame ?) , con un breve accenno ai pericoli che ne verranno per Israele.
Sempre dal CORRIERE della SERA, riprendiamo l'editoriale di Antonio Ferrari, preceduto da un nostro commento.

Francesco Battistini: " Il nuovo Egitto riapre Rafah, fiume di palestinesi al valico "

Non sa se dare il nome. Non si fida. Ancora non ci crede. «Vado al Cairo, domani ho un aereo per Algeri...» , dice Rami, 52 anni, fatale cognome d’Arafat. Le tv, i microfoni, tutti addosso a lui. Alle 9 del mattino, quando due guardie egiziane alzano un braccio e la sbarra, quando aprono definitivamente il valico di Rafah e la via di fuga da Gaza, la fine d’un assedio di quattro anni, è il signor Arafat il primo passeggero del primo bus del primo giorno: «Ad Algeri c'è mia figlia che si sposa...» . Ma che pensa di questa decisione del nuovo governo egiziano? «Che i palestinesi e gli arabi lo sosterranno. Tutto quel che volevamo, era viaggiare come i cittadini del mondo. Israele non ce lo permette, Mubarak non ce lo permetteva. Ora ci sentiamo trattati con dignità» . Liberi tutti. Tre giorni fa, il Consiglio militare del Cairo l’aveva annunciato: basta col blocco, Rafah verrà riaperto ogni giorno dalle 9 alle 18, venerdì esclusi. Niente liste nere di sospetti jihadisti, com’era sotto Mubarak. Praticamente nessun limite a vecchi, donne e bambini. Solo un obbligo di visto per gli uomini dai 18 ai 40 anni. Dove c’erano (e ci sono ancora) i tunnel del contrabbando, ecco una passeggiata al sole. Dove passava solo chi pagava, mostrano c’è una frontiera aperta. Uno spesso cordone di poliziotti di Hamas che registra i nomi uno per uno, ispeziona due ambulanze. E un piccolo fiume di gente un po’ diffidente che esce ed entra, 560 persone, 39 respinti, 10 mila in lista d'attesa per i prossimi tre mesi: «Vado al Cairo a curarmi le arterie» (Haisha); «vado in Turchia: ci avevo provato già due volte» (Samah al Ranagh, 25 anni); «erano tre anni che tentavo di venire a Gaza a trovare mio fratello» (Jamal Nijem, 53); «da quattro mesi ho un intervento prenotato in Malaysia» (Amal Mahdi, 21); «vado a Tunisi per il diploma. Non avevano bloccato solo merci e persone, avevano chiuso anche i nostri cervelli» (Khaled Hanaleh, 28). È un’altra spallata del nuovo Egitto. Che ha alzato l’asticella israeliana, rimettendo in gara Hamas e Fatah riconciliati. Che raccoglie il plauso dell’Unione Europea, molto meno di Usa e Israele: «Senza controllo— avverte Sylvan Shalom, ministro di Netanyahu—, a Gaza arriveranno ancora più razzi, qaedisti e spie iraniane» . Dice da Gerusalemme il colonnello Amos Gilad: «I primi a passare saranno gl’istruttori militari, che valgono più d’un carico d’armi. La situazione peggiora, perché prima entravano solo quelli coi soldi. Ora, può farlo qualunque testa calda» . A Rafah non ci sono più osservatori internazionali, i nostri carabinieri, né telecamere com’era alla riapertura del 2005: ogni controllo sarà affidato alla polizia di Hamas, anche se entro dieci giorni dovrebbe essere varato il nuovo governo provvisorio palestinese e Abu Mazen promette d’andare a Gaza per garantire che «il coordinamento egiziano sarà con l'Autorità palestinese» al completo. Chi vince e chi perde? Il 12 maggio, la stampa israeliana ha scritto che Netanyahu, ora accusato d’ «incapacità negoziale» dall’opposizione di Tzipi Livni, abbia in realtà lasciato fare: l’apertura di Rafah alleggerisce le «responsabilità» internazionali d’Israele su Gaza, scaricando parte del problema sull’Egitto, e insieme facilita la trattativa egiziana per il rilascio del soldato Gilad Shalit, prigioniero di Hamas da 5 anni. Non solo: a metà giugno, riparte dalla Turchia l’ennesima flottiglia pacifista contro il blocco navale intorno alla Striscia. Quindici navi, 1.500 persone con aiuti umanitari: da portare dove, se Gaza è stata riaperta?

