Sul FOGLIO di oggi, 25/05/2011, a pag. I, Giulio Meotti intervista Dan Schueftan, un liberal israeliano in controtendenza con la vulgata della sinistra. Opinioni interessanti, che aiutano a capire.
Ecco l'articolo:
Dan Schueftan
Roma. “Abbiamo problemi senza soluzione e come sempre qui la scelta non è fra bene e male, ma fra male e peggio”, dice a colloquio con il Foglio Dan Schueftan, ex consulente di Yitzhak Rabin e Ariel Sharon e oggi direttore del Centro studi sulla sicurezza nazionale presso l’Università di Haifa. Quando nel 1999 apparve il suo libro “Disengagement”, le idee del professor Schueftan erano eretiche, isolate, immaginifiche. Sei anni dopo il premier Sharon le metterà in pratica a Gaza, smantellando le colonie nate dopo la guerra del 1967. Da allora Schueftan è noto come “il padre del disimpegno”, un’idea abbracciata ormai dalla quasi totalità delle forze politiche israeliane. L’accademico e stratega ha scritto un altro libro, “Palestinians in Israel. The Arab minority’s struggle against the Jewish State”. Il saggio, unico nel suo genere, sostiene che gli arabi israeliani sono una minoranza persa che ormai lotta per distruggere Israele. La tesi scandalosa non viene dalla destra religiosa, ma da un liberal come Schueftan, che a Netanyahu suggerisce adesso di applicare il disengagement anche a gran parte della Cisgiordania per meglio difendere lo stato ebraico. Con Schueftan parliamo prima del dissidio fra Obama e Netanyahu: “Il vero problema non è sul negoziato in sé con i palestinesi, ma è sullo scetticismo israeliano riguardo a Obama e il medio oriente”, ci dice Schueftan. “Nel mondo arabo sta accadendo un movimento davvero pericoloso per Israele e Obama sta gettando il miglior alleato americano nella regione sotto l’autobus. Obama ha prima delegittimato Mubarak in Egitto e poi il ruolo saudita nella regione, facilitando il lavoro dell’Iran, mentre è rimasto in silenzio quando il siriano Assad ha massacrato il suo popolo. Obama pensa che l’accordo arabo-israeliano avrà una influenza diretta sul medio oriente. E’ semplicemente ridicolo e antistorico. Il problema non è quindi se Obama sostenga Israele, ma se Obama capisca davvero quanto sta accadendo in medio oriente”. Parte della critica di Schueftan alla diplomazia americana è la comprensione del livello di rifiuto arabo di Israele. “La leadership degli arabi israeliani ha rigettato l’esistenza dello stato ebraico”, prosegue Schueftan. “Per loro Israele sarà sostituito da uno stato arabo. Israele è un prodotto del colonialismo, quindi la sua natura coloniale deve finire, va abbandonata la natura ebraica dello stato e la demografia produrrà un’altra maggioranza araba. Gli ebrei non avranno così più alcuna autodeterminazione”. Poi l’accusa più dura di Schueftan: “I problemi sono iniziati con il processo di pace di Oslo, quando è aumentata l’eccitazione araba e si è visto un peggioramento della condizione israeliana in medio oriente. Il ‘diritto di ritorno’ è l’arma ideologica e politica principale per cambiare il volto dello stato ebraico: Israele verrà meno attraverso la demografia. Gli arabi israeliani vogliono far implodere Israele attraverso mezzi politici. Da un lato, vi è una significativa minoranza tra gli arabi che riconosce i vantaggi dello stato fondato dagli ebrei D’altra parte, hanno ripetutamente votato, nelle varie elezioni democratiche, per una leadership ostile e radicale che si identifica con chi lotta per distruggere Israele. Al momento della verità i demagoghi, i violenti e gli irresponsabili che fomentano lo scontro hanno regolarmente la meglio. La strategia è quella di attaccare lo stato ebraico dal di dentro, usando i mezzi democratici, come pluralismo, democrazia, diritti umani. La generazione più giovane e acculturata è anche quella che maggiormente percepisce la lotta antiebraica come parte della propria identità. Anche se la perfetta uguaglianza – che non esiste in nessuna parte del mondo – dovesse prevalere in Israele, il ‘peccato originale’ rimarrebbe completamente intatto: l’esistenza stessa dello stato-nazione ebraico. Gli arabi vedono la nascita dello stato ebraico come un complotto colonialista. A loro avviso, l’unico modo per correggere l’errore è attraverso un suicidio nazionale della maggioranza ebraica”. “Coloro che giustificano gli attentati suicidi hanno imparato a recitare parole d’ordine come ‘diritti umani’, ‘democrazia’, ‘umanesimo’ e ‘libertà di espressione’. Perseguono la trasformazione di Israele in un stato arabo nella forma dello ‘stato di tutti i suoi cittadini’ o ‘stato bi-nazionale’. Nessuna ‘soluzione’ è prevista nel prossimo futuro. Rifiutare lo stato ebraico non è solo un altro atteggiamento, ma è piuttosto una parte importante della identità impartita ai loro figli. La maggior parte dei musulmani non è disposta ad adottare lo stile di vita moderno che ha avuto successo tra i cristiani. Questo accresce l’alienazione nei confronti della maggioranza ebraica e il disagio persistente”. Secondo Schueftan, il disimpegno da Gaza va esteso alla West Bank per tutelare il futuro ebraico dello stato: “Si tratta di minimizzare i danni tramite un processo di separazione, isolando le ondate radicali degli arabi. Ma lo status quo per adesso è il futuro del conflitto: gli arabi non si integreranno e gli ebrei non commetteranno suicidio”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.