Con buona pace degli opinionisti alla Sergio Romano, allergici ai richiami storici del passato, il goffo tentativo del Presidente USA Barack Obama di convincere il Primo Ministro d’Israele Benjamin Nethanyahu a ritornare alle frontiere del 1967 mi ricorda tanto ciò che fece Neville Chamberlain quando cercò di persuadere Eduard Benes e Jan Masaryk circa l’opportunità della cessione dei Sudeti a Hitler in quanto solo così si sarebbe salvata la pace in Europa e l’indipendenza della Cecoslovacchia. Come andarono in realtà i fatti è risaputo e la situazione del 1938 si ripeterebbe oggi, se lo Stato d’Israele accettasse supinamente la demarcazione dei confini come si presentavano prima della guerra dei Sei Giorni. Il difetto comune a Chamberlain e Obama è quello di voler spingere un piccolo e civile Paese democratico ad accettare l’indifendibilità del proprio territorio senza aver prima preteso dai tracotanti vicini (Siria, Iran e relative organizzazioni terroristiche di riferimento) nessuna reale garanzia come contropartita. Anzi, a svantaggio del Presidente americano sta il fatto che Hamas dice chiaro e tondo di non accettare in nessun caso l’esistenza di uno Stato ebraico; a differenza di Chamberlain, Obama esige dunque concessioni dal Governo di Gerusalemme senza neppure tentare di organizzare una conferenza tipo Monaco! I fischi ricevuti all'assemblea AIPAC erano il minimo che Obama potesse ragionevolmente attendersi.
Quanto alla sinistra benpensante che equipara i cittadini europei contrari al fondamentalismo in mezzaluna ai nazisti antisemiti, dico: di questo passo, il suicidio politico è assicurato.
Cordiali saluti
Luigi Prato