Antonio Ferrari: " Cosa vuol dire per Gaza e per Israele la riapertura del valico di Rafah "

E' interessante analizzare l'uso che Ferrari fa delle parole. L'apertura del valico di Rafah è un rischio per Israele, il che significa che potrebbe non esserlo. Ferrari ignora così l'attività terroristica di Hamas, il suo fabbisogno di armi, limitato in questi anni proprio dalla chiusura della frontiera egiziana.
Aggiunge poi che ... 
era moralmente ingiusto e politicamente inaccettabile che i disperati della Striscia fossero condannati alla punizione collettiva di una vita da carcerati in casa propria. E perchè, di grazia ? Essere governati da Hamas, anche se attravverso un colpo di stato, non gliel'ha mica ordinato il medico. E' vero che ribellarsi vuol dire rischiare la vita, ma da quanto si sa Hamas gode di non poca popolarità, perchè i cittadini di Gaza non dovrebbero essere giudicati co-responsabili ?
Scrive poi Ferrari 
Hamas, da qualche tempo, sta assumendo un ruolo meno aggressivo e più dialogante, anche qui vorremmo sapere quali misure "dialoganti" nei confronti di Israele sono state assunte da Hamas. Ma Ferrari non sente il bisogno di dircelo.
Questi editoriali, su un giornale come il Corsera, non sull'Unità, non sul Manifesto, ma tanto simili agli articoli che escono sul Sole24ore, il Messaggero e altri, sono la spia di quanto ormai l'Occidente ha perduto ogni capacità di analisi degli stati dittatoriali. Non c'è da stupirsi quindi del modo di affrontare il terrorismo che caratterizza quasi tutti i governi democratici.
Ecco il pezzo:

Gaza, la striscia palestinese dei senza terra, da ieri non è più una prigione. Dopo quattro anni il passaggio di Rafah, al confine con l’Egitto, è stato riaperto. Il Cairo di Hosni Mubarak l’aveva chiuso come ritorsione alla rivolta dei fondamentalisti di Hamas contro l’Anp del presidente laico Abu Mazen. Ieri la giunta militare egiziana, nata dalla cosiddetta «primavera araba» , ha deciso di cancellare il divieto. Ma i cambiamenti nel Nord Africa e nel Medio Oriente c’entrano assai poco con il clamoroso ripensamento. Riaprire il valico infatti è uno dei risultati dell’accordo, firmato proprio al Cairo, tra laici e integralisti palestinesi, che hanno finalmente deciso di collaborare per chiudere una terribile stagione di scontri fratricidi. È evidente che la riapertura di Rafah preoccupa Israele, perché ripropone il rischio di traffici pericolosi a ridosso delle sue frontiere, e quindi rappresenta un serio problema. Ma era moralmente ingiusto e politicamente inaccettabile che i disperati della Striscia fossero condannati alla punizione collettiva di una vita da carcerati in casa propria. Si dirà: «Ma da Gaza partivano attacchi contro Israele» . Vero, questo però non significa che le azioni degli estremisti debbano essere pagate indiscriminatamente da tutti gli abitanti di quello sfortunato lembo di terra. Gerusalemme è comprensibilmente inquieta. In poche settimane ha perduto uno dei partner più affidabili (l’egiziano Mubarak); vede ormai in crisi un leader che è un nemico e, insieme, un futuro potenziale partner, cioè il presidente siriano Bashar el Assad. Adesso assiste alla riapertura di Rafah, il lembo inferiore di quella piccola Gaza dove Hamas, da qualche tempo, sta assumendo un ruolo meno aggressivo e più dialogante. È anche chiaro che il segnale di Gaza si coniuga con quella spinta internazionale, guidata da Obama, per poter giungere ai due Stati, Israele e Palestina, che vivano in pace e sicurezza.

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