Carlo Panella, L’Inquisizione islamica contro la stampa, ed. Rubbettino
C’è materia abbondante per un approfondito esame di coscienza interno all’Islam nel volume di Carlo Panella, Fuoco al Corano. L’Inquisizione islamica contro la stampa (Rubbettino, pp. 106, euro 10). Anche il destino finora incompiuto delle attuali rivoluzioni arabe dipende dalla disponibilità a riconoscere «un immenso vuoto» nel quale «si è radicato il fondamentalismo, l’autoritarismo, il dogmatismo, basi di tutti i regimi arabi e dello stesso fallimento culturale dei paesi arabi». In un orizzonte culturale dominato da un solo libro, il Corano, sorge spontaneamente il problema della sua unicità, dell’autorità religiosa e politica che ne discende, del controllo del testo e della sua diffusione. Non ne tenne sufficientemente conto Alessandro Paganini, stampatore bresciano a cui, nel 1538 a Istanbul, fu mozzata una mano per aver osato stampare alcune copie della rivelazione a Maometto. Le autorità ottomane lo avrebbero perfino potuto condannare a morte per quel “sacrilegio”. Da oltre mezzo secolo, la stampa di libri in arabo e in turco era proibita per decreto del Califfo. E per altri due secoli, fino al 1727, rimase in vigore, ma con la conferma del divieto di stampare testi religiosi. Si tutelava così l’integrità del contenuto, a danno della possibilità di accedere ad altre fonti di conoscenza. E senza peraltro ottenere lo scopo di un’esegesi unitaria del messaggio. Privo di un vero e proprio clero che fungesse da mediatore, l’Islam si è ridotto infatti a un protestantesimo all’ennesima potenza, dove il libero esame diviene la caratteristica più evidente di quello che il giurista David Santillana definì «monoteismo individualista, intransigente, esclusivo di ogni intervento tra l’uomo e il suo Dio». Su questo punto, però, la lettura di Panella diverge, fino a sovrapporre gli effetti benefici dell’introduzione della stampa in Europa con le conseguenze storiche della Riforma protestante. Non gli sfugge, comunque, che la vera causa del divieto è il dogma del Corano increato. Se vi si aggiunge poi «la radicale deriva antirazionalista di al-Ghazali », che porterà con sé la scomparsa della speculazione filosofica e della ricerca scientifica, si capisce perché le tenebre abbiano avvolto per secoli gli intelletti di una civiltà intera. Eppure, il bavaglio in qualche modo si è sciolto e «la rivoluzione dei gelsomini e di piazza Tahrir è potuta deflagrare - e non a caso - solo nel momento in cui Egitto e Tunisia hanno recuperato il ritardo plurisecolare che il divieto della stampa dei libri ha prodotto», scrive l’autore. Anche ora che il velo si è squarciato, la censura ha lasciato in eredità il fantasma che «s’ag - gira per il Mediterraneo: il fondamentalismo islamico» e che consiglia prudenza.
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